La solitudine delle ex numero uno tocca pure Iga Swiatek. Accerchiata, quasi ossessivamente “attaccata” da chi l’ha posta prima sull’altare e poi l’ha buttata giù dalla torre, complice una discussa vicenda doping che in qualche misura ha ricalcato quella che ha avuto per protagonista Jannik Sinner. Soprattutto però sono stati i risultati ad aver girato le spalle alla polacca, uscita anche a Indian Wells in semifinale contro l’enfant prodige Mirra Andreeva, poi vincitrice del torneo.
- Quel rimbalzo troppo "violento": "Ho subito chiesto scusa"
- Il momento difficile: "Non siamo dei robot..."
- Il peso delle critiche: "La gente ama giudicare e basta"
Quel rimbalzo troppo “violento”: “Ho subito chiesto scusa”
In quella partita a far parlare non è stata soltanto la sconfitta dell’ex numero uno del ranking, ma soprattutto un episodio che l’ha avuta per protagonista. Iga infatti, in un momento di scoramento dopo l’ennesimo punto perso, ha colpito violentemente la pallina sul campo e l’ha fatta rimbalzare vicino al raccattapalle che gliel’aveva appena lanciata. Un gesto di pura frustrazione, sul quale invero c’è chi ha voluto ricamare un po’ sopra, tanto da “costringere” la polacca a chiarire sui propri profili social quanto successo.
“Vedo che ultimamente si parla molto di cambiamenti nel mio comportamento in campo e nelle mie emozioni. Anche se non mi sento a mio agio nel dover dare spiegazioni, credo sia arrivato il momento di condividere il mio punto di vista per mettere fine a speculazioni e teorie infondate. Riguardo all’incidente del mio ultimo incontro, tutto vero: ho espresso la mia frustrazione in un modo di cui non vado fiera.
Non era mia intenzione colpire nessuno, ma semplicemente liberare un po’ di tensione facendo rimbalzare la palla sul terreno. Ho immediatamente chiesto scusa al raccattapalle, abbiamo incrociato gli sguardi e gli ho fatto un cenno per esprimere il mio rammarico. Ho visto molti giocatori compiere gesti simili e onestamente non mi aspettavo un giudizio così severo. Normalmente riesco a controllarmi. Quindi posso dire ironicamente che mi manca esperienza e che ho sbagliato a valutare la direzione della palla nel momento di piena tensione”.
Il momento difficile: “Non siamo dei robot…”
Nello sfogo social di Swiatek non è mancato un rimando anche alla vicenda della sospensione concordata con l’ITIA lo scorso autunno, che di fatto ha aperto la strada anche all’accordo tra l’entourage di Sinner e l’agenzia antidoping.
“La seconda parte del 2024 è stata estremamente difficile per me. Soprattutto a causa del risultato del test antidoping, che mi ha tolto la possibilità di competere per i massimi obiettivi nella parte finale di stagione. Questo mi ha costretto a riorganizzare molti aspetti della mia vita e del mio approccio alle competizioni.
Ogni giorno mi trovo ad affrontare nuovi elementi: cambiano le condizioni, si accumulano le esperienze, io stessa mi evolvo, le mie avversarie migliorano e devo continuamente adattarmi. Non è mai semplice e ora mi sembra particolarmente difficile. Nel tennis non competono dei robot. Ho avuto tre stagioni incredibili, ma nulla si ottiene senza sforzo e non c’è mai la certezza che i risultati arrivino in modo facile. Questo è lo sport, questa è la vita. E a volte persino me ne dimentico”.
Il peso delle critiche: “La gente ama giudicare e basta”
Il messaggio di Iga si conclude con un invito rivolto a chi l’ha criticata senza mezzi termini nelle ultime settimane. “Quando ero molto concentrata e non mostravo emozioni in campo mi chiamavano robot, dicevano che il mio atteggiamento fosse freddo e disumano. Ora che sono più espressiva e che lotto con le mie emozioni, vengo improvvisamente etichettata come immatura o isterica.
Non è un parametro sano, soprattutto se considero che solo sei mesi fa sentivo la mia carriera appesa ad un filo, piangevo ogni giorno per settimane e non volevo mettere piede in campo. Oggi sto ancora cercando di assimilare ed elaborare tutto quello che ho passato.
Mi domando: cambierà qualcosa il fatto che io abbia condiviso tutto questo? Probabilmente no, perché vedo chiaramente quanto la gente ami giudicare, creare teorie e imporre opinioni sugli altri. Forse alcune persone che vogliono davvero capire cosa sto vivendo riusciranno a farlo. In ogni caso questo non è il mio standard e non accetto che io e il mio team siamo incasellati nelle aspettative degli altri”.