Arrivano le prime, importanti brecce nel muro di silenzio e di assenza di ammissioni sullo scandalo dei presunti abusi alle atlete italiane della ginnastica ritmica nelle varie accademie nazionali da parte di alcune allenatrici.
Le vessazioni alle quali sono state sottoposte ragazze spesso anche minorenni, che si sono viste spezzare quasi sul nascere il proprio sogno sportivo, ma soprattutto costrette a subire umiliazioni attraverso body shaming e non solo, diventano infatti sempre meno presunte dopo l’importante giornata vissuta martedì 20 dicembre a Roma presso la sede della stampa estera.
- Ritmica nel caos, le ammissioni della coach Irene Castelli
- Scandalo ginnastica, la testimonianza di Alexa: "Umiliata per anni, mia madre mi ha salvato la vita"
- Abusi ginnastica, si va verso la svolta dell'inchiesta penale: Procure al lavoro
Ritmica nel caos, le ammissioni della coach Irene Castelli
Qui l’associazione “Change the Game” ha presentato un dettagliato dossier contenente 197 denunce di abusi, sporte dagli psicologi e dai legali del team dopo aver raccolto i drammatici sfoghi in palestre di 15 regioni italiane da parte di bambine, ragazze o giovani donne, di un’età compresa tra gli 8 e i 22 anni, spesso seguite da coach di fama nazionale.
Umiliazioni fisiche e psicologiche anche per un biscotto mangiato in più in grado di determinare “punizioni” come sessioni di allenamento lunghissime o infarcite di errori volontari da parte dei coach per farle ripetere all’infinito, pugni nello stomaco e schiaffi sulle gambe per “verificare il corretto stato di tensione dei muscoli” e impedire che “rilassandosi troppo la bimba cada e si faccia male”.
La novità più significativa riguarda però le prime ammissioni delle allenatrici, avvenute proprio durante l’incontro organizzato da “Change the Game”. Drammatico in particolare il racconto di Irene Castelli, il primo esempio di “coach di chiara fama” rea confessa. L’ex azzurra dell’artistica ai Giochi di Sydney 2000 ha a propria volta raccontato il proprio passato di atleta vessata, sfogato in azioni sbagliate dopo essere passata dall’altra parte della barricata: “Ho sbagliato sapendo di sbagliare, perché alla fine della mia carriera di atleta avevo l’autostima sotto i piedi ed ero traumatizzata nel corpo e nella mente. Così, quando ho iniziato ad allenare, aggredivo sistematicamente le mie allieve: se non ho fatto loro del male è solo perché ho realizzato la situazione e ho trovato una psicologa che mi ha guarito. Alle colleghe dico: cercate aiuto all’esterno, accettatelo perché il rischio di provocare traumi e dolore nelle vostre bambine è forte”.
Ancora più toccanti i ricordi degli ormai lontani abusi subiti da atleta e l’amara ammissione sul traguardo Olimpiadi: “Venivo mandata in pedana sotto antidolorifici anche quando stavo male — ha raccontato Castelli —, per non sottrarre tempo agli allenamenti dovevo scegliere se pranzare o andare dal fisioterapista. Le Olimpiadi non sono state un traguardo, ma un incubo”.
Scandalo ginnastica, la testimonianza di Alexa: “Umiliata per anni, mia madre mi ha salvato la vita”
Oltre a Castelli a Roma si sono registrati altri toccanti sfoghi, da parte di un altro coach del quale è stata trasmessa la testimonianza e poi di una giovanissima atleta, Alexa, che ha avuto il coraggio di apparire in video per raccontare il proprio calvario: “Una mia atleta promettente ma esuberante veniva umiliata davanti a tutti dal capo allenatore che la costringeva a decine di trazioni punitive alla fune – ha dichiarato un coach – Un giorno lei, per la vergogna e lo sfinimento, si fece la pipì addosso: lui si trattenne dal darle uno schiaffo dicendo che le faceva schifo”
“La mia era una felice dipendenza dalla ginnastica – ha invece raccontato Alexa, costretta a subire vessazioni e molestie riguardanti il proprio peso fin dall’età di 12 anni – L’allenatrice mi faceva sentire grossa, grassa, brutta e io misuravo il polso con quello delle compagne per provare a sentirmi normale. Ho iniziato a rifiutare il cibo, prima gettandolo nel water e poi vomitandolo, ma lei continuava ad umiliarmi, sostenendo che il mio corpo sbagliato penalizzava la squadra e le compagne. Devo la vita a una conversazione con mia madre che mi ha salvato fidandosi di me, perché le altre mi isolavano. Dopo mesi la società ha allontanato la coach, però nessuno mi ha mai chiesto scusa”.
Abusi ginnastica, si va verso la svolta dell’inchiesta penale: Procure al lavoro
Il terribile cliché è quindi sempre lo stesso, come confermato dai racconti avvenuti martedì da parte di altre atlete ed altre allenatrici, comprendente anche le convocazioni ai genitori delle ragazze, ai quali venivano spiegato i comportamenti “pigri” e “capricciosi” delle proprie figlie. Purtroppo proprio tra i genitori si contano pochissime denunce.
Quella di madre e padre di Giada Marchetti è stata una delle eccezioni, con il drammatico sfogo di Sergio Marchetti che ha rivelato come la propria figlia sia dovuta ricorrere all’aiuto di una psicologa e come il proprio urlo di dolore risalente al 2018 sia stato sostanzialmente inascoltato, dal momento che l’allenatrice ritenuta responsabile degli abusi, fermata per pochi mesi, avrebbe continuato a lavorare anche durante il teorico stop. Proprio durante la giornata di dialogo organizzata da “Change the Game” sono però emerse novità importanti dal punto di vista della giustizia.
Quella sportiva, come detto, prevede peni miti oltre che la prescrizione dopo quattro anni, anche se proprio martedì il presidente della Federginnastica Gherardo Tecchi ha proposto un incontro con l’associazione. Dal punto di vista penale, invece, l’avvocato Patrizia Pancanti ha spiegato che “sono accertati fatti trasversali a livello nazionale su cui stanno lavorando molte procure”. Le ipotesi di reato sono quelle contenute nell’articolo 572 del Codice Penale, riguardanti i “maltrattamenti nei confronti di persona di famiglia in affido per ragioni di educazione, istruzione, cura o esercizio di una professione o di un’arte”.