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Tennis, ATP Finals Torino 2023: Sinner e Djokovic, il faccia a faccia più atteso

Nitto ATP Finals, lo scontro diretto tra Sinner e Djokovic visto da un punto di vista tecnico: la forbice tra i due si è ridotta, con Jannik migliorato tanto al servizio e a livello fisico

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Tutti la volevano, tutti la sognavano. Sinner contro Djokovic alle Nitto ATP Finals è davvero la partita che può cambiare la storia del tennis italiano. Lo sarebbe ancor più se dovesse essere riproposta due volte nell’arco di 5 giorni, perché significherebbe che i due, oltre che martedì nel round robin, incrocerebbero gli occhi anche nella finalissima in programma domenica 19 novembre, quella che metterà in palio il torneo che chiude la stagione del tennis ad alto livello.

Una sfida che gli appassionati speravano di vedere, anche se negli ultimi due anni e mezzo è già andata a referto tre volte, ed ognuna di queste ha sorriso ha Djokovic (ma mai sul veloce indoor). Ma Sinner in questo autunno magico, dove ha vinto a Pechino e poi pure a Vienna battendo in finale in ambedue le situazioni Medvedev (che era avanti 6-0 nei precedenti prima delle due finali recenti), ha dimostrato di poter andare oltre i propri limiti. E forse la sfida (si spera doppia) contro il serbo arriva nel momento migliore possibile.

“Le partite che ti servono per alzare il livello”

A Torino il pubblico sarà tutto dalla parte di Sinner. Che per provare a sfiancare le granitiche certezze di cui dispone Djokovic dovrà cercare in tutti i modi di mostrarsi intraprendente e determinato in ogni scambio possibile. Chiaro che sulla carta il favorito sarà Nole: dopotutto Jannik è perfettamente a conoscenza dei numeri che accompagnano il numero uno al mondo nel torneo.

“Quando ti ritrovi davanti uno che ha vinto 24 Slam, di cui 3 su 4 nella stagione che sta per concludersi, è chiaro che un po’ di timore lo devi avere. A livello di risultati, Nole è il miglior giocatore che questo sport abbia mai avuto. Io sono felice di poterlo incontrare già nel round robin, perché sono le partite davvero importanti per la crescita, quelle per cui dico: vinco o imparo.

Djokovic mi dirà a che punto sono del mio percorso. A Wimbledon, pur perdendo in tre set, mi sono sentito più vicino di quanto non avessi fatto l’anno scorso nei quarti, quando avevamo lottato per cinque. Non vedo l’ora di scendere in campo: queste sono le partite per cui mi alleno tutti i giorni, quelle che mi caricano di pressione”.

Il confronto diretto: esperienza, abitudine e il fattore servizio

Come si può pensare di battere Nole? La domanda non ha una risposta chiara e univoca, anche se poi i fattori da prendere in esame possono essere davvero tanti.

Il primo riguarda l’esperienza e l’abitudine a stare su determinati palcoscenici: un anno fa per Sinner tutto questo avrebbe rappresentato quasi un ostacolo insormontabile ma adesso, dopo aver centrato 6 finali da febbraio in poi (4 vinte e due perse), il feeling con le gare che contano per davvero sa di averlo anche lui.

Chiaro che la vera svolta è arrivata con i netti progressi mostrati al servizio: una volta era l’anello debole della catena, adesso invece le variazioni e la profondità dei colpi (merito delle ore passate a perfezionare la tecnica con Vagnozzi e Cahill) ha permesso spesso e volentieri a Jannik di volgere a proprio favore le partite proprio partendo dal servizio.

Resta ancora del lavoro da fare, perché la percentuale di ingresso con la prima non è ancora al livello di un Djokovic, di un Murray o di Federer dei tempi d’oro (Nadal invece riusciva ad essere efficace quasi più con la seconda), ma le variazioni della battuta sono diventate un fattore, soprattutto con la ricerca della soluzione profonda e centrale, perfetta per impedire a chi risponde di entrare nello scambio in modo efficace. La forbice s’è ridotta, Nole però resta un gradino sopra.

Sul dritto Nole è avanti, ma sulla diagonale di rovescio…

Se c’è un colpo nel quale i due rivali sono molto simili, allora è il rovescio, specialmente quello col quale riesce ad aprirsi spazi invitanti per andare poi a chiudere il colpo. Se col dritto la distanza rimane ancora marcata (Sinner fatica ad aprirsi angoli da fondo campo, pur essendo il suo un dritto abbastanza violento), sulla diagonale di rovescio la sfida è praticamente pari.

Un notevole passo avanti l’altoatesino l’ha fatto anche nelle discese a rete, non solo quando prova col serve and volley (colpo che gli ha fruttato diverse fortune negli ultimi tornei), ma anche quando trova il modo per costringere l’avversario a lasciargli spazio, nel quale lui va a infilarsi con grande continuità.

Se poi c’è un colpo che ultimamente gli è riuscito bene, allora quello è il cosiddetto “strettino”: a Sinner piace tanto cercare di “ingolosire” l’avversario e poi obbligarlo a uscire dal radar, trovando spesso angoli che impediscono qualsiasi tipo di risposta.

Quanto conta il lavoro in palestra: fisicamente, Sinner ora c’è

Resta poi un ultimo fattore di cui tenere conto: è quello fisico, dove Djokovic da sempre s’è mostrato superiore alla stragrande maggioranza degli avversari (in campo è un grillo, leggero e potente a seconda del contesto). Sinner però è cresciuto molto: ha capito quanto sia prezioso il lavoro in palestra, e ne ha tratto grande beneficio.

Contro Alcaraz e Medvedev ha saputo andare in crescendo nel corso delle partite, cosa che va di pari passo anche con la solidità mentale dimostrata. Un Sinner più lucido nei momenti che contano: contro una delle miglior versioni della storia di Djokovic, un requisito essenziale per provare a spingersi oltre i propri limiti.

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