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Agnelli e il piano Superlega: "Nel calcio serve stabilità, i giovani non sono più interessati"

Il presidente della Juventus racconta il piano (fallito) della Superlega: "La convergenza con Inter e Milan è stata naturale".

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Agnelli e il piano Superlega: "Nel calcio serve stabilità, i giovani non sono più interessati" Fonte: Getty Images

Andrea Agnelli ha rilasciato una lunga intervista al ‘Corriere dello Sport’ e a ‘Repubblica’ in cui ha parlato del progetto Superlega e quelle che sono le intenzioni che hanno spinto inizialmente i 12 club a creare una nuova competizione, prima del dietrofront avvenuto questa notte.

Dietrofront inaspettatto da Agnelli, che nell’intervista (ovviamente registrata ieri) aveva parlato di “patto di sangue tra i club e “progetto con il cento per cento di possibilità di successo”.

Il presidente della Juventus ha poi parlato del ruolo dei bianconeri nella Serie A e del rapporto con Milan e Inter.

“Il bonus di 350 milioni l’anno è falso. Noi rimaniamo nelle competizioni domestiche, andremo a giocare in ogni stadio d’Italia, di Spagna e d’Inghilterra. Ci minacciano di escluderci? Non sarà così. Se avvenisse sarebbe un grave abuso. Quanto stanno minacciando è illegale. Se ciò avvenisse non sarebbe solo un monopolio ma una dittatura. Vogliamo rimanere vicini ai nostri tifosi”.

“La convergenza con Milan e Inter è stata naturale. Il rapporto con Marotta è sempre rimasto buono. Abbiamo vissuto assieme otto anni straordinari, l’affetto resta inalterato”.

Ricorre il discorso sul bisogno di stabilità del calcio in quanto comparto industriale: “Il calcio non è più un gioco ma un comparto industriale e serve stabilità. Anche a livello domestico. In Europa la partita che vale di più non è la finale di Champions ma i play-off della prima divisione inglese per accedere alla Premier League: ben 150 milioni. Questa non è stabilità. Servono regole economico-finanziarie ferree come quelle stabilite nella Superleague.

Io temo molto il populismo, la demagogia e che qualcuno non prenda atto dello stato di monopolio nel quale ci muoviamo. Minacce, questa la risposta che abbiamo ottenuto. Impedire a un lavoratore di svolgere il proprio lavoro è gravissimo. Ad ogni modo, non siamo assolutamente preoccupati. Il nostro è un approccio a una nuova libertà. Nuova libertà che è garantita dai trattati dell’Unione europea.
Vogliamo uscire da questa situazione di monopolio nella quale i nostri regolatori sono anche i principali competitor. Le istituzioni internazionali hanno il controllo delle manifestazioni, senza affrontare alcun rischio economico, che ricade soltanto sui club: è necessario cambiare le cose.

Non si è compreso il terribile impatto della pandemia sul mondo del calcio. La massima istituzione del calcio europeo a dicembre del 2020 pensava che la pandemia non avrebbe fatto danni, se non ci credete leggete il verbale. L’Uefa non corre alcun rischio nell’attività che regolamenta, ne trae solo benefici” .

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