E’ stato attivissimo fino all’ultimo, si è divertito a usare anche internet con un profilo social ed era un po’ l’allenatore di tutti. All’età di 86 anni è morto Carlo Mazzone, decano dei tecnici. La Lega ha già deliberato 1′ di silenzio su tutti i campi nella prima giornata di serie A che prende il via oggi. Mazzone ha attraversato oltre 60 anni di calcio italiano, da Ascoli a Livorno passando per Fiorentina, Catanzaro, Roma e Napoli. In tutto 12 diverse squadre ed è ancora oggi l’attuale recordman di panchine in Serie A con ben 792 partite da tecnico.
Inserito nella Hall of Fame del calcio italiano, aveva un grande feeling con Antognoni, ha svezzato il talento di Totti giovanissimo alla Roma ed ha fatto rinascere Baggio al Brescia. Proprio con le rondinelle circa 20 anni si rese protagonista di un episodio cult con la corsa sfrenata sotto la curva dell’Atalanta al termine di un combattutissimo 3-3 in risposta alle offese che gli rivolgeva la curva della Dea.
- Ad Ascoli si fa conoscere, a Catanzaro diventa "sor Magara"
- Mazzone e Totti, storia di un grande amore
- Mazzone e quella corsa sotto la curva
- Mazzone e il rapporto con Pirlo e Baggio
Ad Ascoli si fa conoscere, a Catanzaro diventa “sor Magara”
La sua carriera da allenatore parte ad Ascoli: col presidente Costantino Rozzi forma un duetto inimitabile tra sketch e battute ruspanti. Era giocatore dei marchigiani quando in un derby con la Sambenedettese si fratturò la tibia perché non portava i parastinchi e dovette smettere. Il presidente Rozzi gli disse: “Carlo, non ti preoccupare, guarito o no starai sempre con me”.
Dopo tre anni alla Fiorentina, suo primo grande salto nel calcio delle big, è a Catanzaro che diventa “sor Magara“. Alla vigilia di una difficile sfida contro la Juventus, il giornalista romano, Alberto Marchesi, suo amico, inviato del ‘Corriere dello Sport’, vede gli allenamenti e gli dice: “Carlo, la tua squadra va proprio forte, ma sai che la Juve la potete mettere in difficoltà?”, gli dice. E Mazzone risponde laconico: “Speriamo di riuscirci. Magari!“. Marchesi osserva anche un secondo allenamento e ripete: “Ma sai che siete proprio bravi. Secondo me con la Juve potete pure vincere”. Carletto si illumina e parte la battuta: “Magara!”. “Magara – spiegherà – in romano significa ‘magari’, ma un ‘magari’ che dici di fronte ad una prospettiva davvero bella”.
Mazzone e Totti, storia di un grande amore
Toccò il cielo con un dito Mazzone quando ebbe la possibilità di allenare la sua squadra del cuore, la Roma. Qui trova un giovanissimo Francesco Totti, che già aveva esordito in A l’anno prima con Boskov. E nacque un rapporto rimasto eterno: “Pensavo tra me e me: ‘Questo sa giocà, ma bene bene! C’abbiamo avuto na fortuna… Ma non diciamogli niente, lasciamolo tranquillo che nun se sa mai’…”
Non fece sfracelli con quella Roma, con cui conquistò un 7° posto e 2 quinti posti ma si tolse la soddisfazione, ribaltando i pronostici che davano la Lupa già spacciata, di battere con un sonoro 3-0 la Lazio nel derby del 27 novembre 1994. Al fischio finale il tecnico sfoga la sua gioia e scarica la grande tensione accumulata in settimana con una corsa sotto la Sud, indicando ai tifosi i 3 goal segnati ai biancocelesti.
Mazzone e quella corsa sotto la curva
La sua corsa più famosa resta però quella sotto la Curva dell’Atalanta, il 30 settembre 2001, che gli costerà 5 giornate di squalifica. Il Brescia sta perdendo 3-1 contro gli storici rivali, Mazzone è bersagliato dai cori degli ultras orobici che offendono lui e la sua famiglia. Dopo il momentaneo 3-2, il tecnico pregusta il colpo grosso: “Se famo er tre pari vado sotto la curva dell’Atalanta“. Baggio alla fine pareggia i conti e Carletto, incontenibile, festeggia di corsa sotto la curva dei rivali. Uno sfogo istintivo che spiegherà con un’altra delle sue frasi celebri: “Quello non ero io, ma il mio fratello gemello che la domenica va in panchina al posto mio”.
Mazzone e il rapporto con Pirlo e Baggio
Il Brescia è un’altra delle pagine gloriose della sua carriera: cambierà ruolo a Pirlo inventandolo play, diventerà grande amico di Pep Guardiola che lo ha sempre ricordato e venerato anche quando è diventato un top-coach, invitandolo anche a vedere le sue finali di Champions e soprattutto fece rinascere Baggio.
“Un giorno – racconterà Mazzone – apro il giornale e leggo che la Reggina sta trattando Baggio. Telefono a Cesare Metori, un amico di Roberto, una cara persona che non c’è più e gli chiedo: ‘Ti chiedo un piacere, chiamalo e fammi parlare con lui’. Baggio mi disse che era vero ma che non era convinto perché non voleva allontanarsi dalla famiglia. Colsi al volo l’opportunità e gli chiesi ‘Ti piacerebbe giocare a Brescia?’. Roberto rispose ‘Magari’. Sono stato un allenatore fortunato: vivere il tramonto della mia professione con lui è stata una magnifica esperienza. Gestire Robi è stata una passeggiata. Era silenzioso, educato, rispettoso, umile. Non ha mai fatto pesare la sua grandezza. Era un amico che mi faceva vincere la domenica… Baggio è stato uno dei più grandi calciatori italiani di sempre. Ma è stato più grande come uomo. Sì, lo posso dire: l’uomo supera il giocatore…”.
Non si può non ricordare poi la sua esperienza col Perugia di Gaucci, quando strappò lo scudetto alla Juve battendola nella tempesta di pioggia all’ultima giornata col gol di Calori e regalando il tricolore alla Lazio, o quella al Bologna. Una grande amarezza invece l’esperienza al Napoli. Chiamato per sostituire l’esonerato Mutti se ne andò dopo quattro giornate. Aveva sentito per caso in un ristorante che Bagni, per conto di Ferlaino, stava contattando Galeone (che effettivamente prese poi il suo posto) e se ne andò rinunciando al contratto.