Il tennis è quel mondo in cui tutti cercano un pezzettino di gloria, anche se magari il campo lo vedono soltanto a distanza di poche metri, seppur seduti su un palchetto dietro le panchine. E di papà in cerca di fama se ne contano tanti tra allenatori, manager, mental coach e quant’altro. Hanspeter Sinner è quanto di più distante possa esistere col concetto appena illustrato: in tribuna lo si è visto di rado, alle parole da buon altoatesino preferisce sempre i fatti. E che a parlare sia il campo, come mirabilmente ha saputo fare suo figlio Jannik. Che a furia di vincere ha finito però per deviare qualche riflettore anche sul riservatissimo papà.
- Hanspeter, un papà lontano dai riflettori
- La quotidianità è la regola a casa Sinner
- Che sofferenza guardare le partite in tv!
- "Jannik ha imparato preso la cultura del lavoro"
Hanspeter, un papà lontano dai riflettori
Che di lavoro fa il cuoco, e che non ha mai nascosto di voler trovare un modo per passare più tempo con il figlio e girare il mondo con lui. Vagnozzi e Cahill non avrebbero nulla in contrario: avere un bravo cuoco nello staff è un vantaggio mica da ridere, e forse nei mesi a venire qualcosa di buono salterà fuori.
La domenica che ha consacrato Sinner nell’olimpo del tennis papà Hanspeter l’ha vissuta però al riparo da occhi indiscreti, quasi “scusandosi” per non aver saputo dare spunti di maggiore interesse a chi va a caccia di storie e dettagli per provare a raccontare qualcosa di diverso dal solito. Se l’è goduta con gli affetti più cari, non con l’altro figlio Mark, che era impegnato a Cortina d’Ampezzo nel coordinare le operazioni di sicurezza della discesa libera della Coppa del Mondo di sci femminile.
La quotidianità è la regola a casa Sinner
La Gazzetta ha intercettato Hanspeter proprio mentre faceva ritorno a casa dopo una giornata di lunedì diversa dal solito. E il papà di Jannik, seppur con la cortesia con lo contraddistingue, ha fatto capire di non voler essere troppo prodigo di parole. Prima ha ringraziato tutti i giornalisti assiepati fuori dalla sua abitazione per tutte le attenzioni riservate, aggiungendo però di non avere molte cose da dire e che avrebbe preferito che al posto suo l’avessero fatto le persone dello staff. L’umiltà di Jannik comincia proprio dalle mura di casa: Hanspeter si gode il viaggio, ma non va a caccia di riflettori. E il figlio in qualche modo ha appreso questo modo di vivere e di essere, tanto semplice quanto immediato.
Che sofferenza guardare le partite in tv!
La porta di casa alla fine si apre, e il papà del nuovo campione degli Australian Open non può esimersi dal mostrare un sorriso a 32 denti. “Una grande gioia, quella che c’ha regalato Jannik. È stato dura assistere alla finale in televisione: sicuramente ho sofferto molto più di quanto avessi fatto quando ero a Indian Wells e Torino, quando ero in tribuna. Dopo la partita ci siamo sentiti per qualche minuto, una telefonata rapida per celebrare il momento, ma so già che avremo modo di parlare di quello che è successo non appena rientrerà in Italia”.
Anche se tra gli appuntamenti di Jannik c’è la visita dal Capo dello Stato, e l’agenda sarà dunque piuttosto fitta: “Non so come funzionano questo tipo di ricevimenti, qualcosa ho sentito ma devo capire bene cosa accadrà. Certo stiamo vivendo delle giornate davvero belle ed emozionanti, ma sapevo che sarebbe potuto succedere, perché nel lavoro Jannik è sempre stato molto meticoloso”.
“Jannik ha imparato preso la cultura del lavoro”
Papà Hanspeter e mamma Siglinde hanno avuto una finestra privilegiata nel corso degli anni: prima sugli sci, poi nel tennis, il piccolo di famiglia ha sempre dato loro la sensazione di poter fare grandi cose. “È sempre stato molto bravo in tutto ciò che ha fatto. Era forte sugli sci, lo è diventato anche con la racchetta in mano. Sapevamo che qualunque sport avesse deciso di portare avanti lo avrebbe fatto nella maniera giusta, puntando a competere con i migliori”.
I genitori possono però vantare una medaglia che pochi loro colleghi possono vantare: la riconoscenza incondizionata del loro figlio, ribadita in mondovisione con quella frase (“Grazie ai miei genitori per avermi dato la libertà di diventare ciò che sono”) che somiglia a un manifesto. “Jannik è fatto così, lui ha imparato presto la cultura del lavoro, dell’impegno e dell’umiltà. Certo che ci hanno fatto piacere le sue parole, ma non ci hanno stupito perché conosciamo nostro figlio e sappiamo quali sono i valori che ha fatto propri”.