Due tweet, uno dietro l’altro e la polemica si accenda. Il 5 maggio è una data storica per gli juventini che segna la vittoria dello scudetto arrivato all’ultima giornata di campionato. Ma in questa occasione Maurizio Pistocchi va all’attacco con due post che richiamano alla mente Calciopoli e poi con un video di Arrigo Sacchi.
Due tweet che hanno l’effetto di una miccia in una polveriera. Nel primo il giornalista scrive: “5 maggio 2002-2006. Anteprima di una tragedia morale che ha distrutto la credibilità del calcio italiano”, con a corredo le immagini di un distrutto Ronaldo, e quelle di articoli che riguardano Calciopoli. Ma Pistocchi, già nel mirino, non lascia e anzi raddoppia. A distanza di pochissimo tempo pubblica anche un video dal titolo “Arrigo Sacchi prevede Calciopoli”.
Piccinini: “Che belle trasmissioni si facevano una volta”
Nel clima da stadio che si crea ai post di Pistocchi finisce per rimanere invischiato anche Sandro Piccinini. Il video di Sacchi fa infatti riferimento alla trasmissione presentata proprio dal giornalista e basta un suo commento, che sembra innocente (Che belle trasmissioni si facevano una volta), per scatenare un ulteriore putiferio.
Tifosi inferociti: minacce e insulti per Pistocchi
Maurizio Pistocchi sembra essere abituato a ribattere ai follower troppo agitati e anche in questa occasione non fa eccezione, anche quando subisce attacchi molto violenti, dal punto di vista verbale, come quello di Tiziano: “Dimentichi che in seguito cambiò nome in Farsopoli, ma d’altronde da un sottosviluppato. Come te pretendere coerenza nel raccontare tutte le sfaccettature della vicenda limitandosi a riportare quello che conviene per visibilità. Se non citi la Juve sei dimenticato”. “La Juve gli scudetti li ha vinti in campo e sul campo – sostiene Espedito – con campioni straordinari. Pensavano che mandandoci in B si sarebbero liberati di noi. Siamo ancora qua”.
Ma a dar manforte al giornalista arrivano soprattutto i tifosi dell’Inter come Roby: “Quelle dette da Sacchi erano cose che tutti sapevano ma nessuno aveva il coraggio di dire come stavano i fatti per paura di perdere il posto di lavoro o altre ritorsioni, questa al mio paese si chiama mafia. Ma d’altronde si sa bene che di tutti quelli vinto forse la metà sono vinti onestamente”.