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Dimarco fa felice Inter e Mancini: la curva, il fratello, i suoi segreti

L’esterno nerazzurro sta raggiungendo la sua consacrazione, la storia dell’idolo della curva Nord

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

Quando ieri, dopo soli 6’ , su assist di tacco di Raspadori ha infilato il pallone nel sette con il suo mancino dorato nella finalina per il terzo posto di Nations League vinta dall’Italia sull’Olanda per 3-2 in pochi si sono stupiti che a segnare fosse stato Federico Dimarco.

L’esterno dell’Inter a giocare in difesa ha iniziato già da grandicello, dopo i primi calci da attaccante ed ala, al punto da andare in doppia cifra quando giocava con Giovanissimi ed Allievi. Ma oltre al gol Dimarco ha fatto tutto in campo: assist, corsa, recuperi, diagonali. Una prova da 8 in pagella nell’anno della sua consacrazione.

La storia di Dimarco, dalla curva nerazzurra alla maglia da titolare

Ma chi è Federico Dimarco, l’ultrà diventato giocatore dell’Inter? Da piccolo insieme al fratello minore aiutava il padre Gianni al negozio di ortofrutta di famiglia nella zona di Porta Romana, a Milano. Allo stadio, in curva, lo portava lo zio Sergio. Quando non metteva in ordine gli scaffali dell’Ortofrutta di famiglia correva al campetto di cemento davanti al negozio oppure alla Rotonda della Besana per dar sfogo alla sua passione per il pallone e presto il sogno diventa realtà.

Anche il fratello di Federico, Christian è un calciatore. Giocava nel Fiorenzuola, in Serie C. Stesso ruolo, stessa provenienza calcistica, stesse predisposizioni e stesso sangue. Entrambi milanesi, interisti, dotati di grande tecnica e terzini. Diversa la carriera.

Dopo l’anno al Fiorenzuola, l’addio all’Inter e il passaggio alla FeralpiSalò per Christian mentre Federico spiccava il volo. La sua carriera è tinta di nerazzurro, da quando faceva il raccattapalle a San Siro tutta la trafila fino alla prima squadra con la parentesi al Verona di Juric dove, sotto l’egida del “martello” croato, Dimarco – finalmente risparmiato dagli infortuni – trova spazio da “quarto” di fascia, o nella difesa a tre.

Dimarco tra soprannomi e tatuaggi

I compagni da giovane lo chiamavano Whisky, anche se lui è astemio: probabilmente per la capacità di ubriacare gli avversari. Ama i tatuaggi e ognuno di essi rappresenta una tappa raggiunta: molti dei tatuaggi sono dedicati alla sua compagna Giulia, conosciuta da piccolo e che è rimasta sempre al suo fianco, e alla sua squadra del cuore, l’Inter.

La disciplina tattica, affinata al contempo con le sue spiccate proprietà balistiche, e la capacità di sfornare assist ai compagni lo portano a diventare un pupillo di Inzaghi. C’era da far dimenticare un certo Perisic su quella fascia, e da vincere la concorrenza con Gosens – acquisto mai sbocciato dei nerazzurri.

Missione compiuta. Parlano i numeri. 6 gol e e 11 assist in 50 presenze, ma soprattutto è sempre stato uno degli uomini chiave e più de più decisivi nel 3-5-2 di Inzaghi.

La svolta per Dimarco in nazionale

La svolta è arrivata proprio in Nazionale a fine settembre, con Mancini che lo ha schierato contro Inghilterra e Ungheria esterno sinistro di centrocampo, mentre Inzaghi lo usava più come “sostituto” di Bastoni da braccetto di difesa a sinistra.

Ora Dimarco, che a volte esagera nel sentirsi ancora curvaiolo come quando fece arrabbiare i tifosi del Milan per i cori (“chi non salta milanista è” e “milanista chiacchierone”) dopo la vittoria nel derby di Champions, è sbocciato definitivamente ed è inamovibile sia nell’Inter che in nazionale. Magari adesso un bicchiere di whisky per brindare può anche permetterselo.

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