Arriva un’altra grana, l’ennesima, per Conor McGregor: la donna che nel 2023 lo citò in giudizio, accusandolo di averla violentata all’interno di una toilette pubblica del Kaseya Center di Miami (la casa degli Heat, franchigia NBA), è tornata alla carica citandolo in giudizio presso la corte civile federale degli Stati Uniti. In realtà si tratta di un’accusa non “nuova” per il lottatore: il caso era già stato gestito dalla contea di Miami-Dude, che l’aveva però archiviato per mancanza di prove. Ora però la donna che accusa McGregor è pronta a tornare alla carica, puntando sulla procedura civile per provare a fare luce sul caso.
- Stessa accusa, ma adesso alla corte civile federale
- I fatti e la prima archiviazione. "Altra versione, nuove falsità"
- L'altro caso di violenza e il "rischio" di divulgare le immagini
Stessa accusa, ma adesso alla corte civile federale
Che il momento non sia dei migliori per l’irlandese non è certo un mistero: assente dal ring dal 2021, McGregor nei giorni scorsi ha fatto rumore per le voci che lo vorrebbero pronto a sfidare KSI, un gameplayer con la passione per gli incontri di pugilato (una sorta di alter ego di Jack e Logan Paul), nel prossimo aprile, con l’India disponibile ad ospitare un match che avrebbe una vasta eco a livello mondiale (e una conseguente borsa per i lottatori mica da ridere).
Tutto ciò dopo che Dana White, vulcanico presidente dalla UFC (la principale federazione delle MMA), ha ribadito che le possibilità di vedere combattere McGregor contro Logan Paul sono da considerare nulle, dopo che nei mesi scorsi si era parlato del fratello di Jack (che ha sfidato, si fa per dire, Tyson ad Arlington lo scorso novembre) come possibile rivale per il match di rientro dell’irlandese.
I fatti e la prima archiviazione. “Altra versione, nuove falsità”
La citazione arrivata dalla donna che ha accusato di essere stata abusata sessualmente da McGregor durante una partita dei Miami Heat (si riferisce a una delle sfide delle Finals 2023 contro Denver) rischia di rivelarsi alla stregua di una grana bella e grossa per “Notorious”, che deve peraltro combattere anche con le insistenti voci di problemi di dipendenza che sarebbero all’origine della sua lunga assenza dal ring.
L’avvocato di McGregor, Barbara Llanes, ha però ribadito che “dopo che il pubblico ministero aveva già liquidato il caso per mancanza di prove, vedere che due anni dopo si ripresenta alla porta questa “presunta” vittima è sintomo di una versione nuovamente falsa”. La donna peraltro ha citato in giudizio anche i gestori del Kaseya Center, che avrebbero omesso particolari legati alla vicenda, oltre a non aver vigilato attentamente sul caso. Le telecamere di registrazione ripresero McGregor seguire effettivamente la 49enne nel bagno, ma quel che accadde dentro non è mai stato verificato né testimoniato da alcuna persona.
L’altro caso di violenza e il “rischio” di divulgare le immagini
In passato un’altra donna, Nikita Hand, aveva vinto una causa contro l’irlandese, accusato di violenze sessuali (pagò 250.000 dollari di multa). Ora però la stessa vorrebbe impedire che vengano date ai media le immagini delle telecamere di sorveglianza, “per non aumentare il dolore e le conseguenze anche psicologiche di quel trauma”.
La Hand confessò di essersi concessa al lottare e al suo amico James Lawrence perché spaventata a morte: “Pensavo che sarei morta, erano totalmente fuori controllo. Ho preferito lasciare che sfogassero la loro rabbia, poi ho semplicemente cercato di dimenticare quanto accaduto. Se davvero le immagini venissero mostrate, per me sarebbe come rivivere quell’orrenda serata”.
In realtà anche McGregor non avrebbe alcun interesse a vederle pubblicate, perché questo potrebbe riaprire il processo davanti alla corte di giustizia irlandese. Insomma, un altro caso delicato in un momento piuttosto complicato della vita e della carriera del più famoso lottatore MMA di sempre.