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Inchiesta Plusvalenze Juventus, l'impatto sulla giustizia sportiva: le nuove intercettazioni riaccendono il caso

Come risulta ora dagli atti depositati dalla Procura di Torino, vi sono alcune intercettazioni telefoniche che sono in grado di corroborare l’ipotesi accusatoria e riaprire il caso anche a livello di giustizia sportiva. 

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Elisabetta D'Onofrio

Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiosità personale e necessità: soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

Il tema relativo alle plusvalenze è tornato d’attualità in considerazione dell’esito delle indagini penali, svolte dalla Procura della Repubblica di Torino. Con la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari si è conclusa l’inchiesta nei confronti della società di calcio Juventus.

Inchiesta plusvalenze Juventus: le indagini penali

Qualche considerazione su questa indagine è possibile svolgerla, pur essendo solo nella fase di della discovery processuale e quindi ben lontana dall’esito finale.

Le ipotesi di reato formulate dalla procura sono: manipolazione del mercato e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, false comunicazioni sociali , ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza.

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L’inchiesta della Procura di Torino nasce nel 2021 ed è relativa a tre annualità: 2018, 2019, 2020. In sostanza sono due i filoni dell’indagine della Procura di Torino ossia gli scambi di giocatori che, non generando flussi finanziari, sarebbero stati conclusi a valori arbitrari e ciò al fine di far fronte alle necessità di bilancio (cd. Plusvalenze) e la “manovra stipendi”, ossia la rinuncia a quattro mensilità da parte dei giocatori annunciata a marzo 2020 ma che, secondo la Procura, tre mensilità sarebbero state solo differite, e ciò al fine di alterare il bilancio. La delicatezza e l’importanza di questa indagine, nell’ottica della Procura, è confermata dalla richiesta di applicazione di misure cautelari, nei confronti dei dirigenti della società di calcio Juventus, presentata dai PM procedenti e tuttavia bocciata dal Giudice per le indagini preliminari di Torino.

La Procura ha presentato appello contro questo diniego da parte del Giudice e, quindi, questo fronte non è ancora chiuso

L’indagine sportiva che scaturisce dall’inchiesta Plusvalenze Juve

Nata sulla base delle risultanze dell’indagine della COVISOC, l’indagine sportiva si è rivelata, fino a questo momento un clamoroso flop in quanto sia il Tribunale Federale, sia la Corte di Appello federale hanno bocciato l’ipotesi accusatoria formulata dalla Procura Federale della Figc.

In particolare il Tribunale, nelle motivazioni, ha censurato il principale metodo utilizzato dalla Procura, per considerare il prezzo diverso dall’effettivo valore del giocatore, ossia il sito Transfermarket.

La Corte è stata più sfumata nelle sue considerazioni, ma ha concluso anch’essa per il rigetto dell’appello presentato dal Procuratore nei confronti del provvedimento del Tribunale. Ciò che sembra emergere dalle decisioni sopra indicate è una maggiore sensibilità degli organi di giustizia sportiva riguardo ai diritti dei tesserati e delle società coinvolte in indagini sportivo/disciplinari. Il che appare particolarmente lodevole se si considera l’estrema afflittività, sia nei confronti dei singoli soggetti coinvolti che nei confronti delle società, delle sanzioni di carattere disciplinare.

Proprio in quest’ottica la Corte federale, nelle motivazioni della sua decisione di conferma del provvedimento emesso dal tribunale federale, sollecita un intervento a livello federale affinché vengano indicati parametri di riferimento, precisi e certi, utilizzabili nell’ambito di indagini relative ad ipotesi di plusvalenze delle società.

In questo modo si otterrebbe una sostanziale tipizzazione della fattispecie sanzionatoria ( in sostanza conoscere esattamente e in anticipo qual è la condotta punibile dagli organi di giustizia sportiva) e ciò garantirebbe da un lato il diritto di difesa e dall’altro consentirebbe agli organi di Giustizia sportiva di intervenire e di decidere in modo corretto

Revocazione della decisione precedente adottata dagli organi di Giustizia sportiva

L’art. 116 del codice di procedura penale consente alla Procura Federale di chiedere alla Procura ordinaria la trasmissione di atti di indagini anche prima della discovery finale.
Ciò ha consentito, nel recente passato, di portare a termine, in breve tempo, indagini sportive particolarmente complesse.

Esempio in tale senso è lo scandalo del calcio scommesse di Cremona. In quella vicenda infatti la proficua collaborazione fra le due Procure, quella ordinaria e quella sportiva, ha consentito una pronta definizione dei procedimenti disciplinari sportivi. Ebbene, l’elemento fondamentale sul quale le decisioni dei Giudici sportivi si sono basate sono state le intercettazioni telefoniche disposte dalle autorità cremonesi.

Nel caso che ci occupa, come risulta ora dagli atti depositati dalla Procura di Torino, vi sono alcune intercettazioni telefoniche che, di per sé sole, sono in grado di corroborare l’ipotesi accusatoria.

Non è dato sapere per quale ragione questi importanti e decisivi mezzi di prova non fossero già in possesso della Procura Federale come appunto avvenuto in passato. Ciò che in ogni caso è possibile ora fare, da parte della Procura Federale, è una impugnazione per revocazione, se ne ricorrono i presupposti.

In particolare, secondo l’art 63 del codice di giustizia sportiva, è possibile impugnare per revocazione tutte le decisioni divenute definitive adottate dagli organi di Giustizia sportiva.
Tuttavia le ipotesi in cui ciò può avvenire sono tassative e sono previste dalle lettere a);b);c);d);e) del medesimo articolo 63 e queste vanno comunque interpretate alla luce del principio del “ne bis in idem”, secondo il quale non si può essere sottoposti a giudizio due volte per lo stesso fatto.

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