Serena Williams non teme di mostrarsi per quelle debolezze, quelle emozioni che l’hanno resa l’emblema di un tennis esemplare, potente di una umanità sconosciuta. Un groviglio di strappi, di offese, di rivalsa sociopolitica che Serena, con al fianco sua sorella Venus, ha interpretato meglio di chiunque altro nello sport fino ad allora mai dominato da una tennista afroamericana. Le lacrime di Serena Williams, in conferenza stampa dopo l’uscita di scena dagli Australian Open nella declinazione restrizioni Covid, hanno annunciato l’inevitabile, l’ovvio che per gli altri si sarebbe già consumato e contro cui lotta – fiera e orgogliosa – la Williams. Lo spettro del ritiro è solo una eventualità, concreta ma pur sempre un limite che mai la più talentuosa tennista di sempre ha ritenuto di dover subire.
Australian Open, le lacrime di Serena Williams in conferenza stampa
Naomi Osaka ha interrotto il suo percorso agli Australian, ma non è per lei che piange, Serena. “Se è un addio? Se dovessi dire addio non lo direi a nessuno”, ha detto decidendo di abbandonare la sala stampa. Non che il prima fosse stato semplice, per lei e sua sorella Venus, cresciute nella disciplina e nel talento della perseveranza da un padre altrettanto tenace nel ritenere dovuto alle loro qualità il sacrificio.
Serena è la prima in tutto: il suo talento unito alla forza mentale e alla concentrazione inarrivabili le hanno consentito di superare ogni pregiudizio in un contesto, quello tennistico, in cui ha dovuto prendere quanto ad altri sarebbe stato donato, senza remore.
La morte violenta della sorella Yetunde
Ha affrontato i pregiudizi, le offese più che gratuite e il dolore incaccelabile per la morte violenta di sua sorella Yetunde, nel settembre del 2003. Serena e Venus erano già affermate protagoniste del circuito e quando vennero informate della tragica scomparsa della sorella reagirono con coraggio, ma furono sopraffatte dalla sofferenza.
Dieci minuti prima di scendere in campo, al torneo di San José, Serena era venuta a sapere su Instagram che l’assassino della sorella, uccisa in uno scontro a fuoco, era stato rilasciato sulla parola.
“Non riuscivo a togliermelo dalla mente – ha spiegato al Time – E’ stata dura perché pensavo ai suoi tre figli, a quanto significhino per me e a quanto gli voglio bene”.
Robert Maxfield, nel settembre del 2003, aveva sparato e colpito alla nuca Yetunde, uccidendola. Nel 2006 l’uomo, appartenente a una gang, era stato condannato in via definitiva a 15 anni di prigione ma dopo 12 anni è stato scarcerato per buona condotta.
Un dolore immenso, affrontato con il supporto di specialisti che hanno consentito alle sorelle Williams di continuare la loro vita, ma con una visone stravolta e la decisione di un impegno non più simbolico.
Vittima di sessismo e bodyshaming, gli esempi disturbanti si sono susseguiti con inspiegabile frequenza, anche in tempi recenti. Esempio, probabilmente, di quanta resistenza, culturale e sociale, abbia riservato il suo percorso a Serena Williams, la miglior tennista di sempre.
I pregiudizi nei riguardi di Serena Wiliams e le frasi sessiste
A formulare queste frasi che hanno riaperto quella voragine a cui accenniamo è stato un grande ex del tennis mondiale, Ion Tiriac. Ex tennista di talento abnorme, ottimo doppista, ma anche ex giocatore di ping pong e hockey con trascorsi sportivi e imprenditoriali notevoli dopo il ritiro dall’attività agonistica. Oggi ricopre un ruolo apicale nella Federtennis romena, dopo aver accumulato un patrimonio abnorme complice la sua capacità di intercettare talenti come Goran Ivanisevic e Boris Becker e l’aver fondato la prima banca privata della Romania post comunista.
Tiriac, a più di 80 anni, è il presidente della Federtennis della Romania e il proprietario del ricco torneo di Madrid, il Mutua Open. Una voce autorevole, insomma, ma che ha espresso pareri su Serena dai toni ancestrali e velatamente sessisti intervistato dalla trasmissione Network of Idols, trasmessa dal canale Tvr, televisione pubblica romena.
“A quell’età e con il peso che si porta addosso, Serena non si muove più agilmente come faceva una volta — ha detto Tiriac in tv —. È stata una giocatrice sensazionale ma se avesse un minimo di decenza, si ritirerebbe! Decenza da ogni punto di vista…”.
Sul concetto di decenza era intervenuta anche la conduttrice, Irina Pacurariu, prima di un numero imprecisato di tifosi e colleghi che ne hanno esaltato le qualità tennistiche e difeso la qualità allontanando il pregiudizio, in una fase così delicata. Come se, poi, fosse la prima volta: “Con tutto il rispetto, se Serena pesa 90 chili io vorrei vedere qualcun’altra. Qualcuna tipo Steffi Graf…”. Una frase forse peggiore che il miliardario indirizzò a Serena anni addietro.
La replica di Serena Williams e di suo marito
Oggi commentiamo una semifinale combattuta a 39 anni da serena con tattica e intelligenza, oltre a qualità tecniche. Una replica dal campo che mette a tacere chiunque e che si abbina, perfettamente alle parole spese da Serena per il New York Times:
“È un commento ignorante e sessista, che proviene da un uomo ignorante e sessista”, la sua replica.
Una risposta che voleva accollarsi ancora l’onere di respingere una mentalità e di modificarla, anche con simili affermazioni contro cui la campionessa aveva lottato da sempre.
Un concetto ribadito anche dal marito di Serena, l’imprenditore Alexis Ohanian, padre della sua bambina di cui era incinta quando vinse l’Australian Open nel 2017. Un evento senza precedenti.
E che testimonia quanto sia unico, doverso e complicato essere Serena, ma quanto abbia contribuito ad allontanare le ombre del pregiudizio, del sessismo e l’oscurantismo ancora presenti.
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