La fama, la gloria, il piacere di calciare un pallone ed essere pagati per farlo. Poi, d’improvviso, tutto può diventare buio. Colpa di una carriera che può rivelarsi meno fruttuosa del previsto, o magari degli infortuni, o magari, come nel caso di Ricardo Kishna, di un mix di circostante sfortunate dentro e fuori dal campo.
Kishna oggi ha 25 anni (ne compirà 26 a gennaio). Fa parte della rosa dell’ADO den Haag, in Eredivisie, dov’è tornato a fine agosto dopo la conclusione definitiva dell’esperienza alla Lazio. Ma non gioca praticamente mai. Troppo gravi i problemi affrontati recentemente dal mancino nella propria vita privata: attacchi di panico, depressione, paura di morire. Un tabu nel mondo del calcio. Ma non per lui, che ha deciso di raccontare la propria situazione a ‘Andy Niet te Vermeijde’, il programma dell’ex nerazzurro Andy Van der Meyde.
“Nel calcio è una specie di tabù raccontare che si sta male. Siamo tutti uomini, vogliamo tutti avere successo. Ma ci sono anche momenti in cui le cose non vanno come dovrebbero. Penso che sia molto importante condividerlo”.
Il momento più duro, Kishna lo ha trascorso durante la lunga convalescenza per la rottura del crociato rimediata nel settembre del 2017. Un anno e mezzo di stop caratterizzato, come se non bastasse, da problemi di relazione con il padre. “Sono stato davvero depresso. Ogni notte, quando ero a letto, non osavo chiudere gli occhi perché avevo paura di non risvegliami. Mi sentivo seriamente come se stessi morendo. Dovevo prendere farmaci per essere in grado di affrontare normalmente la giornata”.
“Non potevo più prendermi cura della mia famiglia e mi sono trasferito, ho vissuto da un’altra parte. Ero davvero intrattabile in quel momento. Le mie relazioni si sono rotte, quasi tutto si è rotto. Se non riesci a vivere con te stesso, allora ti sfoghi con gli altri”.
Un racconto drammatico, una discesa negli inferi raccontata nel dettaglio da Kishna. Con tanto di viaggio in Germania per sottoporsi a un’accurata visita medica. “Sono impazzito. Pensavo di avere un tumore alla testa, un infarto, un ictus. Ho fatto una scansione della testa, del cuore e dei polmoni per escluderlo. Il punto più basso è stato quando ho pensato: ‘Se sto così male, non voglio più vivere. Non posso vivere con tutto questo’. Non volevo suicidarmi, ma pensavo davvero di non poter convivere con tutto quel dolore. Il mio psicologo mi ha detto: ‘Hai attacchi di panico’. Pensavo fosse pazzo. Ma mi ha elencato 50 sintomi di attacchi di panico e io ne avevo 38”.
Kishna sta faticosamente tornando alla realtà: da qualche tempo è tornato ad allenarsi in gruppo con l’ADO den Haag e ora spera che il suo momento possa arrivare presto. Intanto, l’ex laziale lancia un monito ai giovani: mai sottovalutare il demone della depressione. “Ho sentito storie di ragazzi che dovevano prendere delle pillole prima di ogni partita. La cosa peggiore è che non si può controllare. Ecco perché penso che sia così importante raccontarlo. Quando succede qualcosa del genere, parlatene e chiedete aiuto”.