Sono trascorsi 10 anni ormai da quando ha appeso gli scarpini al chiodo, da quando ha smesso di gonfiare la rete in tutti i modi possibili e immaginabili. Eppure Dario Hübner – più di 300 gol in carriera, capocannoniere in Serie A, B e C1 – se lo ricordano tutti.
Merito di un cantante come Calcutta, che gli ha dedicato addirittura una canzone, e merito del libro “Mi chiamavano Tatanka. Io, il re operaio dei bomber di provincia”, autobiografia ufficiale dell’ex attaccante tra le altre di Brescia, Piacenza, Cesena, Mantova, Perugia e Fano, scritta a quattro mani con il giornalista Tiziano Marino e pubblicata da Baldini+Castoldi lo scorso 27 febbraio. Un buon modo per trascorrere questi giorni di quarantena forzata in mancanza di calcio giocato.
Hübner oggi vive a due passi da Crema, dov’è in isolamento da un mese e mezzo ormai: “Sono in casa dal 21 febbraio – ha raccontato a Virgilio.it – Avevo partecipato a un torneo a Milano con la squadra di ragazzi disabili che alleno (ASD Verso Onlus –Accademia Fabrizio Lori, ndr) e il tecnico di una squadra avversaria era risultato positivo al Covid-19. Ci hanno contattati telefonicamente e messo in quarantena preventiva per due settimane; passate quelle è arrivato il DPCM che ha bloccato in casa tutti. Esco una volta la settimana, solo per fare la spesa. Non mi lamento: ora bisogna pensare solo alla salute e l’unica cosa che possiamo fare per renderci utili è rispettare le indicazioni che ci vengono date”.
Per tornare sui campi ci sarà tempo: “Oggi gioco in porta in una squadra di amatori (Juvenes Capergnanica, ndr), ritmo blando ma ci divertiamo un sacco. In questi giorni a casa sistemo quel che c’è da sistemare oppure gioco alla Play Station: FIFA ovviamente ma anche Call of Duty, è uno spettacolo”.
Nell’attesa che il calcio italiano trovi il suo nuovo Hübner. “Non credo che nel calcio esistano eredi, ogni epoca ha i suoi bomber. Se devo dire un nome però mi rivedo molto nel Gallo Belotti. Mi piace il suo modo di giocare, mi piace la sua grinta. È un ragazzo che ha tanta fame, la stessa che avevo io”.
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