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Basket NBA, LeBron porta JJ Redick sulla panchina dei Lakers. Come se Adani finisse ad allenare... la Juventus

I Lakers hanno affidato la panchina a JJ Redick, ex giocatore che dopo il ritiro ha fatto solo l'opinionista in TV. Galeotto un podcast con Lebron

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Alla fine è successo davvero: JJ Redick è pronto a svestire i panni dell’opinionista TV per sedersi sulla panchina più scomoda dell’intera NBA, perché checché se ne dica quella dei Los Angeles Lakers è certamente una sedia che scotta, al netto del peso di una storia che parla per titoli (17, uno in meno dei Boston Celtics, tornati solitari in vetta alla classifica delle franchigie NBA più vincenti di sempre). Quanto si andava vociferando da giorni è diventato ufficiale: 4 anni di contratto e la “benedizione” di LeBron James, ovvero la pedina che più di ogni altra l’ha voluto su quella panchina. E che così facendo ha fatto capire di non avere affatto intenzione di muoversi dalla California a stretto giro di posta.

Redick dalla TV alla panchina. Come se Adani…

La notizia ha avuto una vasta eco in America, anche perché la situazione che s’è presentata agli occhi degli analisti è stata piuttosto atipica. Provando a tracciare un parallelo con una realtà sportiva italiana, è un po’ come se Lele Adani venisse chiamato ad allenare… la Juventus: il paragone con i Lakers è calzante, essendo la squadra più seguita della lega (come la Juve della Serie A) e anche quella più glamour e tradizionalmente ambita da ogni giocatore o allenatore.

Adani, come Redick, è un opinionista tv considerato tra i migliori della sua generazione (anche se non mancano i detrattori), peraltro dal vissuto importante da calciatore tanto quanto lo ha avuto il cestista americano, che ha chiuso la carriera nel 2021 dopo 15 stagioni NBA (12.028 punti segnati più 1.196 nei play-off). Certo, Adani non ha uno “sponsor” alla Juve o in qualsiasi altra squadra come ce l’ha Redick a LA: con Lebron l’ex giocatore di Sixers e Mavs ha condiviso negli ultimi tempi un podcast molto apprezzato e di in quel contesto s’è cementata un’amicizia e una stima reciproca che ha finito per dar vita a un qualcosa di inusuale e difficilmente preventivabile, anche se il mondo Lakers è sempre prodigo di sorprese.

Il “diversivo” Hurley, giusto per prendere tempo

Redick è stata la prima scelta da subito. Anche se la proprietà (la famiglia Buss) ha dovuto trovare “un diversivo” durante le Finals, in quanto il futuro allenatore stava commentando proprio la serie tra Boston e Dallas (prendendo appunti…). Nasce da qui la voce dell’interesse mostrato per Dan Hurley, tecnico di UConn, ateneo tra i più importanti a livello di college basketball (ha vinto le ultime due final four NCAA), che pure ha subito rispedito al mittente qualsiasi proposta (che peraltro sembra non essere arrivata: era soltanto una “sceneggiata” per prendere tempo), incassando però un bel rinnovo a cifre maggiorate con la sua università.

LeBron, che a scanso di equivoci ai Lakers fa il giocatore, il “vice” allenatore, il general manager e il procacciatore d’affari (la frase è ironica, ma neanche troppo), ha avuto occhi solo per JJ e l’ha avuta vinta.

Dopo Redick, LeBron vuole portare Bronny a LA

Chissà se nella mente del Prescelto, che a dicembre compirà 40 anni (ma viaggia a percentuali ben superiori al 99% del resto della lega), ci sia anche un’altra strada da percorrere. Perché se Redick è farina del suo sacco (e lo è), allora viene difficile pensare che alla posizione 55 del prossimo Draft i Lakers non decidano di portare il 20enne Bronny, cioè il figlio primogenito di casa James, che un anno fa ha visto presentarsi ai suoi occhi lo spettro del ritiro dall’attività dopo un malore accusato in allenamento (cosa che l’ha fatto scivolare ai margini del mock draft) ma che oggi sta bene e sogna di diventare il primo figlio a far coppia con il padre nella stessa squadra NBA.

Redick mai si potrebbe opporre a una simile chiamata, ben sapendo che la trovata sarebbe più mediatica che tecnica. Ma se su quella panchina c’è finito passando direttamente dalla scrivania, certo lo deve all’amico James. Che peraltro entro il 29 giugno potrebbe uscire dal contratto e diventare free agent. Non lo farà, perché ci sono almeno due motivi per non farlo: uno si chiama JJ Redick, l’altro Bronny. E i Lakers non perderebbero il loro leader, anche se pensare di poter vincere con questa squadra (che di limiti ne ha) rimarrà pura utopia.

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