«Avevo appena firmato il contratto con la Juventus. Tutto era sistemato. Il presidente Boniperti mi disse che nel club c’erano delle regole e una disciplina ben precise: io non parlavo molto bene italiano e faticavo a capire. Lui me lo spiegò meglio, facendo il gesto della forbice sui capelli: dietro la porta c’era già un barbiere per me, prima della presentazione alla stampa. Ne approfittai e alla fine grazie alla Juve ero anche più bello di prima…». Rui Barros racconta così il suo primo approccio alla Juventus, dove arriva il 22 luglio del 1988, proveniente dal Porto. Era noto per la sua capigliatura lunga e folta, che però in bianconero non si vide mai. Questione di stile-Juve. Il piccolo portoghese (1,63 con metri generosi) oggi compie 53 anni ma resta ancora nel cuore di tanti tifosi per le sue giocate fantasiose, il suo altruismo anche se il suo periodo bianconero non coincise con gli anni d’oro della Signora.
IL RUMORE DELL’ELICOTTERO – «Ero un po’ spaventato -ha ricordato lui – avevo solo 22 anni e per me era la prima volta all’estero, in una squadra molto forte. Ma presto sono stato travolto dall’affetto dei tifosi. Poi ricordo il rumore dell’elicottero, che spesso precedeva l’incontro con l’Avvocato Agnelli : che carisma che aveva. Per la Juve era un periodo di transizione: dopo l’epoca di Platini e Boniek credo fossimo 9 nuovi giocatori. Con Zoff siamo tornati a vincere e fu fantastico. L’unica amarezza è stata non conquistare lo scudetto. Ma vedere gli stadi sempre pieni per noi è una cosa che non si dimentica». Da ragazzino non è stato facile per lui, veniva scartato per l’altezza e mandato in giro per giocare e fare esperienza. Di prestito in prestito, passando per la squadra di Reibordosa e Pasos arriva a disputare nel 1986 il campionato di seconda divisione portoghese con la maglia del Covilhã. Ma solo nel 1987 avviene la definitiva esplosione: passa al Varzim e con otto reti in ventidue partite convince il Porto a riportarlo alla base per sostituire un autentico mito come Paulo Futre passato all’Atletico Madrid.
LA CARRIERA – Rui non tradisce nell’anno d’oro del Porto disputa 34 partite segnando 12 gol, contribuendo in maniera determinante ai successi della squadra che si aggiudicherà campionato, coppa, Coppa Intercontinentale e Supercoppa europea, segnando nella finale d’andata di quest’ultima il gol decisivo contro l’Ajax, tanto da venir eletto Calciatore portoghese dell’anno. Il 24 febbraio 1988, a Lisbona si gioca Portogallo – Italia, valida per le qualificazione olimpiche; allenatore della Nazionale Olimpica è Dino Zoff, il quale si accorge subito delle sue doti e quando di lì a breve diventa allenatore della Juventus, fa il suo nome come primo rinforzo per la squadra bianconera. Si ricorda una delle sue prime dichiarazioni: «Sì, è vero, sono stato molto fortunato, potevo finire a tagliare legna, invece faccio i goal nel campionato più bello del mondo e nel mio paese sono un idolo. Io, però, non perdo mai la misura della realtà, per questo continuo a stare con i piedi per terra, ad allenarmi con umiltà e serietà. Il calcio è un mondo fantastico, ma ricco di insidie». Nella sua seconda stagione alla Juve contribuisce in modo determinante alla doppia vittoria in Coppa Italia ed in Coppa Uefa. Alla fine, saranno 94 partite con 19 goal. Sarà ceduto a fine anno al Monaco, dove resterà per tre stagioni. Successivamente passa al Marsiglia ma non furono anni felici infatti, nonostante il secondo posto in campionato fu retrocessa in seconda divisione a seguito del procedimento giudiziario. Rui terminerà la stagione con 17 presenze a 4 reti. Nell’estate del 1994 tornerà per la terza volta al Porto dove disputerà le ultime stagioni della sua carriera. Nel 1999 all’età di 34 anni appenderà ufficialmente gli scarpini al chiodo.