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L'Italvolley torna a casa: accoglienza trionfale a Linate. L'oro di Alessia Orro: “L’abbiamo fatta grossa”

C'è il contributo decisivo della palleggiatrice sarda nella vittoria storica della nazionale di volley femminile ai Giochi di Francia. Sembrava l'anello debole, invece è stata uno straordinario punto di forza

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Auden Bavaro

Auden Bavaro

Giornalista

Lo sporco lavoro del coordinamento: qualcuno lo deve pur fare. Eppure, quando ha modo di pigiare le dita sulla tastiera, restituisce storie e racconti di sport che valgono il biglietto

Il tripudio riservato all’Italia del volley femminile a Linate, dove le ragazze sono sbarcate per tornare a casa dopo l’oro di Parigi, è la misura della passione e del coinvolgimento che hanno seminato e raccolto. I dati dell’auditel, qualora ce ne fosse bisogno, lo hanno certificato: la finale contro gli Usa vista a tavola, tra un boccone e l’altro.

Ho rivisto il tattoo di Alessia Orro. Non sapevo avesse un tatuaggio coi Cinque cerchi: dietro al braccio sinistro, la prima inquadratura in cui l’ho notato risale alla gara contro la Repubblica Dominicana, erano ancora le sfide del girone eliminatorio. Da lì alla medaglia d’oro mancava tutto: cinque partite. Disegno semplice, nessuna complicazione: giusto il simbolo delle Olimpiadi e niente di più. Vecchio? Nuovo? Appena fatto o sta lì da un po’? Ho scoperto che sta lì da un po’: ci sono foto del 2022 in cui già compare. Suppongo risalga a Tokyo 2020.

Il punto non è il tatuaggio ma lei, Alessia

L’ho rivisto – nitido – mentre l’Italia del volley si tuffava a bomba nella festa infinita dopo il match point vinto contro le americane. In un incastro di abbracci e slanci, è tornato in bella vista il tatuaggio di Alessia Orro: ho pensato che – sulla pelle intonsa che c’è di fianco – lo spazio per ritoccarlo c’è tutto, magari era già studiato che dovesse finirlo poi. Il punto però non è il tatuaggio: il punto è Orro.

Perché proprio lei? Facilissimo: ci davano (ci davamo) debolucci proprio lì, nel palleggio. Bisogna che ad Alessia si restituisca parte del credito. Invece nell’ultimo anno di gestione nuova, è proprio il palleggio che mi ha impressionato. Sono rimasto incantato dagli ultimi mesi di Alessia, da una storia che prende forma in maniera nitida già durante la Nations League e tocca vette altissime nell’Olimpiade della 26enne di Oristano.

Un’Olimpiade da incorniciare

Un gigante di “appena” 178 centimetri. Ruvida quanto basta in prima linea, micidiale con le rotazioni in seconda, libero aggiunto quando c’è stato da esserlo, Paoletta quale terminale ultimo della giocata ma Alessia ha saputo fare presto i conti con le alternative.

A volte servite dalle compagne su vassoi d’oro, altre volte s’è pure arrangiata da sola. L’ottima gestione del side out, il gioco variato quale variabile imprescindibile, un servizio da mini break “passo e chiudo”. Un’Olimpiade da incorniciare.

D’istinto ho detto Tom Brady

È vero che diventa impossibile scorrere la rosa delle ragazze terribili e arrivare a parlare di ciascuna di loro senza aver prima speso ognuna delle parole necessarie per celebrare Paola Egonu e Julio Velasco. Ma adesso che si è detto e scritto tutto quello che andava riferito, io dico Orro. Al netto delle aspettative e del risultato, vai a fare la tara e Alessia m’è sembrata Tom Brady.

Chi è Brady? Ormai non lo chiama più nessuno per cognome. Per tutti è Goat, il più grande di tutti i tempi. Faceva il quarterback professionista: nel football americano, quando vinci un titolo hai vinto l’anello. Brady se n’è infilati al dito sette: nessuno come lui. Penso a Orro e mi viene in mente Brady, di getto. Un po’ è per il ruolo.

Il qb è chi guida l’attacco: è la figura nelle cui mani il pallone passa in ogni azione offensiva, non può prescindere dalle abilità di palleggio e il suo tocco è quello mediano: riceve palla e serve il compagno per finalizzare. Come Alessia. Un po’ è perché Brady, agli inizi, non era un predestinato. Tutt’altro: uno degli sportivi più sottovalutati di cui si abbia memoria. La carriera professionistica di Brady comincia nel 2000: è la scelta numero 199, prima di lui vennero selezionati 198 atleti ritenuti superiori o più funzionali.

121 posizioni in un anno: il personale di Alessia Orro

C’è un prima e un dopo Velasco anche per Alessia. Ricetta e cura per buona parte delle azzurre, il Ct ha inciso magnificamente anche nel rendimento della palleggiatrice: non era scontato, un anno fa, che Orro potesse prendere per mano l’Italia, pareva semmai più vero il contrario, ovvero che nel confronto con altre nazionali, in quel ruolo fossimo meno blindati.

Per dire: esiste una speciale classifica di volleybox che stila le migliori pallavoliste per rendimento, vittorie e premi individuali assegnando loro dei punti. Nel 2023 per trovare in elenco il nome di Orro bisogna scorrere fino alla posizione 126: le stanno davanti parecchie omologhe. Troppe.

Doan Thi Lam Oanh, vietnamita. Ariana Rodriguez, dominicana. Linyu Diao, cinese. Nina Stojilikovic, Francia. Victoria Mayer, Argentina. Di Yao, altra cinese. Pia Kastner, tedesca. Macris Carneiro, Brasile. Pornpun Guedpard, thailandese. Brie O’Reilly, canadese. Ivone Martinez, Messico. Elif Sahin, turca. Roberta Ratzke e Niverka Marte, rispettivamente brasiliana e dominicana. Cansu Ozbay, ancora Turchia.

Quella stessa graduatoria rivista il giorno dopo l’oro olimpico? Alessia quinta, identico punteggio di Sylla. Davanti soltanto Egonu, Vargas, Guimaraes e De Gennaro. Nessuna tra queste al palleggio. Misurare la crescita di Orro negli ultimi sette mesi e mezzo senza restare sull’effimero significa trovarla 121 posizioni avanti. Una enormità.

La grande famiglia della Brianza

Due parole su Alessia: cresce in Sardegna, tocca il primo volley di peso a Roma dove contribuisce a portare il Club Italia in A1, è nel giro della nazionale dall’under 18, il trasferimento a Busto è il classico punto di arrivo che dà il là all’ennesima ripartenza per pensare ancora più in grande, il passaggio alla Vero Volley è l’approdo in una grande famiglia. Ci sono Egonu, Sylla, Danesi, Pietrini: mezza nazionale.

Quello che riescono a fare in azzurro non l’hanno ancora bissato col club ma se la pallavolo dalle parti di Milano e della Brianza fa registrare il tutto esaurito a ogni gara interna e se le scuole e i gruppi sportivi stanno facendo incetta di consensi tra teenagers che sognano di emulane le gesta, buona parte del merito è di Orro e compagne.

L’immancabile vessillo sardo

Una bruttissima storia di stalkeraggio alle spalle da cui Alessia è uscita rinforzata: denunciate sempre, non lo smette di ripetere. Narbolia e la presidente della Sardegna, Todde, hanno speso gesti e parole per Orro, nel post match contro gli Usa è spuntato nell’Arena di Parigi l’immancabile vessillo sardo.

Appena sbarcate a Linate – notizia di diverse decine di minuti fa – le Azzurre hanno preso parte a un’accoglienza da protagoniste. Orro:

Sono contenta, è un onore per tutte noi, l’abbiamo fatta grossa. Al collo sta molto bene la medaglia d’oro.

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