C’è anche la tenerezza, tra le sensazioni che Lewis Hamilton, si è educato a trasmettere attraverso gesti immortalati da fotografi e telecamere. Una vita, la sua, sempre al centro dell’attenzione mediatica per via del suo talento e dei suoi successi, complici dei cambiamenti radicali anche nel quotidiano e nella scelta di affidarsi – a modo suo – a una mental coach che lo ha rafforzato. Quando Mick Schumacher ha consegnato ad Hamilton il casco di papà Michael c’è chi la tenerezza l’ha rilevato nel giovane pilota. Invece è in quel trasporto, in quella prova di gratitudine che Hamilton ha dato prova di essere capace anche di dare questa emozione ai suoi ammiratori e agli appassionati di F1.
Schumacher e Hamilton, destini incrociati in F1
Come Schumacher e nessun altro, a Nurburgring, nella sua Germania. “Assistendo in tv al dominio di Michael per così tanto tempo, credo che nessuno, ed io specialmente, avrebbe potuto mai pensare di avvicinarsi ai suoi record”.
Quel casco rosso e nero venne usato da Schumacher nel finale di carriera, alla Mercedes quando il richiamo della velocità era più forte di qualunque altro principio. Da una parte, la famiglia del campione tedesco desiderava offrire ad Hamilton un pezzo originale, unico; dall’altra non intendeva negarsi quei cimeli legati alla storia della Ferrari e di Michael Schumacher.
Il parallelo Hamilton-Schumacher
Aveva 37 anni Schumacher nel giorno del suo trionfo numero 91 (Cina, 2006), questo pilota inglese carico di missioni civili e di esperienze che correttamente definiamo forti ne ha 35. I numeri offrono qualche coincidenza ulteriore. Michael vinse 19 Gp con Benetton e 72 con Ferrari; Lewis ha ottenuto 21 successi con McLaren prima dei 70 con Mercedes. Insomma, parliamo di numeri uno con le dovute differenze di generazione.
Hamilton ha abbracciato anche pubblicamente alcune cause decisive e per la società civile e per il pianeta, ma non intende mostrare nulla di più. Michael Schumacher, anche prima della malattia che lo tiene ancorato alla sua famiglia, ha difeso a oltranza la sua privacy e sappiamo oggi talmente poco di lui che la sua volontà, va asserito senza timore di smentita, è rispettata. Nel nome della serenità che merita, anche la sua lotta quotidiana dopo l’incidente di Meribel.
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