In una lunga intervista rilasciata a SportWeek parla Pierluigi Collina, il miglior arbitro italiano di sempre e fischietto d’oro alla carriera per France Football. Ora Presidente della Commissione Arbitri della FIFA, Collina parla dell’utilizzo della VAR, di cui da un giudizio positivo:
“Il mio giudizio sulla VAR è estremamente positivo. Sicuramente va perfezionato. Oggi è come un bambino che ha imparato a camminare ma non ancora a correre. Si sbaglia a fare paragoni, a dire che in Italia si usa di più: l’obiettivo è quello di uniformarne l’utilizzo dappertutto. Come? Semplificando. Riducendo i costi e le persone coinvolte”.
Chi meglio di Collina per parlare anche di un’altra questione notoriamente spinosa, ovvero i falli di mano:
“Se noi punissimo solo gli atti volontari, i rigori sarebbero pochissimi. Nessun calciatore colpisce volontariamente il pallone nell’area di rigore. Proprio per questo è stata cambiata la regola: prima la conditio sine qua non era la volontarietà, invece ora è solo una delle condizioni che rendono punibile il contatto tra mano o braccio e pallone. La più ovvia e banale, certo. Ma ci sono altre situazioni dove non c’è dolo, ma colpa, colpa grave. E anche quella va sanzionata. La colpa nasce quando le braccia sono in una posizione che non è giustificata dal movimento del calciatore”.
Non può mancare un commento sulla retromarcia sul far spiegare agli arbitri le proprie decisioni in TV, cosa accolta molto favorevolmente da tutti tranne che dagli arbitri stessi:
“Gli arbitri che possono andare in tv per spiegare le loro decisioni appartengono ad un’élite in grado di sopportare le pressioni, soprattutto le pressioni mediatiche. Pensiamo ad un ragazzino che viene picchiato in una partita delle categorie giovanili, per un rigore o un’espulsione. Lì la funzione dell’arbitro è permettere a dei coetanei di divertirsi insieme, di imparare quel che gli servirà nella vita e cioè il gioco di squadra. Non capire la portata sociale e educativa del ruolo dell’arbitro è gravissimo. Ed è ancora più grave quando a non capirlo sono i genitori”.
Infine, Collina nel corso dell’intervento torna anche a parlare della propria carriera leggendaria:
“Come descrivere il Collina arbitro? Beh, con due aggettivi: partecipe e maniacale. Partecipe, perché ho sempre provato a vivere fino in fondo i momenti della partita. Su Internet può trovare un’ampia gamma di mie espressioni facciali. Ma d’altronde vengo ricordato pure per aver cercato di rialzare i giocatori del Bayern stesi a terra e disperati dopo il secondo gol preso dal Manchester nella finale di Champions del ’99, a Barcellona. Mi sembrò naturale mostrarmi partecipe dello sconforto dei tedeschi che, in vantaggio fino al 90’, avevano subito due gol nel recupero. Maniacale, perché ho sempre curato nel dettaglio la preparazione della gara. E ogni gara è diversa dall’altra: arbitrare il Foggia di Zeman, il cui portiere (Mancini) rilanciava subito il pallone a 40 metri, direttamente sulle punte, senza i tempi morti che precedono la ripresa del gioco consentendo a giocatori e arbitro di riposizionarsi, non era come dirigere una partita qualunque. I grandi arbitri della mia generazione dicevano che bastava conoscere le regole ed essere allenati. Non è così: devi conoscere anche come gioca una squadra, per non restare sorpreso davanti ai suoi movimenti tattici collettivi o di un singolo giocatore. E la cosa peggiore che può succedere a chi è chiamato a prendere decisioni è restare sorpreso. Non si può mai dire: «ho sbagliato perché non me l’aspettavo». Bisogna essere preparati a tutto ciò che di prevedibile può capitare. Poi, se un meteorite cade al centro del campo…”.