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Sinner e doping, da Wawrinka nuovi veleni: "Tutto si riduce ad avere un avvocato bravo"

Lo svizzero, che già nelle scorse settimane era stato molto critico nei confronti di Jannik, ITIA e WADA, insiste: parole di fuoco sulla gestione del caso Clostebol.

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Rino Dazzo

Rino Dazzo

Giornalista

Se mai ci fosse modo di traslare il glossario del calcio in una nicchia di esperti, lui ne farebbe parte. Non si perde una svista arbitrale né gli umori social del mondo delle curve

La sospensione di tre mesi concordata con la WADA sta per terminare, finalmente. Jannik Sinner è atteso al rientro tra poco più di una settimana, a Roma, davanti ai tifosi italiani, in una delle edizioni degli Internazionali più attese di sempre. Proprio grazie alla circostanza legata al suo rientro. Il numero 1 della classifica ATP, che proprio oggi ha lanciato la Fondazione Sinner a sostegno di bambini e giovani atleti, è talmente più forte degli avversari da aver mantenuto a debita distanza sia Zverev sia Alcaraz nonostante il lungo stop. Ma il rosso di San Candido ha altri nemici da fronteggiare, chissà ancora per quanto: la diffidenza, il sospetto, le maldicenze.

Sinner e il caso Clostebol: quante critiche

Sin dall’inizio, la vicenda legata alla positività di Jannik al Clostebol durante il Sunshine Double dello scorso anno tra Indian Wells e Miami ha diviso addetti ai lavori, tifosi e appassionati. In tanti hanno espresso critiche all’ITIA, per l’atteggiamento giudicato troppo “leggero” nei confronti di Sinner, e alla stessa WADA per l’accordo di tre mesi coi legali del campione. In Italia le critiche sono arrivate per motivazioni opposte, soprattutto nei confronti dell’agenzia mondiale antidoping: perché fermare per tre mesi un campione di cui è stata accertata la buona fede, soltanto per una “negligenza” rispetto al comportamento inopportuno di altri?

Wawrinka: “Il caso Sinner ha tolto credibilità al tennis”

Tra quelli che si sono espressi pubblicamente “contro” Sinner e hanno manifestato più in generale delle perplessità sulla gestione della vicenda c’è Stan Wawrinka, il 40enne svizzero un tempo tra i top del tennis mondiale e ora al capolinea di una lunga e onorata carriera. Dopo l’accordo tra Jannik e WADA, Wawrinka aveva tuonato su X: “Non credo più in uno sport pulito”. Nei giorni scorsi è tornato sull’argomento, senza ritrattare nulla. Anzi, insistendo e lanciando nuovi veleni. “Cosa c’è di sbagliato nel caso Sinner? Mah, il modo in cui è stato gestito, la comunicazione. Il fatto che non si sia saputo qualcosa fin dall’inizio. In questo modo si toglie credibilità a quello che succede”.

La frecciata a Jannik: “Basta avere un avvocato bravo”

E non è tutto. Quelle di Wawrinka sembrano le stesse posizioni di Nick Kyrgios, Serena Williams o Federica Pellegrini, insomma di sportivi perplessi (eufemismo) per la presunta disparità di trattamento tra la vicenda Sinner e altre: “L’abbiamo visto nei casi negli ultimi anni – le parole di Wawrinka – Alcuni sono stati sospesi due anni perché si sono dimenticati di comunicare esattamente un indirizzo… Si è gestita la cosa in un modo che secondo me fa del male al tennis, perché alla fine ci si chiede qual è la battaglia che si sta cercando di vincere. Se si cercano davvero i giocatori positivi o alla fine si riduce tutto ad avere un avvocato bravo che ti fa uscire nel miglior modo possibile”.

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