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Basket Nba Gregg Popovich e San Antonio, un sì da 80 milioni: altri cinque anni agli Spurs

A 74 anni ha accettato l’offerta di rinnovo quinquennale che la franchigia del Texas gli ha messo sotto al naso, convincendolo che la scelta migliore fosse quella di continuare ad allenare

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Doveva essere una cosa di qualche mese, giusto il tempo per organizzare bene le cose e individuare la figura giusta cui affidare la panchina dei San Antonio Spurs. Da allora però son passati 27 anni, e il “traghettatore” ha deciso di aggiungerne almeno altri 5 prima di lasciare il posto a qualcun altro. Gregg Popovich del resto non è mai uno banale.

A 74 anni ha accettato l’offerta di rinnovo quinquennale che la franchigia del Texas gli ha messo sotto al naso, convincendolo che la scelta migliore fosse quella di continuare ad allenare, allontanando così la tentazione di concedersi una meritata pensione cestistica dopo quasi tre lustri di vita vissuta a bordo campo.

L’importanza di avere Victor Wembanyama

Probabile che nella decisione del tecnico abbia influito anche la presenza a roster della futura stella della lega, quel Victor Wembanyama che ha appena mosso i primi passi con gli Spurs nelle gare di debutto nella Summer League di Las Vegas (malino la prima, decisamente migliore la seconda).

Un richiamo troppo forte per abbandonare la nave ai primordi di un nuovo ciclo, che magari potrebbe portare Popovich a mettersi al dito il sesto (e a quel punto ultimo) anello in carriera, eguagliando Phil Jackson e lasciando un’importa ancor più indelebile nel mondo della pallacanestro a stelle e strisce.

80 milioni di dollari: il coach più pagato della Lega

Popovich ha rinnovato con gli Spurs per cinque stagioni per complessivi 80 milioni di dollari, cosa che ne fa il coach più pagato della lega (Monty Williams, fresco di un accordo da 78 milioni di dollari per 6 stagioni con i Detroit Pistons, gli aveva appena sottratto lo scettro).

Magari non tutte le trascorrerà a bordo campo, perché potrebbe anche decidere di tornare semplicemente dietro la scrivania come capo delle Basketball Operations di San Antonio, un po’ come lo era già nel 1996 alla vigilia del via della stagione decise di licenziare Bob Hill, assumendo “pro tempo” la carica di allenatore.

Cinque titoli e il record di vittorie in regular season

Per lui, da allora, hanno parlato i numeri: oltre ai 5 titoli (1999, 2003, 2005, 2007 e 2014) ci sono da annoverare il record di vittorie in regular season (oggi sono 1.366, ma tra poco torneranno a salire), le 170 ottenute ai play-off, che ne fanno il terzo più vincente di sempre (sebbene dalla post season manchi ormai da 4 stagioni), le 4 partecipazioni all’All Star Game e i tre premi di coach of the year.

Quanti record per Gregg

E per non farsi mancare nulla, anche la medaglia d’oro conquistata con Team USA a Tokyo 2020. A lui si devono intuizioni geniali che hanno fruttato talenti di straordinario valore come Tim Duncan (scelto alla numero 1 al Draft 1997), Tony Parker, Manu Ginobili, Kawhi Leonard e altri ancora.

Tra i record indimenticabili, uno in particolar modo che dice tanto anche di quello che è il personaggio. È il coach ad aver subito l’espulsione più precoce nella storia dell’NBA, rimediata dopo soli 63 secondi della gara contro i Nuggets del 4 aprile 2019.

Quello che potresti non sapere di Popovich

Apparentemente burbero, piuttosto facile a incendiarsi, sarebbe giusto affermare quanto Gregg Popovich sia la perfetta caricatura dell’americano medio. Perché sa prendersi gioco di se stesso e degli altri con un’ironia spesso sopraffina, che ha saputo bucare lo schermo in un mondo spesso troppo ingessato come quello NBA.

Gli addetti ai lavori l’hanno sempre considerato uno dei coach “più europei” della lega, riluttante all’idea dello small ball dilagante degli ultimi anni e al conseguente dilagare dal tiro da tre. Se sul parquet ha dispensato lezioni di basket per decenni, fuori se possibile ha fatto sentire la sua voce in modo ancora più netto: nel 2017 si schierò apertamente contro l’allora presidente Trump, ponendosi dalla parte di molte minoranze minacciate dalla politica conservatrice dei repubblicani.

Le mance che Gregg è solito lasciare al termine dei pasti

E non ha mai perso occasione per sostenere diversi enti ed operazioni di solidarietà, donando negli anni somme cospicue all’indirizzo dei più bisognosi. Tantissime sono poi le testimonianze di camerieri e ristoratori in lungo e in largo per l’America (e non solo) che raccontano di quanto siano elevate le mance che Gregg è solito lasciare al termine dei pasti (tra le altre cose è amante del vino ed esperto sommelier), a riprova di un’empatia con la gente che lo rendono unico e al tempo stesso inimitabile.

Così come indimenticabili sono stati alcuni suoi siparietti con il compianto Craig Sager, ex intervistatore di TNT, scomparso nel 2016 a causa di un male incurabile: ogni volta Popovich era solito mettere in difficoltà l’amico giornalista, magari rispondendo monosillabi o ponendogli a sua volta domande (il coach ha sempre ammesso di odiare le interviste durante i timeout), ma nel tempo quel modo di fare scherzoso divenne un momento imperdibile per tutti gli appassionati.

Un motivo in più per amare una figura che ha davvero portato l’NBA nel futuro, e che a quanto pare di lasciare che altri facciano il lavoro al posto suo non ne vuole ancora sapere.

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