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Verona, 40 anni fa lo storico scudetto: da Briegel e Fanna a Di Gennaro e Bagnoli: le storie di una favola eterna

Nel 1985 l'Hellas mise tutti in fila conquistando uno storico tricolore: il successo sul Napoli di Maradona l'antipasto di una cavalcata leggendaria

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

«Bagnoli parlava poco ma parlava giusto. Vigilia della prima partita col Napoli, viene in camera e mi fa: “Tu, domani, Maradona”. Tre parole, e io rispondo con una: “Sì”. Poi esce senza salutare. La domenica marco Diego, faccio gol e vinciamo 3-1». Parole e musica di Hans Briegel. Il buongiorno si vide dal mattino per quel Verona che avrebbe scritto la storia esattamente 40 anni fa. Una provinciale sul tetto d’Italia, roba che oggi neanche sarebbe quotata dai bookmakers. Una squadra nata con gli scarti delle altre (da Fanna a Galderisi) e forgiata dal mago della Bovisa, quell’Osvaldo Bagnoli che incarnava alla perfezione l’immagine del musone cocciuto e vincente. Una favola con pochi protagonisti, altro segno dei tempi nell’era delle maxirose e del turnover: “Per vincere non devi avere i fuoriclasse, ma i più uniti – ha raccontato Briegel a La Repubblica – Quell’anno andarono in campo soltanto 14 giocatori: non potrà succedere mai più”.

Da Garellik a Tricella, un bunker in difesa

Chi erano i 14 gladiatori destinati all’eternità? In porta c’era l’uomo della porta accanto, quel Claudio Garella bocciato dalla Lazio per le sue “garellate” e che poi avrebbe vinto due scudetti con Verona e Napoli diventando Garellik. Cosa non parò quell’anno Garella, con ginocchia, piedi, unghie, avambracci, quasi mai con le mani. Memorabile la sua prestazione in Roma-Verona 0-0: i giallorossi crearono non meno di 15 palle gol pulite pulite ma Garella parò tutto. Nove in pagella sui giornali e l’intero servizio di 90esimo minuto chiuso solo con le sue prodezze. Sgraziato era sgraziato, ma efficace come pochi. Briegel lo ricordo così: «Primo allenamento, arrivo e vedo questo tizio pieno di vestiti anche se c’erano trenta gradi, con una pancia enorme. È il magazziniere, penso. E invece era il portiere: Garella, già. Una settimana dopo lo rivedo e avrà perso dieci chili, forse di più».

Il capitano e leader di quella squadra era Roberto Tricella, elegante libero nato nella patria dei liberi, Cernusco sul Naviglio che diedi i natali anche a Gaetano Scirea e a Roberto Galbiati. Intervistato da Il Fatto ha ricordato in primis Bagnoli: “Ci trattava da uomini e questo responsabilizzava il gruppo. Osvaldo è una persona semplice, ma non stupida, al contrario. Il suo calcio era semplice e intelligente: linee verticali, pochi fronzoli, essenzialità, senza rinunciare, mai, alla ricerca del risultato. Diceva “il segreto è il gol fuori casa”. Il suo schema preferito era rilancio del portiere, rifinitura, tiro, tutto in pochi secondi. Quando cominciava a grattarsi il naso, era un brutto segnale. Non alzava mai la voce, in sei anni trascorsi con lui capitò solo cinque o sei volte, ma quando lo faceva, era il richiamo della foresta”.

Di Gennaro e quel gol di Elkjaer senza scarpe

A chiudere la difesa Ferron a destra, Fontolan in mezzo e Marangon a sinistra. Solidità e fantasia al servizio della squadra. A centrocampo Hans Peter Briegel, Domenico Volpati e Antonio Di Gennaro che grazie a quell’exploit andò a giocare i Mondiali dell’86 da titolare. All’Arena ha detto: «Bagnoli serio? Parlava poco, sapeva farsi capire al volo, sapeva tutto di noi. Ma raccontava anche barzellette. E faceva sorridere. Con lui ho avuto rapporto come tra padre e figlio. Ricordo momenti difficili. Mi stavo separando. E in Bagnoli ho sempre trovato una persona pronta ad ascoltare».
«Il più tecnico? Era Turchetta. Faceva cose pazzesche. Oggi sarebbe perfetto uomo da uno contro uno. In allenamento lo vedevo palleggiare con i limoni. Stessa cosa che faceva Maradona con le arance. Elkjaer? Fumava anche 40 sigarette al giorno. Il gol senza scarpa? Garella era mezzo stirato, mi dice: DiGe, calcia tu il rinvio. Lancio da sessanta metri, palla a Preben, il resto della storia la conoscete ben. Diciamo che è stata una… costruzione dal basso ben riuscita».

Fanna e il finto miracolo

All’ala destra c’era Pierino Fanna, bocciato dalla Juve ma protagonista assoluto nello scudetto gialloblù. Al portale Nordest ha ricordato: «Non sono d’accordo quando qualcuno sostiene che fu un miracolo. Iniziamo la stagione da primi in classifica e ci rimanemmo fino alla fine. Battemmo le squadre più forti del campionato e dimostrammo d’avere una squadra con grandi qualità tecniche e umane. Un progetto tecnico che iniziò a portare i suoi frutti già nelle stagioni precedenti, quando conquistammo un quarto ed un sesto posto e centrammo due finali di Coppa Italia. La vittoria dello scudetto rappresentò la vera ciliegina sulla torta di un percorso straordinario».

Tutto iniziò con il successo contro il Napoli di Maradona al Bentegodi: «Fu una partita bellissima. Fui uno dei principali protagonisti di quella giornata, visto che ho battuto il calcio d’angolo dove Briegel realizzò il gol del vantaggio. E la punizione della terza rete realizzata da Di Gennaro. Una sfida che ancora è rimasta nella mente di tutti, perché siamo riusciti a battere e a limitare uno dei calciatori più forti della storia del calcio mondiale».

La cavalcata vincente

Fanna ripercorre le tappe cruciali della stagione: «Il pareggio per 1-1 contro la Juventus a Torino, a mio parere rappresentò il primo e grande momento di svolta di quel campionato straordinario. Una partita in cui abbiamo capito la nostra reale forza e che potevamo giocarcela per lo scudetto fino alla fine». Le tre partite più belle ? Al primo posto colloco la vittoria contro la Juve a Verona, per 2-0 con le reti di Galderisi ed Elkjaer. Continuo a ricordare con grande emozione anche il successo di Udine per 5-3, in cui subimmo la rimonta dopo essersi stati in vantaggio di tre reti, prima di riuscire a realizzare i due gol che ci consentirono di conquistare una vittoria importante. Per chiudere, la partita di Bergamo, contro l’Atalanta, che ci ha permesso d’esultare per la vittoria del campionato davanti a tutti i nostri tifosi».

Un Nanu scatenato

Davanti, assieme ad Elkjaer, c’era un altro ex Juve, Giuseppe Galderisi detto Nani, che al portale calciohellas ha raccontato così la storica avventura: «I due veri artefici dell’impresa scudetto sono stati Bagnoli e Mascetti, persone vere, umili e leali. E poi eravamo una squadra favolosa formata da giocatori fortissimi. Nella chat Whatsapp ho scritto: “Unici e per sempre. Siamo come fratelli”. Giocavamo un 3-5-2 “elastico”: Tricella libero, Fanna ala, Marangon terzino offensivo, Di Gennaro regista, Briegel un carroarmato ed Elkjaer un matto vero. Preben è stato il mio compagno d’attacco ideale».

«“Nanu” era il soprannome di un mio conterraneo, Francesco Della Monica, che mi ha preceduto alla Juventus. Quando arrivai lui andò via e i compagni, per l’altezza e per la nostra somiglianza anche in campo, cominciarono a chiamare me così. Ormai sono affezionato a questo nomignolo: se mi chiamano “Nanu” mi giro, se invece dicono “Giuseppe” mi chiedo cosa vogliano da me!».

Il ruolo di Bagnoli

Sacchetti e Bruni detto Pisolo erano le due prime riserve, sempre pronte quando venivano chiamate in causa. E su tutto e tutti c’era Osvaldo Bagnoli. Ormai 90enne da tempo si è ritirato a vita privata e non ha preso parte alle celebrazioni ma in una delle sue ultime interviste ricordò alla Gazzetta: “Ferroni era un marcatore veloce, il nostro Gentile. Marangon faceva la fascia sinistra, spingeva, amava la vita notturna, ma a me interessava che si allenasse. Una sera ricevetti la telefonata di uno che mi diceva di averlo visto in discoteca. Beh, Luciano era lì con me, questo per spiegare che la gente spesso racconta balle, ingigantisce. Tricella era il nostro Scirea, ci capivamo con lo sguardo. Fontolan lo stopper alla vecchia maniera, bravo di testa. Briegel pareva un carrarmato, quell’anno segnò nove gol. Fanna aveva potenzialità enormi, in altre società si era sentito limitato dai troppi compiti, io lo lasciai libero di esprimersi”.

“Volpati in spogliatoio era fondamentale e in campo ricopriva qualsiasi ruolo. Galderisi l’attaccante piccolo e svelto, perché per me davanti devi avere uno grande e grosso che faccia da sponda per uno basso e agile. La palla alta per Elkjaer che la smistava a Galderisi era una delle giocate più frequenti. Di Gennaro il regista d’attacco, un numero 10 completo, bravo anche a difendere: in Nazionale avrebbe meritato più fortuna. Elkjaer un falso matto, quando c’era da essere seri era il primo a essere serio. Sacchetti aveva grande duttilità. Bruni risolveva tanti problemi”.

Verona, 40 anni fa lo storico scudetto: da Briegel e Fanna a Di Gennaro e Bagnoli: le storie di una favola eterna Fonte: Getty

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