Le parole del titolo sono di Sandro Donati: prima antagonista, poi allenatore convinto, infine amico fidato di Alex Schwazer. Insieme hanno collaborato alla docuserie di Netflix dedicata al caso: ha avuto a tal punto successo che lo stesso Donati invita “qualcuno” a fare delle riflessioni.
Dice Donati che il marciatore alle Olimpiadi di Parigi del 2024 non ci andrà:
Il sistema non lo vuole. Lo dimostra il fatto che ha segnalato di aver diritto a uno sconto di pena ed è subito iniziato il rimpallo delle responsabilità per non farlo partecipare.
Frasi dure, mirate, senza sconti e senza appello. Di più: ne salva pochi, Donati, per quanto accadutogli nell’ultimo decennio. Perché l’allenatore laziale, rimasto un baluardo inflessibile – autentico sostenitore e fautore dello sport pulito – avrebbe pagato il fatto di essersi improvvisamente catapultato dalla parte sbagliata. C’è un pre Schwazer e un post Schwazer, nella vita professionale di Donati: ecco, il post è un capitolo incredibilmente difforme rispetto a quello precedente perché ora li conta su un paio di mani quelli che non gli hanno voltato le spalle:
Tre, quattro giornalisti. Alcuni componenti del sistema sportivo. Stendiamo un velo pietoso sui dirigenti, con due eccezioni: il presidente del Coni Giovanni Malagò e l’attuale segretario generale del Coni, Carlo Mornati
- L'ultimo sogno da atleta di Alex
- Lo sconto di pena non è (ancora) arrivato
- Alex avvicina Sandro per ricostruirsi
- A Rio, nel 2016, era già tutto chiaro
- Il diritto a uno sconto della pena
- Tra le pagine più oscure della storia dello sport
L’ultimo sogno da atleta di Alex
L’intervista al Fatto Quotidiano archivia di fatto l’ultimo grande sogno dello Schwazer atleta. Che, però, va detto: da un paio di settimane aveva fatto capire benissimo di aver perso qualunque speranza.
Non si potrebbe leggere altrimenti la volontà di Alex di svestire proprio ora – e a questo punto definitivamente – i panni dell’atleta per indossare quelli di “showman”: ha deciso di varcare l’uscio del Grande Fratello, di buttarla in televisione, di alleggersi un po’ ma, così facendo, ha evidentemente considerato già chiuse le altre porte. Quella con vista verso Parigi, per esempio. Non ci crede più.
Lo sconto di pena non è (ancora) arrivato
Ha continuato ad allenarsi, in questi anni, seguendo tabelle di marcia e ritmi costanti: ha fatto altro, si è dedicato alla famiglia ma si è dato motivazioni, ha provato a sostenere un’utopia. Sei giorni alla settimana: un’ora e mezzo al massimo ma ad alto ritmo, poco lavoro ma di qualità. Ora, però, è fuori tempo massimo: lo ha capito anche lui e, sebbene sia ufficialmente in attesa di una risposta che ancora gli tiene l’uscio schiuso verso le Olimpiadi, Alex quello scenario l’ha mollato.
Perché lo sconto di pena? A cosa si riferisce Donati?
Non ha mai scherzato – Donati – col doping: vicenda seria, da affrontare con il pugno durissimo. Donati, ultima figura di sostegno in ambito professionale per il marciatore altoatesino, lo conosciamo per l’intransigenza con cui ha sempre affrontato le battaglie contro l’uso di sostanze dopanti: una figura simile, tanto integerrima e autorevole, non può che essere un riferimento indiscutibile.
Alex avvicina Sandro per ricostruirsi
Quando si è avvicinato a Schwazer, a squalifica in corso, lo ha fatto con diffidenza e in punta di piedi: l’atleta classe 1984, campione olimpico della 50 km a Pechino 2008, stava scontando la prima delle due pene subite nel corso della carriera.
Alex avvicina Sandro nel pieno di un percorso di ricostruzione: quello in cui ha capito e riconosciuto gli errori. Quello in cui ha cominciato a dare tutto ciò che aveva per porre rimedio e cercare il riscatto: hanno iniziato a lavorare insieme cullando il grande ritorno a Rio de Janeiro nel 2016 ma un secondo controllo del 1 gennaio dello stesso anno risultato positivo il 21 giugno – lo ricorderemo come un cold case: il secondo, presunto, caso di doping – ha frantumato quel progetto, spegnendolo a tanto così da che diventasse realtà.
A Rio, nel 2016, era già tutto chiaro
Era già tutto chiaro, secondo Donati:
Il sistema non poteva sopportare l’idea di un atleta che, voltando le spalle al doping, era riuscito ugualmente a vincere. Allo stesso modo, non poteva essere accettato che si imponesse un allenatore estraneo alla marcia
Schwazer s’è preso la seconda squalifica – otto anni, scadenza 2024 ma non in tempo utile affinché possa provare a qualificarsi per Parigi 2024 – sebbene in Italia il conseguente processo penale per doping sia stato archiviato nel 2021.
Nessuno sconto dall’Agenzia mondiale antidoping, nemmeno quando – lo ha raccontato minuziosamente La Gazzetta dello Sport – Alex avrebbe avuto il diritto – facoltà concessa ad altri atleti che hanno seguito un percorso speculare – a una riduzione della pena dopo aver denunciato alla Athletics Integrity Unit (AIU), sezione della federatletica mondiale preposta alle vicende di doping, un caso di doping eclatante.
Il diritto a uno sconto della pena
Il regolamento, nella fattispecie, acclara la collaborazione fattiva di un atleta nella persecuzione di fatti e personaggi legati al doping quale elemento preponderante per l’ottenimento di una riduzione della squalifica, fino al 75% del totale. Nessuno ha mai risposto alla richiesta avanzata da Schwazer e la sensazione è che – laddove verrà data comunicazione – sarà fuori tempo utile.
Stefano Boldrini, sul Fatto, si interroga e gli chiede:
Walter Pelino, il magistrato che si è occupato della vicenda Schwazer, ha dichiarato alla Gazzetta: “Sono allibito dal comportamento della giustizia sportiva che ha buttato sotto il tappeto la mia ordinanza di 80 pagine in cui si allude a una macchinazione ai danni dell’atleta; sono convinto che i mandanti di questa storia siano italiani; dopo la mia ordinanza è iniziata una campagna di delegittimazione”.
Donati non ha dubbi:
È sconcertante che i rappresentanti dell’agenzia antidoping italiana non abbiano avuto nulla da eccepire, anche di fronte ad accuse serie come la manipolazione delle provette. In Italia c’è stato un afflato della vicenda. Ed è vero che dopo l’ordinanza, il giudice è diventato il nemico. Ho una domanda: perché, se è stata giudicata delirante l’ordinanza di Bolzano, non c’è stata una querela da parte della Wada?
Tra le pagine più oscure della storia dello sport
Quando Boldrini domanda se il caso Schwazer sia la pagina più oscura della storia del nostro sport, Donati replica con schiettezza:
Si potrebbe dire che è una delle pagine più sporche. Ma forse la peggiore è quella di una discobola russa che segnalò via mail alla Wada la situazione nel suo Paese, autoaccusandosi. Invece dell’apertura di un’indagine, fu inviata una comunicazione ai dirigenti russi sulla denuncia ricevuta.
Chi controlla il controllore? Si parla di doping in relazione all’atleta, generalmente inteso, che viene scoperto a farne uso ma qualcuno – è l’amara conclusione cui arriva implicitamente Donati – dovrebbe pure chiedersi come e che cosa fare se o qualora ci si dovesse trovare di fronte a un sistema “distorto”.