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Orsato: "Volevo diventare elettricista". Poi rivela cosa vuol fare adesso. Perchè ha detto no a Rocchi e la lotta al Var

L'ex fischietto di Schio si confessa al Festival dello sport, ricorda i suoi esordi, i suoi miti e la sua emozione. Poi il consiglio ai giovani

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

“Ricordo quando ricevevo la telefonata il mercoledì pomeriggio dove mi veniva comunicata la partita dei dilettanti che avrei dovuto arbitrare, era il momento più bello”. Ospite d’onore al Festival dello sport di Trento Daniele Orsato si confessa. L’ex n.1 degli arbitri italiani, che ha abbandonato il fischietto dopo gli Europei del 2024, ha ripercorso tutta la sua carriera raccontando numerosi aneddoti.

Il sogno di Orsato era fare l’elettricista

Orsato confessa che i suoi sogni da piccolo erano altri: “Tutto volevo fare tranne l’arbitro, a 8 anni giravo con cacciavite e forbici per capire come si accendeva la luce. Ho voluto fare l’elettricista per anni, era la mia indole, ho preso un diploma dopo tre anni. Il giorno dopo mi chiamò un’azienda, andai con la mia vespa, un cinquantino truccato, ed ho realizzato il mio sogno. Un collega lì mi guarda e mi dice: ma tu giocavi a calcio? Vieni a fare l’arbitro. Io dissi: ma l’arbitro è uno sfigato. E lui: non dire così, non potrai mai saperlo se non hai mai arbitrato in vita tua. Lo sfidai, feci un corso arbitri a Schio. Subito chiesi quanto ci volesse per arbitrare in A? Mi guardarono stupiti: guarda che ancora non sei arbitro. A mia mamma però quella sera dissi: mamma io a 16 anni arbitrerò in serie A. Era l’ottobre del ’92. Lo dissi anche a mio fratello. E il 4 luglio del 2006 arrivò la telefonata di Agnolin, che è sempre stato il mio idolo, che mi annunciava che avrei arbitrato in A”.

Il consiglio di Orsato ai giovani arbitri

Orsato ora vuol regalare la sua esperienza ai giovani: “Le tre cose che voglio vedere in un giovane arbitro sono queste: quanta passione ci mette, quanto corre e che rapporto ha con i calciatori. Non voglio però vedere che arbitrino alla Orsato, devono essere se stessi. Se lo dicono mi fa anche piacere perchè vuol dire che stanno scommettendo su se stessi, sbagliando con la propria testa come ho fatto io. Sbagliando con la mia testa ho capito i miei limiti e dove migliorare. Voglio trasmettere ai giovani cosa ho imparato, visto che ho avuto tanti maestri. Di insulti ne ho ricevuti tanti e continuo a riceverli. Dire a un arbitro sei scarso è l’offesa peggiore. In campo dai giocatori non è mi è mai capitato, se fosse capitato sarebbero stati espulsi, dai tifosi sì”.

La playlist con Al Pacino

Orsato non ricorda il suo primo ammonito in A ma appare in video l’ex difensore Leandro Rinaudo che rivela: “Nel 2006 ho ricevuto la sua prima ammonizione in A, voglio ringraziarlo per quello che ha rappresentato per l’Italia”. Poi l’ex fischietto di Schio rivela la playlist che prima delle partite faceva sentire alla sua squadra arbitrale: “Con Giallatini, Carbone, dovevamo avere la stessa faccia, facevo sentire la playlist con Ogni maledetta domenica di Al Pacino”.

Gli aneddoti fioccano (“Per preparare le partite andavo a correre da solo immaginandomi le situazioni della partita, mi prendevano per matto, oggi non puoi arbitrare se non conosci tutto delle squadre, come difendono, chi fa blocco su punizione, tutto”), indimenticabile la sera della finale di Champions del 2020 tra Psg e Bayern: “Mi chiama Rosetti e mi dice: vuoi arbitrare una partita? Rimasi in stanza in albergo e scoppiai in lacrime. Mi vide mio figlio e mi chiese: non mi dire che ti hanno dato la finale di Champions?!. Il problema è che era domenica e Rosetti aveva deciso di ufficializzare la cosa solo giovedì, così dovetti negare”.

Il ricordo del Mondiale

Continuano gli aneddoti di Orsato: “Il Mondiale in Qatar è stato il massimo della mia espressione arbitrale, avevo detto a mia madre che sarebbe stata l’ultima mia competizione internazionale. Al ritorno mi premiarono con il Campanati e lei mi disse: prenditi anche l’Europeo e poi smetti. Prima degli Europei mia madre è venuta a mancare e io mantenni la promessa e ho smesso. Arrabbiato per non aver arbitrato la finale? No, deluso sì“. Sul rapporto con Rocchi dice: “I rapporti non sono mai gli stessi, mi ha chiesto di continuare per stima e amicizia ma la mia decisione era irrevocabile ma quando la testa e il corpo ti dicono di smettere, devi smettere”.

Arriva la torta con le candeline a segnare le 290 partite di A. Ci fu una festa l’ultimo giorno, in Fiorentina-Atalanta, che neanche lui si aspettava: “Non sapevo niente, fu bellissimo”.

Il caos arbitrale di oggi

Si viene al presente e al momento difficile per la classe arbitrale di oggi tra tante polemiche: “Non è confusione, il regolamento è molto a discrezionalità dell’arbitro, lo dicono le regole. Non decidiamo su fatti oggettivi, dobbiamo interpretare ma dobbiamo essere uniformi. Bisogna essere bravi a creare una mentalità uniforme, oggi abbiamo tanti arbitri giovani e ci vuole tempo. Io a fine partita chiedevo agli allenatori di avere pazienza con i giovani. Cosa voglio fare da grande? Trasmettere agli altri quello che i grandi maestri hanno trasmesso a me, so che posso insegnare a Guida, Massa e Mariani che sono i nostri migliori arbitri come migliorare, spiegando cosa facevo io”.

Ultima confessione sul Var: “Mi arrabbiavo quando mi chiamavano al Var ma mi arrabbiavo con me stesso, non col Var, voleva dire che avevo sbagliato qualcosa”.

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