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Juventus, caso plusvalenze, il Gip dà ragione ad Agnelli: i pm stanno sbagliando

Nuovo capitolo dell'inchiesta Prisma, con il giudice per le indagini preliminari che ha consentito alle difese di riavere il materiale informatico sequestrato.

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Pietro De Conciliis

Pietro De Conciliis

Giornalista

Giornalista pubblicista e speaker radiofonico, per Virgilio Sport si occupa di calcio con uno sguardo attento e competente sui campionati di Serie B e Serie C

Sono giorni importanti per Andrea Agnelli e gli ex dirigenti della Juventus coinvolti nell’inchiesta Prisma, per i quali in settimana è stato richiesto il rinvio a giudizio dalla Procura di Roma. Contestualmente, le difese hanno ottenuto un’ordinanza di restituzione del materiale informatico, grazie al parere positivo del giudice per le indagini preliminari. Il motivo è presto spiegato.

Plusvalenze, il Gip dà ragione agli indagati: cosa ha ottenuto Agnelli

Il rinvio a giudizio richiesto nei giorni scorsi dalla Procura di Roma e la necessità di andare a processo, per una vicenda di tale portata, non hanno certo sorpreso i protagonisti dell’inchiesta “Prisma“. Per il pool di legali che difende le posizioni e gli interessi di Andrea Agnelli e degli altri ex dirigenti della Juventus, ogni tassello può essere importante all’alba del processo. Questo il motivo che ha spinto le difese a non fare passi indietro dinanzi alla pretesa degli inquirenti di trattenere la copia integrale di tutto il materiale informatico, sequestrato nella notte tra il 26 e il 27 novembre 2021. Quasi tre anni fa, infatti, il blitz della Guardia di Finanza diede il via alle indagini nelle sedi di Milano e Torino della Juventus Football Club, con la conseguente raccolta del materiale necessario alla ricostruzione dei fatti.

Una pretesa, quella dei Pm, che ad oggi non risulta più legittima, secondo il parere fornito dal Gip Elvira Tamburelli in data 8 luglio 2024: il giudice per le indagini preliminari, prima ancora di avviare un procedimento, ha stabilito che va messa la parola fine ad una procedura non corretta nell’acquisizione del materiale probatorio.

“Il periodo temporale di oltre due anni – spiega il Gip nel dispositivo dell’8 luglio – deve ragionevolmente ritenersi tempo sufficiente a trarre da tutto il materiale il massimo risultato possibile per l’accertamento dei reati, tale da non giustificare il trattenimento delle copie forensi integrali”. Dunque, quanto registrato su pc, smartphone, tablet e altri dispositivi elettronici, andrà immediatamente restituito agli indagati. Gli inquirenti, dal canto loro, hanno avuto tempo sufficiente per analizzare il materiale a 360° e giungere a delle conclusioni, stando al parere del giudice per le indagini preliminari. I pm, ora, sono chiamati a dettagliare in maniera chiara e circostanziata cosa può far parte degli atti e cosa no, in vista del processo.

La risposta dei Pm al Gip

Gli indagati, compreso l’ex presidente bianconero Andrea Agnelli, otterranno così la restituzione delle copie dei dispositivi, compresi i documenti relativi all’attività della Juve, intesa come società. Secondo il Gip, che teme la possibile fuoriuscita di notizie e documenti, “non può dubitarsi del potenziale pregiudizio che deriverebbe dall’indiscriminata diffusione di notizie alla vita e alle strategie societarie ma che non sono pertinenti ai fatti reato per i quali si procede, condizionando le scelte del mercato, venendo perciò in rilievo la libertà di iniziativa economica”.

I pm, invece sostengono che la restituzione della copia integrale del materiale informatico avrebbe potuto creare un vulnus al diritto di prova spettante al pm. E poi – sottolineano gli inquirenti – “l’inchiesta ha ad oggetto tra l’altro la rappresentazione al pubblico e al mercato dell’attività sportiva della Juventus” e “tutti i rapporti sottostanti, formali ed informali, fra una moltitudine di soggetti coinvolti a vario titolo”.

Una tesi che, dopo i primi tre dinieghi sull’asse Torino-Roma, non convince più il giudice per le indagini preliminari, perché sui dispositivi sequestrati “sono riversati indistintamente informazioni, in elevata quantità, che non sono pertinenti ai reati per i quali si procede”. Peraltro, “le difese – fa sapere il Gip – hanno anche addotto esempi concreti di comunicazioni, fotografie, eventi che hanno chiara ed esclusiva attinenza alla sfera personale e privata”, dimostrando l’illegittimità del trattenimento di un certo tipo di materiale, non attinente alle indagini.

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