È un lampo nella notte, un’incisione nella storia, la danza del destino. Calhanoglu spostato con forza. Barella e Mkhitaryan storditi da una pazzesca ruleta prima di un ultimo inganno, un movimento appena accennato ma decisivo con il corpo prima dell’assist in caduta che sfida le leggi dell’equilibrio, eludendo il disperato assalto di Acerbi e Carlos Augusto.
Impossibile non partire dal principio, da dove tutto ha origine, da dove un atto di pura bellezza calcistica decide la gara più attesa dell’anno, quella che racchiude in sé la rivalità per eccellenza del calcio nel nostro Paese: il derby d’Italia. In pochi istanti, il genio di Kolo Muani disegna in un fazzoletto tutto il bello del calcio. L’imprevedibilità, la magia, la ribellione alle logiche scritte. Un gesto che spacca la partita, ne sovverte il destino e spalanca la porta al colpo letale di Conceição. Un gol che può avere sprigionato una forza in grado di ribaltare un’intera stagione, quella di una Vecchia Signora fino a ieri sera ancora alla ricerca di una nuova identità.
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Il giovane portoghese non si fa pregare. Controlla con la freddezza dei predestinati, apre il piatto e con un mancino chirurgico trafigge Sommer. Vano il tentativo in scivolata di Pavard di fermare l’inevitabile. Perché il fato ha già scelto. La palla si insacca, il destino è scritto. La Juve trionfa, l’Inter vede sfumare ancora una volta il sorpasso al Napoli, frenato dal terzo pareggio consecutivo, ma per inerzia ancora capolista.
Nello scontro con Golia, i bianconeri di Motta si ridestano, i nerazzurri di Inzaghi si leccano invece le ferite, vittime di una maledizione portoghese che porta un solo nome: Conceição. Ci aveva pensato il grande ex, Sergio, con il suo Milan ancora convalescente nel derby in terra araba e in quello in campionato. Ci ha messo lo zampino Francisco, detto “Chico”, bravo a farsi trovare nel posto giusto al momento giusto. È il terzo portoghese a segnare all’Inter in bianconero in campionato dopo Cristiano Ronaldo e Rui Gil Barros. La storia è scritta.