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Vincenzo Mangiacapre, dai domiciliari al podio olimpico

La storia del pugile di Marcianise: l'infanzia nella Terra dei Fuochi e il sogno realizzato di sfondare nella boxe.

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Vincenzo Mangiacapre, dai domiciliari al podio olimpico Fonte: 123RF

A 30 anni Vincenzo Mangiacapre è un uomo felice, professionalmente e non. Padre di una bimba, Mia, da poco meno di un anno, il pugile casertano ha debuttato con successo tra i professionisti nell’agosto 2018, ma non ha smesso di inseguire il sogno della terza Olimpiade. A Tokyo la medaglia di bronzo dei Giochi di Londra 2012 vuole esserci, sfruttando una deroga non diversa da quella che un ventennio fa permise ai calciatori dell’Astrea, la squadra della Polizia Penitenziaria, di giocare tra i professionisti, nell’allora Serie C2.

Mangiacapre, che fa parte del corpo sportivo delle Fiamme Azzurre ed è entrato nella Polizia penitenziaria nel 2011 dopo una prima parte di vita molto difficile nell’habitat della natia Marcianise, in piena Terra dei Fuochi, è stato intervistato da ‘gNews’, quotidiano online del Ministero della Giustizia: “Inutile girarci intorno. Ho avuto un’adolescenza difficile. Da minorenne sono stato agli arresti domiciliari, per rissa e rapina, anche se in realtà è stato un malinteso perché avevo cercato di fare da paciere in una disputa sotto casa, ma le conseguenze potevano essere devastanti”.

“Quei giorni che ho passato rinchiuso in casa – ha raccontato Vincenzo – mi hanno fatto capire tante cose: intanto che avevo una famiglia solida alle spalle e che non potevo deludere chi, come i miei genitori, aveva fatto tanti sacrifici per me. E poi che quella non era una situazione che potevo accettare, avevo bisogno di muovermi e tanto da fare. Al processo ho chiesto al giudice di essere messo alla prova: per un anno mi sono dedicato ad assistere disabili e non vedenti in una scuola specializzata. E quei ragazzi così sfortunati mi hanno insegnato a vivere con gli altri e per gli altri. È stato allora che fatto il salto di qualità come atleta: ho cominciato a vincere e a focalizzare i miei obiettivi, accettando regole condivise che in uno sport di contatto e combattimento come la boxe sono fondamentali”.

I piani per il futuro sono chiari: “Il circuito professionistico mi consente di gestirmi in modo più adeguato, perché alla mia età i colpi si fanno sentire: dopo le prime due vittorie affronterò altri due test match nei primi mesi del 2019 e poi, probabilmente, arriverò a sostenere il mondiale WBO. Ma è chiaro che il traguardo è quello dell’ammissione ai Giochi di Tokyo, che mi giocherò nel circuito Open delle World Series a giugno, tornando in Nazionale”.
 

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