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Wrestling, chi era Bray Wyatt: l'erede designato di "The Undertaker"

Dalla famiglia di lottatori all'eredità di "The Undertaker", ecco chi era Bray Wyatt, il lottatore di wrestling deceduto a 36 anni

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

La scomparsa di Bray Wyatt è un’altra di quelle notizie che inevitabilmente finiscono col pugnalare alle spalle una WWE che avrebbe bisogno di tutt’altre storie da raccontare. Anche se questa è triste perché in fondo la federazione ha ben poche colpe legate alla morte di uno dei volti più noti al grande pubblico.

A portare via Wyatt è stato un infarto, probabilmente diretta conseguenza di una situazione clinica già in parte compromessa, complice anche una fastidiosa forma di Covid contratta a inizio 2023. Una malattia che negli ultimi mesi ha impedito al wrestler di tornare sul ring, perché il suo corpo martoriato a lungo andare non ha retto alle sollecitazioni provocate da una carriera comunque vissuta sempre sul filo del rasoio. Anche perché Wyatt, al netto di una corporatura assai robusta, non ha mai lesinato alcuno sforzo per raggiungere i propri scopi, curando in modo maniacale la propria preparazione e la tecnica da adottare sul ring.

L’erede designato

Windham Lawrence Rotunda, questo il vero nome di battesimo, è nato e cresciuto in una famiglia a forte vocazione per la lotta, in particolar modo per quella legata all’entertainment. Il wrestling era entrato prepotentemente in casa grazie al nonno Blackjack Mulligan, al padre Mike e ai due zii Barry e Kendall Windham e per il più piccolo della famiglia non è stato difficile seguire le orme familiari.

Quello che poi sarebbe diventato, però, in origine sarebbe stato arduo solo da immaginare: nella WWE il personaggio di Bray Wyatt ha raggiunto elevati livelli di popolarità grazie alla sua perseveranza nel mostrarsi sempre “misterioso”, tanto che in molti nell’ambiente l’hanno paragonato a quel “The Undertaker” che più di ogni altro personaggio ha saputo incarnare lo spirito del wrestler poco amante delle folle.

Eppure ogni volta che Wyatt appariva nei palazzetti dello sport di tutto il mondo, la reazione del pubblico era sempre la stessa: ammirazione e stupore in primis, seguite dalla curiosità di capire cosa avrebbe potuto fare per rendere la sua gimmick (il suo personaggio) ancora più misterioso e in grado di incutere terrore. Anche per questo la federazione nel corso di tutto il decennio in cui Bray ha fatto parte integrante del carrozzone WWE l’ha proposto come uno dei wrestler più assidui, affidandogli anche incontri importanti che hanno fatto la storia del periodo.

La rivalità con John Cena

Leader della Wyatt Family, il trio composto assieme a Erick Rowan e l’indimenticato Luke Harper (anche lui, come Bray, morto assai giovane: nel 2020 un fibroma polmonare l’ha sottratto all’affetto di fan, amici e colleghi), s’era rivelato al mondo del wrestling attaccando nel lontano 2013 nientemeno che Kane, fratello (solo nel business) di Undertaker, conquistando subito una larga schiera di appassionati. Bray aveva un modo tutto suo di predire il futuro: lui stesso era parte integrante della composizione dei suoi intro, tanto che collaborava attivamente con l’area fantasy della federazione.

Iconica, al riguardo, l’entrata in scena a WrestleMania 30, quando sfidò John Cena (che nella narrazione divenne uno dei suoi più acerrimi nemici, eliminandolo anche nella Royal Rumble 2014) in un match che in un modo o nell’altro raggiunse il livello di main event della serata, vinto però da Cena (per la gioia dei tifosi “dei buoni”). L’anno dopo Wyatt ebbe un’altra chance a Wrestlemania, stavolta contro “The Undertaker”, che lo sconfisse in un match tra personaggi decisamente fuori dal convenzionale.

La scommessa “The Fiend” (vinta)

L’ultimo grande lascito di Wyatt al mondo della WWE si è avuto a partire dal 2019, quando ha messo in scena il Firefly Fun House, una programma rivolto ai bambini che pure nel tempo si è trasformato nel lancio della sua nuova gimmick, vale a dire “The Fiend”, un personaggio (se possibile) molto più malefico di quello che l’aveva accompagnato negli anni precedenti. E la narrazione riuscì a reggere anche nel periodo del Covid, quando il pubblico fu suo malgrado costretto ad abbandonare i palazzetti dello sport, seguendo tutti i match da casa.

The Fiend”, più che un wrestler, era una sorta di “demiurgo” che penetrava la mente dello spettatore, portandolo davvero su una dimensione fuori dal normale. Ma riusciva a fare ciò anche con gli avversari, come successo a WrestleMania 36 contro John Cena, battuto al termine di un incontro, denominato proprio “Firefly Fun House match”, che polarizzò l’attenzione per la favolosa strutturazione cinematografica, con tanti flashback del passato di Cena riproposti durante l’incontro, aprendo una nuova strada anche nella realizzazione stessa dello show.

Dopo il Covid, nonostante un corpo debilitato, Wyatt era tornato dopo lunga assenza in WWE e di fatto stava per raccogliere in tutto e per tutto l’eredità di Undertker, pronto a diventare la nuova stella soprannaturale della federazione. Un proposito durato lo spazio di qualche mese appena, abbattuto da una morte improvvisa che ha lasciato tutti senza parole. Perché la cura, la creatività e l’attenzione ai dettagli mostrate da Wyatt nel corso della carriera difficilmente potranno essere eguagliate da altri wrestler. Nel corso della sua carriera in WWE, Windham ha avuto modo di laurearsi per ben due volte Campione universale, oltre ad aver conquistato il WWE Championship e le cinture di coppia, con Matt Hardy a Raw, e con Luke Harper e Randy Orton a Smackdown.

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