In principio fu Michael Schumacher, poi arrivò Lewis Hamilton. Con in mezzo un breve, ma significativo interregno di Sebastian Vettel, che alla Red Bull fece conoscere quanto fosse bello arrivare davanti a tutti con una regolarità spaventosa. Quella che Max Verstappen ha deciso di rispolverare non appena il genio di Adrian Newey gli ha offerto la possibilità di farlo, consegnandogli una Red Bull dal potenziale spaziale rispetto alla concorrenza.
E di fatto restaurando un’altra epoca di dominazione sul mondo della Formula Uno, proprio lui che ad Abu Dhabi il 14 dicembre 2021 ebbe il merito di interrompere una volta per tutte il dominio Mercedes, in coda peraltro a un mondiale atipico e pieno di colpi di scena, vinto grazie anche a una “benigna” decisione dei commissari di gara che vollero fare un’eccezione al regolamento, consentendo di far ripartire la gara per un ultimo giro anziché far transitare le vetture in regime di safety car (a quel punto Hamilton avrebbe fatto festa per l’ottava volta in carriera, ma decidere un mondiale dietro a una macchina della sicurezza avrebbe avuto le sembianze di un cazzotto preso in pieno volto). Nulla che possa intaccare in alcun modo il valore e la portata dei trionfi del giovane Max, che a 26 anni pare lanciato alla conquista di nuovi record, oltre che determinato a tenere il malloppo tutto per sé anche negli anni a venire.
Gli inizi
Figlio d’arte, col papà Jos a sua volta pilota di Formula Uno a cavallo del nuovo millennio (due terzi posti con la Benetton come seconda guida di Schumi nel 1994, poi tante domeniche senza gloria fino al 2003), Max è il classico individuo che può dire di essere cresciuto con la passione per la velocità nel sangue. Un ragazzo concentrato sui propri obiettivi e con le idee sempre piuttosto chiare, come quando a soli 14 anni decise di correre battendo bandiera olandese, nonostante fosse nato ad Hasselt, in Belgio, a un’ora e mezzo di distanza dal circuito di Spa e da mamma belga.
Lui nella sua testa vede solo arancione, e mentre nei kart fa strage di trofei un po’ in tutte le categorie (i consigli del papà servono a qualcosa, anche se Jos non è il padre più tenero che un bambino possa incontrare sul proprio cammino), a 16 anni ecco che decide di cimentarsi nelle vetture monoposto, quelle che vanno sopra i 200 km/h. Nelle Florida Winter Series, organizzate dalla Ferrari Driver Academy, comincia a mietere i primi successi sui formula, volano per tornare in Europa l’anno successivo e farsi notare nel campionato di Formula 3.
Segni distintivi? Velocità, innanzitutto, ma anche un’aggressività che a quell’età è una virtù comune a pochi. Il rivale di allora si chiama Esteban Ocon, che vincerà il titolo, nonostante i riflettori finiranno sempre addosso a Max, vincitore di 10 gare e terzo nel campionato. Ma con un sedile già pronto in F1 l’anno successivo.
L’azzardo (vincente) di Marko
Dopo appena un anno di apprendistato c’è la fila tra coloro che vogliono portare il giovane Verstappen alla loro corte. Toto Wolff sembra in vantaggio per mesi, poi arriva Helmut Marko, patrio Red Bull, e fa battere moneta pesante sul bancone: gli offre il volante della seconda Toro Rosso, con la quale esordisce nelle libere di Suzuka 2014. Il primo campionato da titolare è comunque positivo: arriva ai piedi del podio all’Hungaroring e in Texas, mostrando lampi di talento cristallino.
L’anno dopo il copione sembra ripetersi, ma alla vigilia del quinto GP della stagione, a Montmelò, ecco la sorpresona: Marko retrocede Kvyat in Toro Rosso per far spazio a Max nel team principale Red Bull, e lui all’esordio non trova di meglio da fare, se non vincere la gara davanti alle Ferrari di Raikkonen e Vettel. “A star is born”, è nata una stella: il dominio Mercedes è in piena estensione, tanto che quella gara resterà famosa per il contatto al via tra Hamilton e Rosberg, che si autoeliminano dalla corsa (e a fine anno quello zero peserà soprattutto per Lewis, che perderà il mondiale a favore di Nico).
Ma Verstappen diventa l’unico vero rivale delle frecce d’argento, alternandosi con le Ferrari di Vettel e (più tardi) di Leclerc, suo grande rivale ai tempi dei kart. Fino al 2020, però, Mercedes si dimostra di un altro pianeta: Max va forte, ma alle creature di Newey manca ancora qualcosa per fra tornare la magia dei bei tempi andati.
Verstappen: l’inizio della dominazione Max
L’anno della svolta è il 2021, il primo dopo la pandemia: un calo (evidente) della Mercedes fa da corollario alla crescita esponenziale di una Red Bull finalmente performante e affidabile. Max parte fortissimo: vince 5 delle prime 9 gare, con tre secondi posti in aggiunta. Mette pressione a Hamilton, che pure in estate rosicchia punti a ogni appuntamento e pregusta l’ottava sinfonia personale, nonché l’ottavo titolo consecutivo targato Mercedes.
A settembre però i valori vengono rimescolati da una Red Bull nuovamente competitiva, e il mondiale arriva a decidersi in volata, ad Abu Dhabi: chi vince la gara si prende il titolo, e dopo una corsa emozionante, segnata anche da tanti errori (altrui), quell’ultimo giro concesso dalla direzione gara basta e avanza a Max per scavalcare Hamilton e andare a prendersi un titolo che solo un paio di mesi prima sembrava perso. È lo switch di una nuova era: le frecce d’argento abdicano, Verstappen estende il suo dominio, che nelle successive due stagioni porta a due titoli scontati, talmente evidente è la superiorità nei confronti della concorrenza.
Perez, il compagno di squadra che (in teoria) guida la stessa vettura, viene tenuto a distanza siderale. La differenza la fa il manico, e l’olandese volante ne ha più di tutti, aggiornando il libro dei record. Che lo vede primatista già nei seguenti ambiti: pilota più giovane ad aver corso un GP (17 anni e 166 giorni), pilota più giovane ad aver conquistato punti in un GP (17 anni e 180 giorni), pilota più giovane ad aver vinto un GP ed essere salito sul podio (18 anni e 228 giorni), pilota più giovane ad aver stabilito un giro veloce in un GP (19 anni e 44 giorni), pilota più giovane ad aver ottenuto un Grand Chelem (pole, vittoria dal primo all’ultimo giro, giro veloce: 23 anni e 277 giorni).
La sfera privata
Il mondo di Max non è stato sempre rose e fiori. Papà Jos, ad esempio, è uno abituato a ficcarsi spesso nei casini: ha la nomea di essere un po’ troppo incline a urtare l’animo altrui, a volte macchiandosi anche di comportamenti poco edificanti (è stato denunciato per maltrattamenti dall’ex moglie Sophie, madre di Max, da un’altra ex fidanzata e pure dal padre Franz dopo una lite furibonda), e leggenda narra che una volta abbia persino lasciato a piedi in autostrada Max perché aveva perso una gara, dopo che più volte lo aveva rimproverato di non dover tentare il sorpasso sul rettilineo ma in curva (troppo facile superare sfruttando l’effetto scia, no?).
La mamma Sophie Kumpen, che è stata pilota come tutti quelli di famiglia, l’ha invece sempre difeso, anche quando Jos andava fuori dal seminato. Max peraltro ha una fidanzata famosa che in qualche modo nel mondo delle corse ha un suo perché: si chiama Kelly, di cognome fa Piquet, ed è la figlia di Nelson, campionato del mondo nel 1981, 1983 e 1987. Avendo 9 anni in più rispetto a Verstappen, oltre che una figlia di nome Penelope avuta da una precedente relazione (con chi? Con Daniil Kvyat, guarda un po’ che strana la vita), Kelly è divenuta un punto di riferimento irrinunciabile per l’olandese, probabilmente una figura determinante per consentirgli di chiudere il cerchio nel momento in cui ha preso a conquistare il mondo.
Chissà se poi di tanto in tanto gli avrà consigliato di spegnere… la PlayStation: Max è un grande appassionato di giochi, ama il calcio (tifa PSV Eindhoven) e si diletta anche con il biliardo e il calciobalilla. Ha un debole però soprattutto per gli sport acquatici, naturalmente sempre legati ai motori. Insomma, una vita sempre al Max, che è un po’ quello che suggerisce il nome. E che dopo il terzo mondiale non ha intenzione di arrestarsi davanti a niente.