Il nome vero sarebbe Alessandro Faioli Amantino ma anche il soprannome originale è un altro: quello che in Italia abbiamo conosciuto come Mancini in realtà nasce come Mansinho, ovvero Mansueto, appellativo che Toninho Cerezo cambiò in Mancini in onore di Roberto, l’attuale ct dell’Italia. Esterno sinistro dal dribbling letale (chiedere informazioni al Lione dopo quel balletto sul pallone con doppi passi in serie, in Champions con la Roma, che ancora fa il giro del mondo su youtube), Mancini ha lontane origini italiane per via di una bisnonna veneta. Ha iniziato giocando come terzino nell’Atletico Mineiro. In carriera poi è stato addirittura impiegato come esterno d’attacco ed è con la maglia giallorossa che ha fatto vedere le cose migliori. Nella stagione 2003/04 mise anche a segno un gol di tacco indimenticabile nel derby contro la Lazio. Una marcatura che, per fattura, gli valse il soprannome de “Il tacco di Dio”. L’Inter lo acquista nel 2008 per 13 milioni di euro più bonus legati alle presenze: contratto di quattro anni a 3,5 milioni a stagione ma l’avventura del brasiliano in nerazzurro fu ricca di alti e bassi.
IL RAPPORTO CON MOU – Mourinho lo prova all’inizio poi cambia modulo e per lui si aprono le porte di panchina e tribuna. Il giocatore non si arrende e decide di giocarsi le sue carte anche l’anno dopo ma ma a metà stagione, poco impiegato dallo special One, viene ceduto in prestito al Milan durante la sessione invernale di mercato. A Tuttosport rivela: «Forse potevo dare un po’ di più ma il modo di giocare di Mourinho mi ha condizionato. Era partito con le tre punte, poi è passato al rombo e questo mi ha penalizzato. Ora comunque è il passato. Josè è bravo, ora però il mio mister è Leonardo, uno che di calcio ne capisce. Quando stavo per andare via, Josè mi ha chiamato e mi ha detto di non andare via. Io poi ho scelto il Milan ed è andata bene così. Lui ha detto che puntava su di me ma io non ho mai giocato. Ho buttato via gli ultimi sei mesi in nerazzurro. Il passaggio dall’Inter al Milan è diverso dal passare da Roma e Lazio. Io con i tifosi dell’Inter non ho mai avuto problemi, ho sempre dato tutto quando sono sceso in campo. Negli ultimi mesi avevo capito che la mia storia con l’Inter era finita. Non trovavo più spazio, a volte non venivo neanche convocato e quindi avevo capito che dovevo respirare aria nuova, più fresca, più pulita.Io sovrappeso? E’ normale quando non giochi ma in una settimana brucio tutto». Anche sull’altra sponda milanese, però, non sfonda. Voleva rimanere quattro anni, invece i rossoneri non lo riscattano.
IL DECLINO – Torna in nerazzurro ma dopo aver disputato solo due partite ufficiali nel 2011 a gennaio viene ceduto a titolo definitivo all’Atletico Mineiro. Inizia il declino, anche per ragioni extracalcistiche (Il 28 novembre è stato condannato con a 2 anni e 8 mesi di reclusione per violenza sessuale nei confronti di una giovane brasiliana, conosciuta durante una festa di Ronaldinho), passa al Bahia, poi alla fine del 2012 torna all’Atlético Mineiro ma non viene mai impiegato e rescinde il contratto che lo legava alla squadra di Belo Horizonte. Nel novembre del 2013 viene ingaggiato per la stagione successiva dal Villa Nova, squadra di serie D. Smette col calcio giocato e nel 2017 segue il corso speciale per allenatori che abilita all’allenamento di tutte le formazioni giovanili, alle prime squadre fino alla serie C e alla posizione di allenatore in seconda in B e in A, conseguendo la licenza. Dallo scorso novembre segue il corso da allenatore di prima categoria UEFA.