Al netto di qualche critica in alcuni momenti difficili, l’allenatore portoghese Paulo Fonseca sta facendo un ottimo lavoro alla Roma, con una costante crescita che in questo momento ha portato i giallorossi a essere subito a ridosso delle prime in campionato e a un passo dai quarti di Europa League. Il suo gioco verticale e il fatto di aver trovare alcuni giocatori molto funzionali al suo gioco (Pellegrini e Veretout su tutti), gli stanno garantendo apprezzamenti e fiducia da parti di tifosi e società.
In una bella intervista a Forbes, il tecnico ex Shakhtar ha raccontato i propri segreti:
“Per essere un buon manager è fondamentale essere vero, onesto, entusiasta, oltre a essere un grande motivatore. Per dirigere un gruppo serve capacità di adattamento, la nostra leadership deve essere adattata alle caratteristiche delle persone che guidiamo, degli obiettivi del team. Per un allenatore è importante avere delle caratteristiche da leader forte, ma la leadership si può anche lavorare. Un consiglio che posso dare è che se vuoi guidare un gruppo e motivarlo, devi farlo con onestà. Penso che essere sempre veri sia fondamentale, solo così le persone ti rispetteranno di più. Un’altra caratteristica importante è il saper ascoltare. Ovviamente poi le decisioni vanno prese sulla base di ciò in cui crediamo, ma saper ascoltare gli altri è molto importante per la nostra crescita”.
Nonostante tutti i complimenti, questo non basta ancora al tecnico giallorosso, che sembra essere mosso da un obiettivo e uno solo: vincere, vincere, vincere:
“Quando si inizia l’obiettivo è sempre quello di raggiungere le squadre migliori del tuo paese, ora posso dire di aver raggiunto una delle migliori d’Europa. Ma voglio vincere dei titoli, dei campionati nazionali e delle competizioni europee. Ma, nonostante questo, la mia ambizione è soprattutto quella di non perdere mai la passione per la mia professione, svegliarmi ogni giorni motivato ed entusiasta […] Nei momenti difficili la reazione dipende molto dalla personalità, non c’è una regola assoluta. L’importante è affrontare le situazioni difficili e prendere decisioni tenendo in considerazione il bene della squadra”.
Il tecnico ha lavorato, nel corso della sua carriera, in ambienti molto diversi. In Ucraina l’obiettivo primario era valorizzare la rosa in modo da fare plusvalenze e continuare a giocare la Champions, alla Roma sono molto più esigenti sugli obiettivi a breve termine:
“Le cose cambiano, a partire dal nostro modo di adattarci per questioni culturali. Anche se Portogallo e Italia, essendo paesi latini, hanno un modo di vivere, sentire e amare il calcio molto simile. L’Ucraina, invece, è un paese con una mentalità diversa, dove però mi sono adattato molto bene. Noi allenatore dobbiamo capire velocemente il paese in cui lavoriamo perché si lavora anche con i modi diversi di vedere la nostra professione, di viverla, di criticarla e valorizzarla”.
Per finire, viene ricordato come Fonseca, prima di allenare, è stato anche un giocatore. Ma tra le due professioni, non ci sono dubbi su quale sia la sua preferita:
“La responsabilità dell’allenatore è totalmente diversa. Prima mi allenavo e non mi preoccupavo di altro, ora non è così. Passiamo tante ore a pensare, realizzare, progettare, ma devo dire che fare l’allenatore mi piace molto di più, è un piacere e una soddisfazione incomparabile”.