L’Agenzia mondiale antidoping non arretra di un centimetro su Alex Schwazer. Ai microfoni di Sky Sport, il direttore generale della Wada Olivier Niggli è stato categorico sul marciatore azzurro: “È importante fare una distinzione sul caso Schwazer: la giustizia italiana ha disposto l’archiviazione del procedimento penale a suo carico. Il diritto penale è una cosa, possono decidere quello che vogliono e questo fa parte della giurisdizione italiana. La giustizia sportiva, che è quello che ci riguarda quando si parla di antidoping, e non di giustizia penale, ha reso nota la sua decisione tempo fa, già a Rio. Il signor Schwazer ha portato le sue istanze per contestare la decisione della giustizia sportiva in più sedi, dal Tas, il tribunale arbitrale dello sport, al tribunale federale svizzero: e la sua difesa è sempre stata respinta, è sempre stata ribadita la sua colpevolezza”.
Niggli ha spiegato la differenza dei due percorsi: “Il processo seguito dalla giustizia sportiva è stato molto più scrupoloso nel guardare alle prove. La giustizia ordinaria in questo caso guarda solo all’aspetto penale, analizza una parte molto ristretta delle prove: queste due strade non si sovrappongono. Noi non siamo coinvolti nella raccolta delle provette e per noi il risultato di quell’indagine è chiuso da tempo. La giustizia sportiva ha lavorato in maniera molto scrupolosa: c’è stata un’udienza, sono stati sentiti testimoni, analizzato le prove, sono stati chiamati degli esperti e tutto questo ha portato alla sua condanna”.
“La giustizia ordinaria si occupa solo del decidere se aprire o meno un’investigazione penale e il processo è molto diverso: non sono stati sentiti testimoni, alcuni esperti sono stati richiesti ma solo su temi molto specifici e possiamo dire che per molti aspetti non può essere considerato un vero giudizio quello che ne esce, ma solo una decisione di non procedere a un’investigazione. E questo è molto diverso rispetto ad un processo in cui c’è diritto d’appello e un contraddittorio tra le parti. È molto delicato e per questo bisogna stare attenti a non confondere i due piani. Non ho mai parlato direttamente con il signor Schwazer e nemmeno con il suo allenatore, il signor Donati, con cui c’è stato solo uno scambio di mail. Noi siamo qui per proteggere gli atleti puliti, siamo qui per assicurare che un sistema equo sia applicato in tutto il mondo”.
Niggli ha concluso: “Il signor Schwazer ha usato tutte le possibilità legali in suo possesso, il sistema ha lavorato correttamente e bisogna accettare quanto è emerso. Mi dispiace per lui ma dobbiamo accettare e rispettare le regole e rispettare ed essere rigorosi quando le prove portano in una certa direzione. Se umanamente abbiamo mai avuto dubbi? Analizziamo centinaia di casi ogni anno e non possiamo permetterci di porci interrogativi sulle regole e soprattutto sulle prove che emergono, prove che, come in questo caso, sono molto chiare. Non possiamo ragionare a livello umano, parlare di sentimenti, dispiacerci. Con Schwazer non abbiamo fatto altro che applicare lo stesso sistema che applichiamo con qualsiasi altro atleta. Per quanto riguarda il signor Donati, con cui abbiamo lavorato in passato, ora non abbiamo più alcun tipo di rapporto. È sempre stato un fautore della lotta al doping, ma sfortunatamente in questa storia ha deciso che la sua visione potesse essere l’unica possibile e noi non possiamo essere d’accordo. Noi pensiamo che le prove portino in un’altra direzione e non è più possibile avere con lui una conversazione razionale su questo argomento”.