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Il papà di Imane Khelif contro Giorgia Meloni: "Non doveva abbassarsi a dire quelle cose su mia figlia"

Omar, genitore della pugile algerina finita al centro delle polemiche alle Olimpiadi di Parigi, spiega: "Ma quale trans e altro che nata uomo: qui manco se ne parla dei trans".

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Rino Dazzo

Rino Dazzo

Giornalista

Se mai ci fosse modo di traslare il glossario del calcio in una nicchia di esperti, lui ne farebbe parte. Non si perde una svista arbitrale né gli umori social del mondo delle curve

A rileggere molti articoli scritti – non solo in Italia – qualche giorno prima del match del primo turno del torneo olimpico femminile di boxe tra Imane Khelif e Angela Carini vien quasi da sorridere. La pugile algerina era presentata molto spesso con enorme superficialità. Qualcuno la inquadrava come “trans”, qualcun altro la presentava addirittura come “nata uomo”. Una confusione massima, che in qualche circostanza dura ancora adesso, nonostante l’argomento sia stato sviscerato in ogni suo aspetto e in ogni dettaglio. Omar Khelif, papà dell’olimpionica algerina, non ne può più. E in un’intervista a “Repubblica” se la prende – ma col sorriso e senza polemiche – anche con Giorgia Meloni.

Omar Khelif, il padre di Iman bacchetta Giorgia Meloni

“Non avrebbe dovuto abbassarsi a dire quelle cose”, il bonario rimbrotto di papà Khelif. Che, con pazienza, spiega per l’ennesima volta: “Imane, la mia primogenita, non è una trans e non è mai stata un uomo. L’Islam, la nostra religione, non ammette tutto questo: qui manco se ne parla dei trans”. Ma che aveva detto la premier? “Penso che atleti che hanno caratteristiche genetiche maschili non debbano essere ammesse alle gare femminili“, le frasi pronunciate dalla presidente Meloni nel corso di una visita a Casa Italia durante i Giochi. Frasi che hanno ferito Imane e la sua famiglia.

Imane Khelif, le partite di calcio e poi il passaggio alla boxe

Mostrando le foto di Imane bambina, papà Omar quasi si commuove. “Ha iniziato a fare boxe a 15 anni. Prima aveva cominciato a giocare a calcio per strada con i ragazzi. Era brava e loro si sentivano minacciati. Si battevano con lei. Lì ha imparato a schivare i pugni dei compagni”. A portarla sul ring ci ha pensato Mohamed Chaoua, allenatore di Abdelkader Ben Aissa, giovane pugile del villaggio che l’aveva notata. Ancora oggi Mohamed è il suo tecnico. E all’inizio il padre di Imane era contrario: “Ho disapprovato agli inizi la volontà di fare la boxe, ma poi l’ho accettata”. E l’ha fatto pure Nasria, la madre di Imane, da cui Omar è separato. L’unica cosa che l’unisce è la lotta al fianco della figlia, contro tutti i pregiudizi.

Effetto Khelif: ora in Algeria molte bambine sognano il ring

Il paradosso è che Imane Khelif è diventata simbolo di femminismo e tolleranza in un paese islamico. Anche “grazie” alle celebrazioni del presidente Abdelmadjid Tebboune, appena rieletto alla guida del paese nordafricano. Grazie all’esempio di Imane, ora tante giovani algerine si avvicinano alla boxe. “Un anno fa le ragazze erano una quindicina, ora siamo a più di quaranta”, racconta Malika Abassi, allenatrice di boxe ad Ain Taya, non lontano da Algeri. “L’effetto Imane Khelif si fa sentire ancora. Ci chiamano le famiglie per iscrivere le figlie. Non so se riusciremo a soddisfare tutte le domande. La sala è piccola e ci sono solo io a insegnare”.

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