Elvio Deganello è un nome noto, tra gli addetti ai lavori. “Aveva riparato la moto di un cliente durante il lockdown e la stava testando. Era contento, gliel’avrebbe consegnata in settimana”, ha riferito Aligi, il padre del 44enne data engineer della Suzuki, figura storica del motociclismo internazionale. “È qualcosa più grande di me”, ha riportato Il Corriere della Sera. Sulla pista di Sasso Marconi un incidente ha gettato nell’ansia e nello sconforto il genitore: Elvio lotta per riprendersi.
Incidente in pista per Elvio Deganello
Il figlio, rimasto sempre cosciente, è ancora ricoverato al Maggiore in condizioni gravi. La botta cadendo dalla Kawasaki 500 è stata tremenda. “Su un rettilineo c’erano delle buche, ha perso il controllo ed è atterrato davanti, sul casco. Frattura scomposta di una vertebra. L’hanno operato d’urgenza al Maggiore, ora respira grazie alla ventilazione assistita. A breve sarà trasferito a Montecatone per la riabilitazione e lì potrà ricominciare a respirare autonomamente e parlare”.
Deganello, le condizioni di salute: parla il padre
“Il danno è serio. Ma dobbiamo farci forza per lui così come lui deve farcela per noi. Quando mi hanno detto che muove le braccia mi si è allargato il cuore. Spero che i medici, bravissimi, facciano miracoli e lo aiutino a riacquistare la piena autonomia. Abbiamo bisogno di lui, ce l’hanno la moglie e le due figlie”, ha spiegato il papà.
Il legame con Marco Simoncelli
Paolo Simoncelli, il papà di Marco, lo ha definito “solare”. Con loro trascorreva le vacanze, da gruppo affiatato. “Un altro figlio per me”, ha aggiunto Aligi, che del Sic è stato storico e vincente capotecnico. Un legame viscerale e d’amore, come tutto quello che ha circondato e circonda Marco che non ha mai lasciato la sua terra, la sua famiglia e i suoi amici più cari. Allora mise in discussione il passaggio alla Honda se i Deganello, con cui aveva vinto il mondiale della 250, non l’avessero seguito nella nuova avventura. “A Marco penso tutti i giorni — ha raccontato —. Se per me era un figlio per Elvio rappresentava un altro fratello. Facevamo le vacanze insieme, una persona speciale e unica. Quando è morto si è spenta la luce. Ora spero che gli dia un occhio da lassù e lo sostenga, che lo possa aiutare. L’ho chiesto a lui e ai parenti cari che non ci sono più”.
Chi vive il motociclismo conosce la percentuale di rischio, ma “è un rischio che sai esistere perché lo hanno corso altre persone. Te ne rendi conto davvero solo quando ti capita. Peraltro Elvio non correva, stava facendo il suo lavoro, provava questa moto con la gioia di chi aveva portato a termine il compito. Due giri di prova e poi una lavatina, niente di più. Anche le volte che tirava lo faceva per stare insieme agli amici. L’avevamo vissuta con Marco, c’eravamo resi conto dei pericoli di chi corre in moto, ma poi ragioni che è il tuo lavoro e in qualche modo devi andare avanti”.
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