Stig Tofting è passato alla storia come uno dei “duri del calcio”. Nazionale danese (41 presenze), una discreta carriera (tra le altre, ha giocato nell’Amburgo e pure in Inghilterra, al Bolton), è stato spesso protagonista di episodi violenti. Due esempi: nel 2002 è stato protagonista di una rissa in un ristorante di Copenaghen che gli è costata anche quattro mesi di prigione mentre, nel 2004, durante la festa di Natale, ha picchiato alcuni compagni di squadra (allora militava nell’Aarhus).
Un carattere forte, colpa anche del suo tragico passato. Quando aveva 13 anni, tornando a casa, Stig ha trovato i suoi genitori entrambi morti. Il padre Paul, con un fucile da caccia, aveva sparato alla moglie Kirsten e, successivamente, si era tolto la vita: “Perdere i tuoi genitori, a 13 anni, ti lascia il segno. Vivo tuttora con il ricordo di quel giorno. Se fossi rimasto a casa forse avrei potuto impedire a mio padre di uccidere mia madre, ma forse sarei morto pure io e non sarei qui oggi”, le sue parole nell’intervista rilasciata al Daily Mail.
Una storia, quella dell’omicidio/suicidio, diventata di dominio pubblico nel 2002, durante i Mondiali di calcio. Oggi, a quasi 50 anni, Stig si sente un uomo miracolato proprio dal calcio: “Il calcio mi ha salvato. Quando giocavo niente poteva mandarmi in crisi. Sono stato anche da uno psicologo… Ma ogni volta che scendevo in campo, ero nel mio mondo. Riuscivo a lasciare fuori tutto il resto”.
Una vita sempre in salita. Stig ha perso anche un figlio, di sole tre settimane: “La cosa peggiore che mi sia mai successa… Ho tatuaggi di Jon (il nome del figlio deceduto, ndr) su tutto il corpo ma non posso riportarlo indietro”. Soprannominato The Lawnmower, Stig Tofting è diventato, da poco tempo, nonno e prova a godersi la vita, nonostante tutto.
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