Paulo Dybala si è confessato in una lunga intervista a Vanity Fair.
“Quando abbiamo un pallone tra i piedi, noi calciatori siamo felicissimi. Quello che succede dietro, nel retropalco, spesso non è proprio bellissimo. Chi diventa un calciatore quando arriva al mio livello? Il più delle volte un uomo molto solo”, le parole anche un po’ sorprendenti dell’attaccanter della Juventus.
“Dio ci dà un dono, ma poi quel dono va lavorato. Ne ho visti tanti di fenomeni nei settori giovanili. Ragazzi di cui dicevano: se solo avesse avuto la testa, avrebbe potuto essere Maradona o Messi. Ecco, io ho lavorato soprattutto per evitare questo”, ha continuato l’argentino.
Dybala era molto legato a papà Adolfo: “È morto per un tumore, quando avevo 15 anni. Fu un dolore fortissimo. Nei mesi precedenti non riusciva più a venirmi a trovare e il club mi fece andare a casa per un po’ di tempo. Sei mesi erano troppo pochi e mi venne la tentazione di mollare tutto. Forse un giorno lo ritroverò o forse no, a papà però penso sempre e gli dedico tutti i miei gol”.
“Quando ci riunivamo intorno al fuoco, da bambini, d’estate con i miei amici, esprimevo il desiderio di vincere il Pallone d’Oro. Sarebbe un messaggio importante per tanti bambini. Per tutti quelli che nati in un piccolo posto lontano dai grandi centri possono sperare di poter raccontare una storia simile alla mia”, ha raccontato il 24enne.
Sul no alla Nazionale: “Mi è stato chiesto di vestire l’azzurro e sono stato molto grato. Avevo 19 anni e rispondere ‘no, grazie’ fu dura. Ma sono argentino e sarebbe stato un inganno”.
Dybala dopo un grande avvio di campionato a suon di gol sta passando un momento meno prolifico in campo, anche se ha lasciato la sua firma a Napoli con un grande assist per Higuain. Sabato sera contro l’Inter Massimiliano Allegri dovrebbe affidarsi ancora a lui alle spalle del Pipita.
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