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Megan Rapinoe si ritira dal calcio: sportiva, donna, icona. Cinque cose da sapere (non c'entra il palmares)

La grande calciatrice ha detto basta. Resta una delle sportive più impegnate sul piano civile e sociale. Origini italiane, protestò in ginocchio come Kaepernick e disse no a Donald Trump

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Auden Bavaro

Auden Bavaro

Giornalista

Lo sporco lavoro del coordinamento: qualcuno lo deve pur fare. Eppure, quando ha modo di pigiare le dita sulla tastiera, restituisce storie e racconti di sport che valgono il biglietto

Megan Rapinoe ha annunciato il ritiro dal calcio al termine del prossimo Mondiale femminile, la nona edizione della competizione in programma tra Australia e Nuova Zelanda dal 20 luglio al 20 agosto 2023.

Per l’americana, detentrice con la Nazionale Usa dell’oro conquistato nell’edizione francese del 2019, in palmares ci sono due vittorie mondiali (anche Canada 2015) e un secondo posto (Germania 2011): nessun palcoscenico potrebbe essere più indicato per archiviare un percorso tra i più irripetibili.

Oro olimpico nel 2012, 200 presenze in Nazionale (proprio oggi, 9 luglio, nell’amichevole contro il Galles) e 71 gol fatti, 50 graffi in 102 partite negli ultimi 10 anni con gli OL Reigns, il 2019 è stato il suo anno perfetto: Pallone d’Oro e Scarpa d’oro del mondiale con 6 reti, Best FIFA Women’s Player, Pallone d’oro femminile.

La brasiliana Marta, poi Megan

Solo Marta Vieira da Silva, semplicemente Marta, attaccante brasiliana tutta gol e fantasia, definita la regina del calcio mondiale e detentrice del record di reti – 17 – nella storia della Coppa del Mondo femminile, ha saputo fare meglio e incidere di più sul campo.

Poi, però, c’è il mondo fuori dal rettangolo di gioco. Ed è anche lì che Rapinoe ha timbrato, diventando una delle sportive più iconiche di sempre.

Una donna calciatrice capace di esporsi

È per il calcolo delle opportunità che gli sportivi stanno spesso lontano dalle tematiche socialmente più rilevanti. Come si sta lontano dai guai. Non prendono posizione. Non si schierano. Non intervengono nel dibattito.

Non gli si perdonerebbe niente: non è solo perché i leoni da tastiera sanno essere parassitari. Ci stanno attenti tutti: le Federazioni, le società, i tifosi. È solo per una scelta ponderata che non ci si espone: non è regola scritta, semmai tacita. Meglio limitarsi a fare nel miglior modo possibile quello che si fa. Al massimo, l’extra sport da copertina sfocia nel gossip. Che fa figo, che fa brand.

Ecco, Megan Rapinoe non è stata, non è questa roba qua.

Fonte: Getty Images

Megan Rapinoe nel corso dell’ultima conferenza di presentazione dell’amichevole tra Usa e Galles

La strenua difesa dei diritti di civiltà

Aver tracciato per sempre la via maestra all’intero movimento calcistico femminile con una carriera che l’ha consacrata a una delle calciatrici più forti della storia, non le ha impedito di essere presente quando l’attualità, la dignità e la strenua difesa dei diritti di civiltà ne reclamassero urgentemente la presenza.

Il talento e l’autorevolezza sportiva, semmai, le hanno fatto da scudo anche nei momenti di massima esposizione extra calcistica.

Rapinoe non ha mai avuto paura di metterci la faccia, spendersi in dichiarazioni pubbliche, essere parte attiva della società. Chi lo fa, chi lo ha fatto, prima e durante? Pochi, pochissimi. Si contano in fretta. Cominciamo col dirlo: Rapinoe, calciatrice statunitense di origini italiane (Lanciano e Ripacandida nella sua genealogia) è diventata una figura iconica. Oltre ogni statistica, al di là del palmares, lontano dall’erba dei campi.

Cinque cose da sapere di Megan Rapinoe

L’autobiografia, le origini italiane, la protesta in ginocchio durante l’inno contro le violenze e gli abusi delle forze di polizia Usa nei confronti degli afroamericani, il colpo di fulmine con Sue Bird, il no a Donald Trump (ma non al Congresso).

1. L’autobiografia “One Life”

Una vita: a intenderne una tra tante ma anche a sottendere il senso di un dono ricevuto e che non va sprecato. Rapinoe delinea il percorso – e racconta ciò che ha capito davvero nei primi 35 ani di vita (classe 1985, oggi ne ha 38: il libro è stato finito nel 2020 e pubblicato l’anno dopo) nel sottotitolo di “One Life”:

fate ciò che potete. Fate ciò che dovete. Fate un passo verso gli altri. Fate di più. Siate migliori. Siate più grandi di quanto lo siete stati finora.

240 pagine edite in Italia da Garzanti, ne dettagliano l’adolescenza, la formazione, l’avvicinamento al calcio, il senso comunitario che ha avuto la medesima importanza di quello professionale fino all’altrui investitura di paladina dei diritti lgbt, delle pari opportunità, della lotta alle ingiustizie sociali.

Mai un passo indietro, Rapinoe, quando occorreva farne uno in avanti. Nessun timore nel prendere parte. Nessun dubbio quando si è trattato di opporsi alle discriminazioni: nei suoi confronti e, a maggior ragione, nei confronti degli altri. Nessuna remora quando è occorso dare un segnale forte. Nessuna reverenza nei confronti della politica se, a suo insindacabile giudizio, la politica non ha meritato.

I convenevoli li ha lasciati ad altri. Anche quando è occorso andare contro un Capo di Stato. Anche quando è significato contestare l’operato delle forze di polizia.

Prendete in mano la vostra vita – dice lei – e fate sentire la vostra voce. Impegnatevi, con grandi azioni e piccoli gesti, a migliorare il mondo in cui viviamo.

2. Origini italiane, ultima di 5 fratelli

Nata a Redding il 5 luglio 1985, un sobborgo di campagna, ultima di 5 fratelli assieme alla gemella Rachel (anch’essa calciatrice), s’è costruita una carriera importante a livello di college per poi sbarcare nel mondo professionistico prima a Portland, poi a Chicago, decidendo di trasferirsi poi a Sydney per spiccare definitivamente il volo in Europa al Lione.

Nel decennio passato è diventata la vera ambasciatrice del calcio made in USA: le vittorie mondiali l’hanno consegnata alla storia, ma sono state soprattutto le sue uscite pubbliche a renderla unica e iconica agli occhi della gente.

3. In ginocchio durante l’inno, come Kaepernick

I detrattori però non sono mai venuti meno: nel 2016, quando s’inginocchiò per protesta durante l’esecuzione dell’inno americano prima di una gara della nazionale, l’opinione pubblica statunitense di stampo repubblicano fu durissima con lei, accusandola di voler oltraggiare la bandiera.

Era la maniera sua, la stessa di Colin Kaepernick (giocatore NFL che per primo prese posizione netta contro la violenza della polizia statunitense nei confronti degli afroamericani e contestò anche l’allora presidente USA, Donald Trump) di rinnegare i comportamenti delle autorità chiamate a rappresentare il suo stesso Paese.

4. Il colpo di fulmine con Sue Bird

Paladina dei diritti LGBT, sempre nel 2016 durante i Giochi Olimpici di Rio conobbe la giocatrice statunitense Sue Bird, altra icona del mondo dei diritti degli omosessuali: il colpo di fulmine fu immediato e due anni dopo la coppia si trasferì a Seattle (dove nel frattempo Rapinoe andò a giocare), dove ancora oggi convive.

La calciatrice fece coming out nel 2012, quando ammise di avere una relazione con la collega australiana Sarah Walsh. Successivamente ha avuto una storia con la cantante country Sera Cahoone, prima di conoscere la Bird.

La sua determinazione nel difendere i diritti delle minoranze l’ha portata a diventare un volto noto ben al di fuori del mondo del calcio: testimonial Nike, ambasciatrice di Athlete Ally (organizzazione che si batte contro l’omofobia nello sport), Rapinoe non s’è mai sottratta alle luci dei riflettori, benché ha ammesso di faticare a comprendere perché ci sia sempre così tanto clamore attorno alle sue uscite.

5. No a Trump, si al Congresso

Medaglia d’oro al collo dopo il Mondiale 2019, la nazionale femminile degli Usa – da prassi – sarebbe stata accolta alla Casa Bianca, in seguito all’invito del Presidente: invece, quella volta non accadde. Rapinoe prevenne e dichiarò pubblicamente in anticipo che, qualora quell’invito fosse arrivato, né lei né molte delle sue compagne di nazionale l’avrebbero accettato.

Quello di Trump è un messaggio di esclusione nei confronti delle persone come me. Sta escludendo le persone di colore, sta escludendo gli americani che forse lo sostengono

Non arrivò mai, sostituito dall’omaggio del Congresso che accolse la squadra presente al completo.

Megan Rapinoe, signore e signori. Prendere o lasciare. Era l’estate del 2019:

È tutto così strano, perché ho sempre pensato tutto quello di cui parlo, e sono sempre stata una calciatrice, ma nel tempo tutto si è amplificato. Tutti possiamo rendere il mondo un posto migliore. Questo è il momento e ne sono consapevole. Non sto solo vincendo tutti questi premi perché ho avuto un grande anno, ma è il culmine di tutto: viene da Colin Kaepernick , dal MeToo (movimento femminista contro le molestie sessuali e la violenza sulle donne, ndr) e da tutti questi altri movimenti. È un privilegio e un onore essere una specie di portavoce. È una grande responsabilità e sento di dover invitare anche altre persone che potrebbero benissimo essere al mio posto.

Roberto Barbacci
Auden Bavaro

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