“Sei un’eroina!”, le gridano in una notte che avrebbe dissolto le ansie di familiari ed amici ma non estinti i timori più intuibili per la sua sorte. Elnaz Rekabi ha infranto il regolamento che vuole le atlete iraniane gareggiare con il velo, presentandosi ai Campionati asiatici di Seul senza l’hijab. E innescando una sfida sottile e politicamente esplicita nei riguardi delle istituzioni, contestate e oltraggiate da giovani donne in sostegno dei loro diritti civili.
La campionessa di arrampicata era scomparsa poche ore dopo, per poi ricomparire tra gli applausi e slogan davanti a una folla di oltre mille persone che si è radunata verso le 4 del mattino all’aeroporto di Teheran. Un avvenimento che non può passare certo inosservato, anche sul piano internazionale.
- Le dichiarazioni di Elnaz Rekabi
- La denuncia della scomparsa improvvisa di Elnaz Rekabi
- La repressione spietata in Iran
Le dichiarazioni di Elnaz Rekabi
“Sono stata chiamata per gareggiare quando non me l’aspettavo, mi sono ritrovata impigliata nella mia attrezzatura tecnica. Per questo non ho fatto attenzione al velo che avrei dovuto indossare”, ha dichiarato ai media la campionessa in un’intervista all’aeroporto, apparendo davanti alle telecamere, di fatto, ancora senza il velo ma coprendosi il capo con un cappellino da baseball e il cappuccio della felpa nera che indossava.
“Sono tornata in Iran in pace, in perfetta salute e secondo il programma previsto. Mi scuso con il popolo iraniano per le tensioni che si sono create”, ha detto Elnaz Rekabi aggiungendo che non aveva “alcuna intenzione di abbandonare la nazionale”.
Secondo attivisti e utenti iraniani che dibattono sui social sull’autenticità di queste frasi, la Rekabi non avrebbe rilasciato queste dichiarazioni di sua spontanea volontà ma sarebbe stata spinta dalle autorità islamiche, che l’avrebbero anche invitata a esternare una versione “pacificata” di quanto accaduto sui sui account.
La denuncia della scomparsa improvvisa di Elnaz Rekabi
Secondo IranWire, mentre non si capiva dove fosse, la campionessa sarebbe stata condotta con l’inganno all’interno dell’ambasciata iraniana nella capitale della Corea del Sud con la complicità dei vertici federali per affrontarla dopo aver assunto un comportamento contrario alle regole vigenti in Iran ormai dal 1979.
E che hanno amplificato le proteste in corso da oltre un mese in Iran seguite alla tragica morte di Mahsa Amini, la 22enne curda morta dopo essere stata arrestata dalla polizia morale perché non indossava – a loro avviso – il velo in modo corretto.
Elnaz Rekabi
La repressione spietata in Iran
La dura repressione del regime di Teheran contro le manifestanti ha provocato, secondo le fonti delle ong per i diritti umani, almeno 240 morti e 8.000 arresti in un mese di serrate proteste per i diritti civili delle donne e delle bambine, in un Paese dove viene rivendicato anche semplicemente il diritto all’istruzione.
Le critiche dell’Occidente e le sanzioni decise dall’Unione Europea in protesta contro la reazione alle dimostrazioni, sono state presentate come mere “interferenze negli affari interni” dai funzionari della Repubblica islamica che ha deciso di intraprendere una linea dura anche fuori dai confini dell’Iran.
Secondo quel che riporta ANSA, quattro istituzioni e 15 funzionari occidentali che hanno contribuito a imporre sanzioni contro l’Iran finiranno nella lista delle organizzazioni terroristiche della Repubblica islamica, ha annunciato il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amirabdollahian.