“No grazie, il tabellino lo prendo da solo, mi fido del mio”. Rispose così Carlo Gobbi a Barcellona, durante le Olimpiadi del ’92 quando in campo c’era l’Italvolley di Velasco, all’ufficio stampa che gli porgeva il comunicato ufficiale del match. Ma non era spocchia, era amore per il suo lavoro. E’ morto oggi a 82 anni Carlo Gobbi, cantore del volley e di tanti sport minori come rugby, ginnastica, judo, hockey, ghiaccio, pallamano, pesi e tiro.
- Gobbi ha lavorato per 40 anni alla Gazzetta
- Gobbi seguiva decine di sport minori
- Morto Gobbi, il cordoglio della Federvolley
Gobbi ha lavorato per 40 anni alla Gazzetta
Ne ha dato notizia il figlio Raimondo stamane sulla pagina facebook del papà: stroncato da un tumore dopo aver lottato a lungo con la malattia. Era partito da Valona (in Albania) dove il padre faceva il medico in tempo di guerra, ma è stata Modena la sua città di adozione, primo dello sbarco a Milano dove per 40 anni ha lavorato alla Gazzetta dello sport.
Gobbi seguiva decine di sport minori
Era una leggenda in Gazzetta, Gobbi. Seguiva decine di sport e per ognuno proponeva almeno una notizia al giorno, quando internet non esisteva. Per tutti era Carlone, ex alpino, amante della buona tavola, degli articoli ben scritti e minuziosamente controllati, ricchi di notizie, statistiche, record. Amava anche i fumetti di Tex, che che lasciava ovunque per la casa affinché il figlio – allora bambino – Raimondo potesse appassionarsene.
La pallavolo era l’amore della vita: per anni ha seguito le nazionali di volley arrivare lontanissimo dal podio e per anni – come ha ricordato oggi la Gazzetta – immancabilmente ad ogni Europeo o a ogni Mondiale lui portava due bottiglie di spumante per festeggiare la vittoria che definiva immancabile.
Nel 2018 era stato premiato per i suoi 50 anni di appartenenza all’Ordine e lui, che anche da pensionato non aveva mai smesso di dare opinioni e consigli, ricordò i suoi esordi: “Sono entrato in Gazzetta dello Sport nel 1961, quando eravamo pochi. Lavoravi con il piombo, con i tipografi che ti instradavano alla professione, un po’ come gli alpini formavano gli ufficiali. Poi le nuove tecnologie hanno cambiato questo processo, è venuto a mancare il contatto con l’operaio, con la componente dinamica e operativa.
I giovani, invece, ora arrivano da scuole di giornalismo che sono efficaci, e quindi sono molto preparati sulla parte tecnologica. La Gazzetta dello Sport è stata la mia vita, oggi sono cambiati gli uomini e non posso più affermarlo. Eravamo una famiglia. La nazionale di volley cui sono più legato? Nella Nazionale che ha vinto nel ’70 a Torino ho coltivato grandi rapporti di amicizia. Sono ovviamente più legato alla Nazionale dei Fenomeni che ha aiutato noi giornalisti a battere questo muro tra la pallavolo e gli altri sport maggiori. La finale di Atlanta del ’96, però, rimane ancora un grande dispiacere…”
Morto Gobbi, il cordoglio della Federvolley
Anche la Federvolley si è unita al lutto per la scomparsa di Gobbi: “Oggi perdiamo un grande giornalista e una grandissima persona – le parole del presidente Manfredi – Carlo ha rappresentato un punto di riferimento per la pallavolo ed è grazie anche al suo impegno e alle sue capacità di raccontare le imprese azzurre, se oggi abbiamo quell’incredibile seguito testimoniato dagli ultimi Europei. Tutto il mondo del volley deve un enorme grazie a Carlo, fino all’ultimo ha dimostrato la sua grande passione per la pallavolo”.