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Tamberi tuona: "Il salto in alto logora, chiuderò a Parigi"

Il campione di Tokyo: "Vincere dopo l'infortunio era un'ossessione, non so come avrei reagito se non ce l'avessi fatta; il mio sport è il basket, da quello sono nate le incomprensioni con papà".

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Tamberi tuona: "Il salto in alto logora, chiuderò a Parigi" Fonte: Getty Images

Si è confessato ai microfoni di Gianluca Gazzoli, nel podcast “Passa dal BSMT”, il campione olimpico Gianmarco Tamberi, stella del salto in alto: “Mi sto allenando forte in vista della fase finale della mia carriera, non so se saranno solo due anni di atletica al massimo livello, ma so che Parigi 2024 sarà la mia ultima rassegna a cinque cerchi; questa disciplina logora, basti pensare che nessuno ha vinto due vole la medaglia d’oro olimpica. Il salto in alto impone un elevato dispendio di energia nervosa”.

E’ l’aspetto mentale che fa la differenza: “Nel salto in alto la componente mentale è fondamentale, chiaramente devi stare bene fisicamente, ma serve essere predisposti a superare i tuoi limiti, centimetro dopo centimetro; questo esige un grande impegno psicologico. Tra Rio de Janeiro e Tokyo per me sono stati cinque anni difficili, vincere dopo l’infortunio per me era una sorta di ossessione; non ero sereno, pensavo solo a prendermi la rivincita, ma c’era, oltre all’aspettativa di fare bene, la paura di non essere pronti e tanta pressione, ma la sono riuscita a gestire. Davvero non so come avrei reagito in caso di fallimento sportivo”.

La separazione dal padre allenatore non è stata un fulmine a cielo sereno: “La nostra incomprensione nasce a causa della pallacanestro, lo sport che ho sempre amato; l’ho sempre praticato e, anche quando ho cominciato a 17 anni a praticare il salto in alto e capito che ero un talento, giocavo a pallacanestro in un campionato. Papà mi ha imposto nel 2014 di scegliere tra salto in alto e pallacanestro e l’ho presa come un tradimento da parte sua, perché avevo dovuto rinunciare allo sport che amavo; per un mese mi sono allenato da solo, poi ho accettato le sue regole e sono diventato un vero professionista. Non ci sono stati motivi particolari, ma siamo sempre stati su punti di vista differenti e adesso ho un altro allenatore, dopo aver provato a stare ancora con lui l’anno post-olimpico”.

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