Un argento che vale davvero come un oro. E non è un luogo comune. È una vera e propria impresa quella compiuta da Gregorio Paltrinieri nella prima finale di sempre degli 800 metri del nuoto maschile, introdotti ai Giochi proprio a Tokyo 2020.
Il campione olimpico in carica dei 1500, pur reduce da una qualificazione sofferta alla finale con l’ottavo tempo, a causa di una condizione tutt’altro che perfetta dopo la mononucleosi contratta a fine giugno, mette in acqua tutto il proprio orgoglio chiudendo al secondo posto alle spalle del sorprendente statunitense Robert Finke.
Il tempo di Greg è 7’42”11, realmente un altro mondo rispetto al 7’47”73 della semifinale. C’è anzi spazio pure per dei rimpianti, dato che Paltrinieri è andato oltre una prestazione eroica e generosa, facendo gara di testa fin dai primi metri, per poi però non riuscire a resistere alla rimonta dell’avversario. Medaglia di bronzo per l’ucraino Misha Romanchuk, solo quarto il campione del mondo 1500 Florian Wellbrock e questo spiega la portata dell’impresa di Gregorio.
In testa ai 100 e ai 200 metri, capace addirittura di allungare ai 300, Paltrinieri ha condotto metà gara su ritmi da 29″5 di media, prima che la fatica iniziasse a farsi sentire. Davanti a tutti ancora a 50 metri dalla conclusione, alla fine Gregorio tocca per secondo, ma appena è fuori dall’acqua è quasi incredulo per quanto realizzato.
“Parlare di miracolo è poco, non ci avrei scommesso neanche io – le prime parole del nuotatore azzurro – Ma ci ho messo il cuore. Non so davvero cosa dire, oggi ero un’altra persona rispetto alla batteria, con un’altra mentalità, un’altra cattiveria. Me la sono vissuta al meglio. Ieri sera un mio grande amico mi ha detto che queste grandi finali non si affrontano con la testa ma con il cuore. Questo sarebbe stato l’unico modo per uscire soddisfatto ed è andata proprio così”.
Poi c’è spazio anche per far tornare indietro la mente a quell’Europeo di Budapest con cinque medaglie conquistate e nel quale tutto sembrava andare troppo bene.
Poi l’infezione, la sofferenza e la paura di non farcela. Ma non tutto si può programmare…: “Io forse ero caduto troppe volte nella mia vita nell’errore di voler programmare tutto. Avevo messo troppa testa, troppi pensieri confusi, ma queste finali si vincono col cuore. Gli altri potranno star meglio di me fisicamente e preparare meglio la gara tatticamente, ma il cuore che ci metto io è troppo”.