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Alex Schwazer doping, sentenza Wada: nessuno sconto, niente Olimpiadi. Perché il sogno è sfumato

Alex Schwazer continua ad allenarsi nella casa del GF mentre la WADA continua a temporeggiare sulla vicenda che potrebbe portare a uno sconto della squalifica.

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Niente sconti, sono Schwazer. E così anche l’ultima possibilità di andare a Parigi 2024 è sfumata, come ampiamente prevedibile. Perché l’atteso verdetto di WADA, l’agenzia mondiale antidoping, chiamata a concedere uno sconto al marciatore altoatesino per aver collaborato a smascherare un tecnico che, seppur sottoposto a squalifica, ha continuato a lavorare come se nulla fosse in violazione del codice antidoping.

Lo sconto però, seppur previsto dalle nuove regole previste da AIU (il nuovo organismo antidoping che fa capo a World Athletics), non è stato concesso, e pertanto la squalifica di Schwazer terminerà come previsto il 7 luglio 2024, quando ormai il termine per garantirsi un crono per partecipare alla gara olimpica sarà già scaduto.

Il “sostanzioso aiuto” come ultima carta, respinta da WADA

Quello dello sconto era un passaggio chiave per provare a tenere la fiammella della luce accesa. Una fiammella spenta dalla volontà di WADA di non concedere nulla al marciatore, come si era ben intuito dalla lentezza burocratica con la quale la pratica era stata presa in esame (solitamente bastano due mesi dalla denuncia all’AIU per ottenere lo sconto, qualora venga riscontrata la veridicità dei fatto: Schwazer sta aspettando da più di due anni…).

Una giustizia a orologeria che di fatto ha chiuso l’ennesima porta in faccia ad Alex, che con WADA aveva un “conto aperto”, pensando alla discussa vicenda della seconda positività riscontrata nel gennaio del 2016, quando vennero riscontrate tracce di anabolizzanti nelle urine dell’atleta (che s’è sempre dichiarato innocente, nonché vittima di un complotto).

Schwazer, dopo la confessione shock con la quale ammise di essersi procurato EPO in vista dei giochi olimpici di Londra 2012, era tornato ad allenarsi assieme a Sandro Donati, paladino nella lotta contro il doping, ma inviso alle agenzie internazionali proprio per le forti critiche mosse nei loro confronti nel corso degli anni.

E dal 2016, al netto della seconda squalifica ricevuta, che non ha mai smesso di allenarsi, desideroso di poter beneficiare di una chance che lui sente legittima, specie dopo tutti gli sforzi fatti per tornare a gareggiare seguendo un rigidissimo protocollo di preparazione, peraltro sotto la luce del sole. Una storia che si protrae da quasi 8 anni, e sulla quale WADA ha posto ormai una pietra tombale.

Tempi non più percorribili: un sogno sfumato

Di solito, quando un atleta viene riconosciuto di “sostanzioso aiuto”, nell’arco di un paio di mesi dalla fine delle indagini viene riabilitato con uno sconto del 50% della pena. Non così per Schwazer, che a fine aprile s’è visto recapitare 12 punti da chiarire da parte della WADA, ai quali ha risposto in tempi rapidi.

Ma dall’agenzia internazionale nessuno s’è fatto più vivo, col sospetto che non lo farà alcuno ancora per un po’. Perché se dovesse essere accolta definitivamente la tesi del “sostanzioso aiuto”, lo sconto sulla squalifica sarebbe automatico. E Schwazer avrebbe il tempo per provare a centrare il crono per Parigi, giocandosi poi la convocazione in nazionale.

Schwazer sognava di poter gareggiare a Parigi, dove la marcia sarà presente soltanto con la 20 km (non esiste più la 50 km che nel 2008 gli consegnò la medaglia d’oro olimpica). Proposito che si scontrava da un lato con la competitività della nazionale italiana, dove ci sono Massimo Stano (campione olimpico in carica), Francesco Fortunato e Andrea Cosi (più Matteo Giupponi) in lizza per i tre posti che spettano alla nazionale italiana.

Dall’altro con la necessità di riuscire a far segnare il tempo necessario per la qualificazione, che World Athletics (che nel 2016, all’epoca dell’ultimo discusso e controverso controllo antidoping, si chiamava ancora Iaaf) ha fissato in 1h20’10”, da conseguire entro e non oltre il 30 giugno.

Ma la squalifica di Alex scadrà il 7 luglio 2024, dunque fuori dai tempi prestabiliti. Tutto, insomma, sembra lasciar pensare che gli organismi internazionali abbiano studiato le mosse in modo tale da impedire qualsiasi soluzione alternativa all’esclusione forzata del marciatore, senza voler correre il rischio che possa realmente qualificarsi per i prossimi giochi parigini.

Lo sciopero della fame al GF e quel brutto presentimento

Alex si trova da 9 settimane nella casa del Grande Fratello, dove peraltro l’amico Massimiliano Varrese una decina di giorni fa aveva proposto uno sciopero della fame assieme ad altri inquilini della casa per provare a mandare un segnale forte all’esterno, così da far comprendere l’ingiustizia alla quale è sottoposto da anni il marciatore. Che continua ad allenarsi sul tapis roulant messo a disposizione della produzione, conscio però che il sogno di marciare a Parigi è ormai definitivamente sfumato.

L‘immobilismo di WADA ha rappresentato l’ulteriore segnale che nelle stanze dei bottoni hanno deciso chiaramente quale sia la strategia da adottare, quella appunto dell’attesa. Un’attesa che ha portato soltanto a scadere i tempi previsti per tentare di tornare in gioco, come una sorta di “accanimento” perpetrato sotto gli occhi di tutti.

Alex, che medita ora di uscire dalla casa del GF, continuerà a correre. Guardandosi allo specchio, come ha sempre fatto da quel maledetto giorno del luglio 2012, quando in lacrime ammise di aver assunto EPO prima dei giochi di Londra. Un errore che ha pagato ben oltre la colpa commessa, al punto che oggi ci si domanda perché debba essere stato scelto come l’agnello sacrificale di un sistema dove si preferisce colpire un atleta per “salvarne” altri 10, magari colpevoli per davvero.

Alex Schwazer doping, sentenza Wada: nessuno sconto, niente Olimpiadi. Perché il sogno è sfumato Fonte: Getty

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