Marco Tardelli conduttore de "L'Avversario", interviste alla ricerca dei demoni dei campioni: chi è, la Juve, l'Heysel

Grande protagonista di Spagna 1982, Campione del Mondo, Tardelli conduce un format inedito. La carriera, le scelte e la vita privata

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Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiosità personale e necessità: soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

Nella memoria collettiva di quel Mondiale spagnolo che celebrò, nel 1982, l’enormità del talento di Paolo “Pablito” Rossi alle sue reti si accompagna l’urlo di Marco Tardelli, dell’uomo che grazie a quell’esplosività ha generato l’immagine più iconica di quell’Italia capace di risorgere dalle sue stessi ceneri. E rigenerarsi nell’autenticità di uomini che, allora, seppero portare in tribuna un presidente-partigiano, interpretare addirittura in modo molto migliore le indicazioni del ct Enzo Bearzot.

Oggi Tardelli, ex Juventus e Inter, cresciuto in una famiglia operaia e approdato nella borghesia del calcio ha un ruolo specifico nella memoria di ciascuno ami quella Nazionale, abbia sofferto anche solo di riflesso e patito per quella stagione che anticipò la vittoria del Mundial. Un campione assoluto, che ha attraversato la vita da allenatore e dirigente e che, adesso, ha optato per una diversa collocazione, tra la conduzione e il ruolo di opinionista televisivo. Il 5 giugno il suo esordio ne L’Avversario, primo format interamente condotto dal campione.

Marco Tardelli conduttore de L’Avversario

Partendo dalla fine, Tardelli vive una fase della sua carriera che lo colloca tra i protagonisti della produzione Rai legata allo sport, al calcio in particolare in un delicato passaggio, anche per viale Mazzini. Al via dal 5 giugno, ogni lunedì alle 23.15 su Rai 3, andrà in onda L’Avversario, il nuovo format originale prodotto da Rai Cultura, che segna il debutto alla conduzione di Marco Tardelli, del calciatore dell’urlo.

Il passaggio in televisione: opinionista e commentatore

Un percorso televisivo alquanto originale, il suo che lo ha prima valorizzato in qualità di opinionista come a La Domenica Sportiva nella lontana stagione 1989-90 per poi rientrare nel cast solo negli anni Duemila quando la Rai lo inserisce in distinte produzioni come 90° minuto e lo speciale Mondiali.

Per quel ragazzo cresciuto in una famiglia di provenienza operaia, ultimo di quattro figli quanto raggiunto è esemplare. Ma lo è soprattutto perché legato legato a una passione totale, da tutto o niente, come ha riassunto nel titolo del suo libro.

Le origini operaie: Pisa e Como

Nato a Careggine nel 1954, il padre di Tardelli era un dipendente dell’ANAS. Una condizione che lo ha formato e che gli ha impedito di ritenere scontato un certo benessere, soprattutto negli anni giovanili quando dopo un numero notevole di provini (e di no) fu preso dal Pisa dove giocò per due stagioni. Durante gli anni trascorsi nella città toscana, si guadagnò da vivere lavorando come cameriere vicino a piazza dei Miracoli.

Nel 1974 il trasferimento chiave nella sua carriera al Como, che gli consentì di fare poi il grande salto verso la Juventus.

La svolta con la maglia della Juventus

Nel 1974 venne prelevato, su suggerimento di Giancarlo Beltrami, dal Como, società dove trovò come allenatore Pippo Marchioro, con il quale instaurerà fin da principio un buon rapporto. Mise a referto con i lombardi, in Serie B, 36 partite e 2 gol. Corteggiato dalla Fiorentina e soprattutto dall’Inter, per quelle strane alchimie anche allora di natura prevalentemente economica, Tardelli divenne il giocatore più apprezzato e ambito da Giampiero Boniperti, presidente della Juventus.

Allora l’esborso fu enorme, 950 milioni di lire, ma fu il primo tassello di un progetto complesso, di prospettiva che portò alla costruzione di una squadra davvero potente.

Nonostante l’avvio non proprio indolore, Tardelli rimase a Torino fino al 1985 riuscendo a giocare con la quasi totalità dei più grandi campioni bianconeri dell’epoca e ritagliandosi uno spazio in campo inamovibile. Fu un pilastro, una sicurezza. E per il giovane Marco l’incontro con l’amicizia, gli affetti come per Gaetano Scirea e Dino Zoff.

La Nazionale azzurra e l’urlo di Tardelli

Una sicurezza che venne capita, e apprezzata, anche dal ct Enzo Bearzot, chiamato ad assemblare un undici titolare con la maglia azzurra forte, determinato. La vigilia di quel Mondiale fu segnata, difatti, più dalla cronaca per le note vicende legate a Paolo Rossi e allo scandalo delle scommesse che per le polemiche che riguardavano i singolo giocatori. Bearzot nutriva una stima profonda nei suoi riguardi, tant’è che lo ribattezzò Coyote e lo volle già in azzurro nel 1978 in Argentina e poi agli Europei: in Spagna fu la perfezione, l’idillio.

Con quella rete del 2-0 nella vittoriosa finale 3-1 contro la Germania Ovest fu leggenda. Dopo il ritiro di Dino Zoff avvenuto nel maggio 1983, ereditò la fascia di capitano, che vestì in 9 occasioni. Il 25 settembre 1985 giocò la sua ultima partita in azzurro, l’amichevole di Lecce contro la Norvegia (1-2). Fu comunque convocato per il successivo campionato del mondo 1986 in Messico, dove però non venne mai utilizzato nelle quattro gare disputate dagli Azzurri, eliminati agli ottavi di finale. Con la maglia della Nazionale, Tardelli ha collezionato in totale 81 presenze e segnato 6 reti.

Fonte: ANSA

L’urlo di Tardelli

La vergogna per l’Heysel

La sua vicenda umana, e calcistica, è stata segnata da legami intensi resi ancora più profondi dall’orrore che la Juventus, i suoi giocatori furono costretti a vivere il 29 maggio 1985 nella finale di Coppa dei Campioni nello stadio dell’Heysel dove persero la vita 39 persone, 32 italiani. Erano tifosi divenuti vittime di un sistema malato, come emerse successivamente nell’ambito di inchieste e procedimenti che ne scaturirono e non solo morti a causa dell’aggressione di hooligans: da allora, l’impatto sulla costruzione degli impianti e le normative sulla sicurezza e la lotta alla violenza furono rivoluzionate.

Anni dopo, ospite de La storia siamo noi, Tardelli ammise un sentimento di grandissima levatura morale per quanto accaduto e alla luce di una consapevolezza che si era fissata nel tempo e l’acquisizione di elementi utili a ricostruire l’accaduto:

“Noi ci siamo sempre pentiti. Non ho mai sentito la coppa dei campioni di Bruxelles come una vittoria, è stata la sconfitta per tutto il mondo del calcio e per tutto il mondo sportivo e non solo sportivo”.

Fonte: ANSA

Tardelli con la maglia della Juventus

Il trasferimento all’Inter

Con la Juventus finì tutto a causa dell’insoddisfazione di Tardelli nello stesso anno, quel 1985 che lo vide “tradire” la società, accasandosi ai rivali dell’Inter, in uno scambio di mercato che coinvolse Aldo Serena: la Juventus pagò 6 miliardi di lire in tutto, valutando Tardelli 3,2 miliardi.

A due stagioni di distanza, in cui spiccò soprattutto la doppietta del 1986 agli spagnoli del Real Madrid nella semifinale d’andata di Coppa UEFA, si svincolò dal club nerazzurro a causa dell’arrivo di Trapattoni e decise di unirsi al San Gallo, vestendo la maglia biancoverde e poi chiudere la carriera.

La carriera da allenatore

Con l’addio al calcio giocato, Tardelli cambiò prospettiva e, in una nemesi che fa riflettere, arriva ad affiancare proprio il Trap in una insospettabile evoluzione della sua storia da allenatore: poco dopo il ritiro, Tardelli infatti intraprese la via dell’Under 16 e poi dell’U23 per poi approdare alla panchina dell’Inter forte del titolo europeo con l’U21. Fu un disasto che lo portò a guidare l’Egitto, poi a continui subentri fino ad entrare nel CdA della sua Juventus.

Fu proprio il Trap a toglierlo dall’impiccio, come si suol dire, e a offrirgli un posto da vice sulla panchina dell’Irlanda. Tardelli gli subentrò al momento opportuno.

Con l’addio del tecnico, nel 2013, chiuse anche questa versione di sé in un album che appartiene ormai al passato.

L’amore con Myrta Merlino: Tardelli pronto a sposarsi

La sua vita privata è stata, e lo ammette anche nel suo libro Tutto o niente, alquanto dinamica: è ancora sposato e padre già di Sara, diventata giornalista, quando incontra Stella Pende dalla quale ha Nicola, modello, nato dalla lunga relazione con la reporter. Un’unione che si conclude senza ulteriori strascichi, anzi.

Celebre la sua breve storia con l’attrice Moana Pozzi, star della scuderia di Riccardo Schicchi e deceduta giovanissima a causa di un tumore, della quel ha un ricordo tenero e al tempo stesso ironico e divertente che spesso ha voluto affidare agli intervistatori che lo hanno interrogato su questo legame.

Dal 2016 Tardelli è legato alla giornalista Myrta Merlino, con la quale ha in progetto di sposarsi, ma senza alcuna fretta come ha precisato egli stesso in un’intervista.

Fonte: ANSA

Tardelli con Myrta Merlino

L’avversario

Oggi Tardelli è un opinionista televisivo dall’esperienza matura, a cui affianca la conduzione da debuttante (relativo) di un programma che, sulla carta, si presta ad essere un vestito sartoriale cucito su misura per chi – come lui – ha speso la sua esistenza tra i campi e lo spogliatoio, comprendendo anche le pieghe del sistema.

In queste sei puntate con altrettante leggende del calcio, a partire da Antonio Cassano, gli sarà affidata la chiave di un’epoca che in costoro ha visto l’apoteosi. Come per Tardelli, come in quell’urlo contro la Germania.

Marco Tardelli conduttore de "L'Avversario", interviste alla ricerca dei demoni dei campioni: chi è, la Juve, l'Heysel Fonte: Ufficio Stampa Rai - Mongini

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