La lunga storia di Sandro Campagna con la pallanuoto va al di là di anniversari e palmares, anche se tre medaglie olimpiche, sei medaglie iridate (una con la Grecia) e sei medaglie continentali fanno breccia tra chi non è appassionato, o addetto ai lavori.
“Ho esordito nel 1982 e, tranne i sei anni passati in Grecia, posso dire che il Settebello e la Federazione sono la mia casa. Sono grato a tutti coloro che mi hanno dato la possibilità di esaudire un sogno che non era affatto scontato: legare il mio nome alla Nazionale. Per questo ringrazio compagni di squadra, dirigenti e allenatori: ho iniziato con il nuoto, poi a 12 anni sono passato alla pallanuoto; sono quasi 50 anni che sono in vasca. Taglio il traguardo con l’entusiasmo di un ragazzino: sto a contatto con i giovani e quindi resto giovane. Il segreto per far crescere i giocatori è togliere in parte il proprio ego, questo fa vedere con occhi diversi anche la vita” esordisce l’ormai 60enne ai canali federali.
La rassegna a cinque cerchi lascia le emozioni più vivide, ma sono altrettanto forti quelle trasmesse dai suoi ragazzi: “Dopo quasi mille panchine dico che il rammarico più grande è la finale alle Olimpiadi di Londra, venivamo dal Mondiale vinto alla grande a Shanghai e abbiamo sfiorato l’impresa contro una Croazia straordinaria, è mancato un briciolo di esperienza; la gioia più grande è stata la vittoria alle Olimpiadi, perchè sono un altro sport. Ciò che più mi emoziona quando inizio un ciclo con la Nazionale sono i ragazzi che hanno dentro la voglia di primeggiare che avevo io. E’ come se nascesse ogni volta un figlio”.
Questi i ricordi che Sandro Campagna ha invece di sè, mescolate alle enormi differenze che lo sport di oggi impone e alle riflessioni sul nuovo corso azzurro: “I nostri sogni erano quasi impossibili da raggiungere. Ricordo il primo viaggio in America o quello in Russia, sembrava di andare in un altro mondo, nessuno lo conosceva, qualche volta si vedeva in tv. Ora è tutto più fruibile e realizzabile per i ragazzi, che corrono il rischio di volere ‘tutto e subito’, perciò nei loro confronti provo a risultare credibile, una carriera esige una crescita. La bandiera a cinque cerchi e Parigi devono essere impresse nella nostra mente, ma dobbiamo vivere bene il presente, perchè se siamo un’ottima squadra ora, dovremmo puntare a divenire superlativi migliorando, attraverso aiuto, disciplina, entusiasmo, umiltà e voglia, l’1 o il 2% di noi stessi; solo migliorando individualmente possiamo crescere di squadra. La testa è il primo elemento da allenare, per fortuna sono cresciuto nell’Ortigia che mi ha insegnato i valori principali, amicizia, capacità di solidarizzare, altruismo e soprattutto l’impegno, i risultati non arrivano certo per caso”.