Quando una mattina di Natale la piccola Haley e il fratello Claiborne si avvicinarono ai pacchi regalo posizionati sotto l’albero, davanti ai loro occhi si manifestarono due completi di Washington che sembravano essere perfetti per assecondarne la loro passione per il football.
Dopotutto mamma e papà erano andati sul sicuro: divisa da gioco per il maschietto, divisa da cheerleader per la femminuccia. Nel vedere la reazione di quest’ultima, piuttosto corrucciata e invidiosa nei confronti del fratello, subito balzò chiaro ai loro occhi come quella fosse una bambina un po’ diversa dalle altre.
Di sicuro diversa da mamma Heidi, che in passato era stata cheerleader, ma che nel trasmettere i geni alla figlia non aveva considerato che quelli del papà Chandler avrebbero potuto prendere il sopravvento, almeno in tema di passione per il gioco.
Perché a Haley fare la cheerleader e correre dietro ai ragazzi più belli della squadra non è mai interessato molto: lei da sempre voleva giocare, e in un pomeriggio di fine settembre ha infranto uno dei più grandi tabù della storia del football universitario americano.
- 23 settembre 2023, Winchester
- Un placcaggio per la storia
- Classe 2004, la passione per i Redskin (Commanders)
- Byron Mitchell e l'Università della Virginia
- Questo è solo l'inizio
23 settembre 2023, Winchester
L’appuntamento con la storia è andato in scena sabato 23 settembre a Winchester, la casa della Shenandoah University, formazione che milita nella Division III della NCAA. Avversari di turno i ragazzi dello Juniata College, saliti nel Virginia con la curiosità di sapere se le voci della vigilia che volevano Haley Van Voorhis pronta a debuttare in una partita di maschi fossero vere o solo frutto di un po’ di sana fantasia sparsa ad arte prima di scendere in campo.
Scott Yoder, capo allenatore della Shenandoah, ha fatto pretattica, ma poi ha rotto gli indugi: sul finire del primo quarto ha chiamato Haley, la spedita dentro e la ragazza, per tutta risposta, ha pensato bene di fermare l’azione del quarterback avversario Calvin German, costringendolo a forzare una giocata e a registrare un incompleto, finendo poi per abbatterlo senza troppi fronzoli.
Un placcaggio per la storia
Un monito bello e chiaro al mondo del maschietti: 65 chilogrammi per 170 centimetri di altezza, la Van Voorhis ha fatto capire di saper reggere l’urto contro una categoria che per le ragazze è sempre stata considerata off limits, sebbene Haley non sia la prima giocatrice in assoluto ad aver calcato un campo da football in una partita tra maschi.
Ma nessuna prima di lei era stata inserita in un’azione da gioco “vera”, che contemplasse anche uno scontro fisico: Liz Heaston nel 1997, Katie Hnida nel 2003 e Sarah Fueller nel 2020 si erano fatte un nome ma interpretando il ruolo di kicker, cioè calciando a gioco fermo. Avevano sfruttato le loro capacità tecniche, mettendole al servizio della squadra. Haley no, lei è andata per placcare. E ha vinto la sua scommessa.
Classe 2004, la passione per i Redskin (Commanders)
Classe 2004, Haley durante gli anni della high school s’è fatta conoscere riuscendo a eccellere tanto nel football, quanto nel basket. L’amore per il gioco è figlio della passione tramandata in famiglia, a partire da quella per i Redskin (oggi Commanders), che in qualche modo l’hanno aiutata ad andare oltre i propri limiti.
Già prima della pandemia di lei si sentiva parlare a livello di college, come una delle possibili giocatrici in grado di rompere il tabù e provare a giocare nei campionati maschili. E durante lo stop per il Covid la determinazione di Haley nel voler raggiungere l’obiettivo ha rasentato l’ossessione: i suoi hanno raccontato di averla vista allenarsi fino ad 8 ore pur di aumentare la propria capacità di resistenza agli urti e i contatti, tipici del football.
Byron Mitchell e l’Università della Virginia
Poi, quando è stato tempo di reclutare nuovi atleti per l’imminente stagione universitaria, alla Shenandoah non si sono fatti troppi scrupoli: Byron Mitchell, assistente allenatore della squadra dell’Università della Virignia, non appena ebbe modo di vederla giocare nel dicembre del 2020 ne intuì le qualità tecniche fuori dal comune.
Pensò che se fosse stato un ragazzo avrebbe avuto la fila delle università pronto a offrirgli una borsa di studio. Con la Von Voorhis è stato più facile a livello di concorrenza, ma c’era da abbattere la barriera dello scetticismo legato al fatto che mai una ragazza aveva avuto prima di lei una chance nel college football dei colleghi maschi. E pure una questione “tecnica”: in quale spogliatoio l’avrebbe fatta cambiare prima della partita?
Questo è solo l’inizio
Certe barriere possono essere superate con buonsenso e un po’ di sana applicazione. La barriera più grande, quella “invisibile”, la Von Hoorhis l’ha abbattuta in un pomeriggio da tregenda, con un fitto acquazzone a rendere l’esordio ancor più intriso dal sudore della leggenda. Shenandoah ha battuto 48-7 Juniata, ma i riflettori se l’è presi tutti Haley.
Che a fine gara ha guardato la mamma Heidi in tribuna, zuppa per la pioggia, ma scorgendone le lacrime sul volto. Anche la figlia poi si è lasciata andare a un pianto liberatorio davanti alle telecamere.
Ho reso possibile ciò che tutti credevano impossibile
dirà con un filo di voce ai cronisti, assiepati davanti al suo armadietto.
Voglio dimostrare al mondo ciò che noi donne siamo capaci di fare. Questo è solo l’inizio.
Nessuno le ha regalato niente. E forse questa è davvero la vittoria più grande.