Ha allenato in tutta Italia, da Nord a Sud, e detiene il record delle promozioni in serie A (sette con tre campionati vinti) ma Gigi Simoni, scomparso due anni fa dopo lunga malattia per un ictus che lo aveva colpito nel 2019, è legato a tre squadre su tutte, il Genoa – dove fece sbocciare i talenti di Conti e Pruzzo – e Cremonese e Napoli che domani si affronteranno in campionato. E’ la “sua” partita, quella che avrebbe visto col cuore diviso in due senza sapere per chi tifare, quella dove verrà sicuramente ricordato con rimpianto e affetto.
- Simoni uomo d'altri tempi, insegnò la signorilità nel calcio
- Simoni fu amato da tutti i suoi giocatori
- Le imprese di Simoni con la Cremonese
- L'amore di Simoni per Napoli
Simoni uomo d’altri tempi, insegnò la signorilità nel calcio
E’ sempre stato un’eccezione Simoni nello sguaiato mondo del calcio. Da sempre. Un episodio su tutti fa capire che uomo fosse: nel ’68 da giocatore in Torino-Vicenza con un intervento involontario ruppe la gamba al suo ex compagno di squadra Sergio Pini, che dovette presto smettere la carriera. Quando toccò a Simoni appendere le scarpette al chiodo per diventare allenatore, il suo primo pensiero fu per Pini che ricordò: “Mi dette appuntamento sulle colline sopra Firenze per chiedermi se me la sentivo di lavorare con lui, di fargli da secondo. Non ebbi esitazioni. Nel calcio, come nella vita, l’amicizia è merce rara. Dura un attimo. Oggi giochiamo con la stessa maglia, domani siamo avversari. Si tende a dimenticare, spesso prevale l’egoismo. Io ho avuto fortuna, ho trovato Gigi Simoni”.
Lui, che da ragazzino addestrava piccioni viaggiatori («L’ho fatto per molti anni, utilizzando il granaio, e ne ho ricavato grandi soddisfazioni: alcuni hanno fatto centinaia di chilometri per poi ritrovare la strada di casa. Mi piaceva fantasticare sui luoghi dove erano volati») si è fatto amare ovunque, al Pisa come all’Ancona, al Piacenza (nonostante un esonero) come al Brescia dove volle fortemente l’ex Verona Zigoni. Che raccontò questo aneddoto: «Non volevo andare a Brescia ma mi fidavo di Gigi a cui serviva una chioccia. Con Gigi fui chiaro. Gli davo una mano accettando il ruolo di quarta punta, in cambio lui e Pini mi risparmiavano di andare sempre a pranzo con la squadra all’Hotel Ambasciatori. Mi fermavo in una trattoria vicino al centro storico di Brescia e avevo un menù particolare annaffiato da un buon vino. Arrivavo all’allenamento, mi osservava la pancetta e indovinava sempre: coniglio con la polenta e tre quarti di rosso. Ancora oggi mi chiedo chi faceva la spia».
Simoni fu amato da tutti i suoi giocatori
A sentire le testimonianze di chi ha lavorato con Simoni si rischia di riascoltare all’infinito lo stesso disco, perché che sia Ronaldo il Fenomeno o Podavini, le parole erano sempre le stesse: «Mi ha fatto crescere prima come persona, poi come calciatore. Con il mister mi sono arricchito soprattutto sul piano umano. L’educazione, la lealtà, la disciplina, la puntualità. Oggi trionfano il cattivo gusto, la volgarità, l’arroganza. Ma io non dimentico, vado avanti con le regole di Simoni».
Le imprese di Simoni con la Cremonese
Ma veniamo a Cremonese e Napoli. Simoni arrivò a Cremona nel 1992, con all’attivo 3 promozioni in A e un campionato vinto a Carrara in C. Al primo anno vinse subito l’Anglo-Italiano, il trofeo più prestigioso presente nella bacheca grigiorossa. Uno storico successo a Wembley contro il Derby County vinto per 3-1 («La vittoria di Wembley – disse Simoni – la paragono solo alla Coppa Uefa vinta con l’Inter»
La Cremonese con Simoni in panchina ottenne nei 3 campionati successivi 2 brillanti salvezze, facendo esplodere giocatori come Chiesa e Tentoni, retrocedendo al terzo anno, nel 1996 ma la sua storia con la Cremonese non finì lì: nel 2003, nell’anno del centenario, fu nominato miglior allenatore nella storia della Cremonese e dieci anni dopo, nel ruolo di direttore tecnico tornò in grigiorosso per poi diventare presidente della squadra per due anni, fino al 2016.
L’amore di Simoni per Napoli
Dopo Cremona nel ’96 la prima avventura a Napoli. Fa sognare una città per tutto il girone d’andata, chiuso al secondo posto dopo aver dato spettacolo con una squadra senza campioni (inventò Cruz centrocampista e Boghossian libero, faceva scorazzare Turrini a destra, dando libertà a Pecchia a centrocampo) poi si ruppe qualcosa. Moratti lo volle all’Inter, Simoni avrebbe anche rifiutato ma chiedeva un rinnovo biennale a Ferlaino che gli offrì un solo anno di contratto. Alla fine scelse l’Inter (“se vi chiama il New York Times e vi offre tantissimi soldi cosa fareste?” chiese ai cronisti a mò di sfida).
Ferlaino se la legò al dito e lo esonerò per dispetto, togliendogli la soddisfazione di giocarsi la finale di coppa Italia conquistata contro ogni pronostico (e poi persa dal Napoli col Vicenza con Montefusco in panchina) ma poi quando il Napoli stava rischiano la retrocessione in C lo richiamò al posto di Agostinelli nel 2003-2004. Simoni centrò la salvezza poi revocata per il fallimento della società ma anche da lontano non ha mai smesso di tifare Napol. E domani c’è Cremonese-Napoli, la sua partita. Nel nome di Gigi.