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Ibrahimovic, retroscena sul periodo alla Juventus

L'attaccante svedese ricorda il biennio con i bianconeri, che lo portarono in Italia nel 2004.

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E’ considerato uno dei più grandi giocatori in assoluto della sua generazione e a portarlo al vertice del calcio mondiale non sono state solo le sue straordinarie qualità tecniche. Zlatan Ibrahimovic è infatti sempre stato un leader dentro e fuori dal campo ed ha proprio nel carattere una delle sue armi migliori.

Lo stesso attaccante svedese, in un’intervista rilasciata a ‘Sportweek’, ha ammesso di pretendere sempre il massimo da se stesso e dai suoi compagni di squadra.

“Hai visto The Last Dance, il documentario su Jordan? Non dico che sono Jordan, io sono Ibra e lui è Jordan. Ma mi ci rivedo nel suo modo di lavorare, di pretendere da sé e dagli altri. Tanti dicono che conta solo la partita. Per me no, come ti alleni poi giochi in partita. E dai miei compagni voglio il 200 per cento, sempre. Come da me stesso. In campo non sono tutti Ibra, va bene, però devi tirare fuori il meglio possibile. Poi puoi giocare male o bene, ma quando entro in campo devo sentire che ho accanto uno che dà il massimo. Non entro in guerra con uno che scappa. Ma non tutti sono così”.

A fargli acquistare una mentalità vincente è stata anche l’esperienza alla Juventus.

“Quando sono arrivato alla Juventus, era il 2004, c’era una mentalità totalmente differente da quella di Malmoe o Amsterdam, dove avevo giocato con l’Ajax. Ti rispettavano, però eri uno dei tanti, non eri “wow, ci pensi te”. Mi ricordo ancora un duello tra Del Piero e Thuram… Del Piero era una stella: controlla la palla e arriva da dietro Thuram, bam lo butta giù. Ho pensato: se tocca così Del Piero, a me m’ammazza. Io non ero nessuno. Tutti gli allenamenti erano così, duro, duro, duro. Più bello ancora il primo incontro con Capello: stava leggendo la Gazzetta, per me la Gazzetta era wow, in Svezia il giornale rosa è il calcio. Al primo giorno di allenamento, entro negli spogliatoi e dico “buongiorno mister”. Mi avevano detto che si faceva così. Lui continua a leggere, cambia pagina, prende il caffè. Passano 15-20 minuti non sento niente. Lui chiude la Gazzetta e va fuori. Porco, penso. Se mi tratta così significa che devo dimostrare di essere qua. Ecco, lui mi ha fatto sentire che non ero nessuno. Poi mi ha detto: “Non chiedi il rispetto, lo prendi”. E io l’ho preso”.

Ibrahimovic ha ricordato anche il primo incontro con Moggi.

“Una settimana dopo, ci allenavamo alla Sisport, vicino al vecchio Comunale. C’erano due campi, ma le docce otturate. Quando entri in casa Juve è tutto super, lì invece facciamo la doccia io, Trezeguet e altri due e si allaga tutto. Penso, che schifo! Fuori c’era Moggi e gli dico: “Non è normale, siamo la Juve”. Mi risponde: “Ricordati che non sei qua per stare bene, sei qua per vincere”. Questo l’ho portato con me: tutto è vincere”.

L’attaccante del Milan oggi non vede un giovane talento che gli somigli.

“Ibrahimovic è l’attaccante più completo che c’è. Non vedo al momento un altro Ibracadabra. Uno alto 1.96 con la potenza di Mike Tyson, che sa ballare come Muhammad Ali ed è veloce come Bruce Lee. No, non c’è (ahahahah)”.

Ibrahimovic, retroscena sul periodo alla Juventus Fonte: (C)Getty images

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