Nell’iconografia del calcio anni Ottanta, la sua immagine trionfa nella memoria collettiva e individuale di quanti riuscirono a comprendere la sua grandezza, i motivi della notorietà di Helmut Duckadam, celebre portiere rumeno capace di un’impresa epica che oggi si è spento a soli 65 anni.
La notizia della sua scomparsa è stata accolta con la malinconia che innescano simili notizie, anche in quanti non hanno vissuto il campione se non attraverso quel che offre il tubo. Per tanti la sua caparbia difesa della porta della Steau Bucarest decise la Coppa dei Campioni, quando ancora si chiamava così, vinta da un paese come la Romania, che quel trofeo non lo avrebbe più vinto.
- Duckadam morto a 65 anni, il mito Steaua Bucarest
- La malattia e le nove operazioni
- Le origini e la Romenia di Ceausescu
- La trombosi alle mani: i sospetti
Duckadam morto a 65 anni, il mito Steaua Bucarest
La notte del 7 maggio 1986, era una di quelle serate che ci concedono ai bambini e alle bambine. Duckadam fu l’eroe assoluto della Steaua Bucarest di Emerich Jenei, la prima squadra dell’Est a strappare il titolo di campione d’Europa, che allo Stadio Ramón Sánchez Pizjuán di Siviglia superò 2-0 ai rigori il Barcellona (già inarrivabile) allenata da Terry Venables.
Se, come disse Andy Warhol, tutti hanno diritto a 15 minuti di notorietà i suoi furono e vanno associati ai 4 rigori parati in quella finalissima che lo resero un protagonista assoluto del calcio dell’epoca con un primato che lo vedrebbe, di diritto, nel Guinness dei Primati.
La malattia e le nove operazioni
Helmuth Duckadam era malato da tempo di cuore e quanto da lui raccontato in questi anni, ha dello straordinario: operato per la nona (e ultima) volta al cuore lo scorso 20 settembre aveva confessato che da 34 anni, era costretto ad assumere per la sua patologia 18-20 medicinali al giorno. Nonostante vi sia, intrinsecamente, una convivenza quasi obbligata con una simile condizione, fatalista, tocca la perdita di un protagonista di quegli anni che decise di trasferirsi ancora giovane, nel 1991, negli Stati Uniti e poi di dedicarsi a un ruolo diverso, in qualità del suo legame con la società.
Un ritiro, tra l’altro, che apparve misterioso o almeno nell’immediato alquanto denso di interrogativi. Il portiere rumeno solo tempo dopo illustrò nei dettagli i tratti del suo quotidiano, la malattia, le medicine.
Le origini e la Romenia di Ceausescu
In effetti, Duckadam – nato a Semlac, nel distretto di Arad, in Transilvania, il 1° aprile del 1959 – inizia a giocare a calcio a livello giovanile nel Constructorul Arad, per poi debuttare con l’UTA Arad nella Divizia A, la Serie A rumena, nella stagione 1978/79. Nelle tre stagioni in cui difende la porta biancorossa mette in mostra le sue qualità e nel 1982 arriva la svolta della sua carriera, con l’acquisto da parte della Steaua Bucarest, la squadra dell’esercito.
Era ancora l’epoca, in Romania, del ‘Cunductador’ Niculae Ceausescu che controllava ogni singolo aspetto della vita economica, politica e sociale del Paese: il calcio non ne era esente dall’esercizio delle finalità autoritarie e della propaganda. Secondo le ricostruzioni e gli articoli degli anni Ottanta, figura chiave era Valentin Ceausescu, il figlio adottivo di Niculae, grande appassionato di calcio che pur figurando in forma palese di fatto manovrava la società.
Il Barcellona è nettamente favorito rispetto alla sorpresa Steaua: lo stadio è completamente invaso dai tifosi blaugrana, mentre i supporters rumeni sono in nettissima minoranza anche a causa delle restrizioni sull’espatrio che vigevano in quel periodo. Partita a senso unico, con la squadra romena che riesce a trascinare ai calci di rigore la corazzata spagnola grazie alle strepitose parate di Duckadam. Un Superman con i guantoni che ne para quattro. Il numero uno della Steaua prima neutralizza i tentativi di Alesanco e Pedraza, poi si ripete sulle conclusioni di Alonso e Marcos.
Dall’altra parte, invece, i compagni di squadra non cedono e centrano: Balint e Lacatus non sbagliano. La Steaua vince per la prima volta nella sua storia la Coppa Campioni con Duckadam premiato come uomo del match, destinato alla storia ma non a un futuro da stella.
La trombosi alle mani: i sospetti
Esplode la sua notorietà, le proposte e le offerte tra questi club c’è anche il Manchester United, che pochi mesi dopo avrebbe ingaggiato come tecnico un certo Alex Ferguson. Proprio lo scozzese inserisce il nome di Duckadam nella la lista dei giocatori da acquistare per la rifondazione dei Red Devils. Nel frattempo, il portiere romeno torna in Patria dove oramai viene considerato, e trattato, come un vero e proprio eroe nazionale. Duckadam comincia a cullare i sogni di una vita: lasciare un Paese travolto ancora dalla Guerra Fredda per trasferirsi in un club che gli avrebbe garantito gloria, fama e ricchezza.
Ma rimane tutto nel possibile, perché rientrato in Romania vien colpito da una trombosi alle mani. I sospetti di moltiplicano e le ipotesi anche, tant’è che la versione che voleva il giocatore vittima di una aggressione “punitiva” venne smentita dal portiere. Il quale ha, invece, affidato alle sue dichiarazioni, la sua esperienza attraverso la malattia, il tormento degli interventi chirurgici e da un epilogo che, oggi, a 65 anni pare di certo prematuro.