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Sebastian Vettel durissimo con la F1: "Cambiare o morire"

Il 4 volte iridato Sebastin Vettel ha subito nel corso degli anni una profonda svolta ecologista, che lo ha portato a prendere posizioni anche scomode su molte tematiche fondamentali. Motorsport.com lo intervista su qyesto, e Seb è durissimo con la F1.

12-10-2021 11:40

Sebastian Vettel durissimo con la F1: "Cambiare o morire" Fonte: Getty Images

Sebastian Vettel ha iniziato la propria avventura in F1 ormai 15 anni fa, e da allora ne sono successe di cose. 4 titoli Mondiali consecutivi al volante di una Red Bull invincibile (2010, 2011, 2012, 2013), poi il sogno di guidare la Ferrari dell’idolo Schumi, dove però non è stato in grado di ripetere il dominio precedente. Poi la fine dell’avventura in Rosso e l’arrivo nella nuova scuderia Aston Martin. Insomma, tra tutti i piloti F1 Vettel è sicuramente uno dei più esperti al pari di Hamilton, e anche e soprattutto uno dei più impegnati a livello politico e umanitario.

Da anni infatti il campione teutonico ha sposato alcune cause molto importanti, come quella ecologista e quella legata ai diritti umani e alle rivendicazioni LGBT. L’alfiere tedesco ha concesso una lunghissima intervista a Motorsport.com, nella quale oltre a raccontare molto di se attacca duramente la F1 e la incita ad un cambiamento radicale ed immediato se vuole sopravvivere come regina del Motorsport. Queste le sue prime parole sul suo impegno:

“Quando mi viene posta una domanda rispondo, non ho problemi a dire quello che penso. È la mia opinione, non mi aspetto che tutti siano d’accordo, ma sono contento e interessato a difendere ciò che penso. Allo stesso tempo credo che sia interessante anche ascoltare opinioni differenti, fa parte del processo di crescita”.

Dopo di che inizia l’attacco alla F1, una categoria che secondo Seb dovrebbe sposare più cause umanitarie e non pensare solo a risultarti e classifiche:

“La cosa deludente per me è che nel tempo abbiamo avuto tanti esempi di cose sbagliate, eppure siamo così lenti a parlare e reagire, come accade anche nella stessa Formula 1 quando si parla di cambiamenti. È come quando si ripete lo stesso errore più e più volte, la cosa brutta è che in Formula 1 si discute solo di risultati, perdi alcune posizioni, perdi dei punti, perdi un’opportunità, alla fine non vinci il campionato per quello, ma importa davvero? Nel mondo reale stiamo facendo del male a delle persone non prendendocene cura, e questo ha un enorme impatto sulle loro vite, non sono un risultato o dei punti o un campionato, ma parliamo della vita di tante persone e del loro futuro. Quando parlo di questo tipo di cose, non so, forse è un sentimento di giustizia quando vedo cose ingiuste, quindi sono felice di parlarne”.

La sostanza del discorso di Vettel è che la F1 non sta facendo abbastanza per migliorare le cose nel mondo, predica uguaglianza e diritti umani e poi corre in luoghi (vedi Arabia Saudita, ma non solo) nei quali i diritti umani non sono gli stessi per tutti. E allora cosa? Sventolare una bandiera e basta? Seb su questo punto è davvero critico:

“Penso che ci siano alcuni argomenti che sono di fatto troppo grandi ed importanti per essere trascurati. Penso che siamo tutti d’accordo nel dire che non importa da dove vieni se si parla di trattare tutte le persone allo stesso modo. Ovviamente so che ci sono nazioni con paesi, culture e governi diversi, anche se non sono un esperto da poter dire di conoscere tutti le nazioni, ma ci sono alcuni aspetti in certi paesi che penso di conoscere”.

“Oggi facciamo tappa in certe nazioni e stendiamo un enorme tappeto con dei bei messaggi sopra, ma credo che ci voglia più che parole, penso che ci vogliano azioni. Non so esattamente quale sia il modo migliore, ma non è solo questione di esporre una bandiera che sventola in pista per un paio di minuti, bisogna chiedersi: qual è l’azione migliore che si può fare? Sento che il nostro sport potrebbe esercitare molta pressione e potrebbe essere di grande aiuto per diffondere ancora di più l’equità in tutto il mondo”.

“Penso che qualsiasi forma di separazione sia sbagliata, come sbagliato è giudicare delle persone o applicare delle leggi solo perché capita di amare un uomo anziché una donna, o viceversa. Se immagino ad un mondo uniformato, in cui tutti vivono e pensano allo stesso modo, beh, sarebbe un mondo noioso, l’umanità non andrebbe avanti”.

“Immaginiamo una Formula 1 con macchine tutte identiche, diventerebbe noiosa, non ci sarebbero progressi, dietro un progresso c’è la voglia di cambiare e di progredire, forme diverse, colori diversi, idee e soluzioni diverse. E lo stesso vale per noi. Penso che ci siamo evoluti così tanto come specie umana, perché siamo tutti diversi in un certo senso, e penso che dovremmo celebrare la differenza, piuttosto che averne paura”.

Dopo di che ecco l’attacco più duro al circus. La maggior critica rivolta a Seb e quella di fare l’ecologista ma poi di correre in una categoria che non è proprio “verde”. Vettel è preparato a questo, ma sostiene che la F1 non lo sia, e predica un cambiamento se vuole sopravvivere nel futuro:

“Certo, ed è un’affermazione valida perché la Formula 1 non è ‘verde’. Stiamo vivendo in un’epoca che ci mette a disposizione innovazioni e tecnologie che possono permetterci di rendere ecologica anche la Formula 1, e farlo senza andare a scapito dello spettacolo, della velocità, della sfida e della passione”.

“Abbiamo a disposizione tanti professionisti con grande intelligenza e potere ingegneristico, e sono certo che potremmo trovare molte soluzioni. Se penso ai regolamenti attuali, dico che sono molto entusiasmanti, con un motore super efficiente, ma di fatto è inutile, perché non sarà mai una tecnologia che sarà a disposizione tra due anni sulle vetture stradali. Quindi credo che ci si debba porre la domanda: qual è la rilevanza di tutto ciò?”.

“Oggi alcune persone stanno discutendo del futuro del nostro sport in termini di regolamenti tecnici e potrebbero decidere ed avvallare un cambiamento rilevante, che secondo me sarebbe una buona cosa per la Formula 1, ed è anche una cosa vitale. Se non sarà così, non sarò ottimista, penso che la Formula 1 scomparirà. E probabilmente per dei buoni motivi, perché siamo nella fase in cui siamo coscienti di aver commesso degli errori e non abbiamo più tempo per continuare a commetterne altri”.

Infine, Motorsport.com chiede a Seb quali siano, secondo lui, i cambiamenti da adottare per migliorare la F1:

“Non ho tutte le risposte, ma abbiamo molti ingegneri e credo che se parliamo di mobilità potremmo contribuire a trovare una soluzione. Oggi ci sono più di 1 miliardo di auto nel mondo che vengono alimentate con combustibili fossili ogni giorno, ed abbiamo anche aerei e navi alimentati con combustibili fossili”.

“Trovare una vera alternativa per questi mezzi di trasporto è una delle grandi sfide per il futuro, che sia elettrificare o trovare un propulsore a idrogeno, o forse qualcos’altro che qualche uomo o donna intelligente inventerà in futuro”.

“Credo che la Formula 1 abbia un’enorme possibilità per spingere nella direzione dei carburanti sintetici introducendoli il prima possibile, anche se alcune regole sono già state decise. Non abbiamo tempo per parlare di interessi personali di uno specifico costruttore, c’è qualcosa di molto, molto più grande in gioco, e credo che potremmo usare le nostre risorse, vale a dire il know-how che la Formula 1 possiede con tutte le persone intelligenti che lavorano in questo mondo, con le risorse, le strutture e anche i capitali che questo sport può stanziare”.

“Non dimentichiamo quanto è stato speso in quasi dieci anni su un motore che è super efficiente e potente, ma che sostanzialmente non ha alcuna rilevanza per le prossime generazioni di auto stradali. Probabilmente ogni Costruttore ha speso più di un miliardo (di euro) per sviluppare il concetto di motore attuale nel corso negli anni, somme che possono essere stanziate nuovamente per un nuovo progetto in linea con una giusta causa”.

“Se penso a questa situazione dico: non so esattamente quale sia la soluzione migliore, ma credo che dobbiamo iniziare a fare qualcosa piuttosto che discutere per altri cinque anni, un periodo nel quale di fatto non avverrà nulla di concreto”.

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