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De Zerbi: "Sfida dura in Ucraina,vi spiego i miei 'figli' al Sassuolo"

Il tecnico dello Shakhtar ha rilasciato una lunga intervista al 'Corriere dello Sport' tra presente, passato al Sassuolo e idee per il futuro.

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De Zerbi: "Sfida dura in Ucraina,vi spiego i miei 'figli' al Sassuolo" Fonte: Getty

Maestro, cultore del bel calcio, ma anche difensore del calcio del popolo che – secondo qualcuno – mostra incoerenza andando a prendete un ricco stipendio in Ucraina. La figura di Roberto De Zerbi è ormai diventata cult nel panorama calcistico: italiano e non, nel bene e nel male.

L’ex allenatore del Sassuolo, nella sua Brescia per qualche giorno sfruttando la pausa per le Nazionali, ha rilasciato una lunga intervista a ‘Il Corriere dello Sport’. Non poteva mancare un riferimento alla sua scelta di accettare la corte dello Shakhtar Donetsk, lasciando così la panchina neroverde.

“Avevo bisogno di questa esperienza. Quella di Sassuolo si era esaurita naturalmente, sapevo che non avrei potuto dare di più. Volevo misurarmi con realtà nuove, con uno spogliatoio multilingue, con la Champions, le 8 partite da preparare e giocare in venticinque giorni. Avevo la necessità e il desiderio di affrontare difficoltà maggiori. Non è stato semplice lasciare Sassuolo, persone alle quali sono molto legato, io mi affeziono alla gente, più che ai luoghi. Le difficoltà le sto effettivamente incontrando, ci sono momenti in cui faccio fatica e mi domando chi me l’abbia fatto fare. Però, quando mi fermo a riflettere, concludo che era quello che cercavo”.

Tornando invece alla sua esperienza al Sassuolo, sono molti i ragazzi che ha lanciato o rilanciato. L’ultimo in ordine cronologico è stato Giacomo Raspadori, convocato agli Europei nonostante le poche presenze in Serie A.

“Mi ha colpito e mi ha entusiasmato il fatto che Raspadori sia riuscito a convincere i più diffidenti, i tanti che quando pensano a un centravanti lo immaginano sopra l’1 e 85 e gli 80 chili. Ricordo che anche le prime convocazioni nelle giovanili furono accompagnate da dubbi sulla sua struttura fisica. Giacomo è molto bravo e ha forza, la stessa gamba di Cassano. Con la tecnica, l’impegno e la professionalità ha fatto cambiare idea a molti. Oltretutto è un ragazzo stupendo”.

Un’ altra ‘creatura’ di De Zerbi è certamente Domenico Berardi, che sotto la guida del tecnico bresciano è tornato ad esprimersi sui livelli di inizio carriera e come non faceva da tempo.

“La personalità, come si è imposto in Nazionale. Ragazzo d’oro, Domenico. Un introverso, silenzioso, chiuso, avrebbe potuto fare una carriera diversa, per le qualità che possiede, se soltanto l’avesse voluto. A Roma durante gli Europei ha fatto benissimo e nella finale di Wembley è entrato dopo poco meno di un’ora, è andato per primo sul dischetto e ha dimostrato di avere il carattere del protagonista, quello che chiedo sempre ai miei. Mi batto per far capire che non è importante andare in Nazionale, importante è farlo da protagonisti”.

Se la crescita di Berardi è stata – a detta di De Zerbi – sorprendente, il tecnico non aveva dubbi sull’impatto positivo tra Manuel Locatelli e la Juventus.

“Locatelli ha una sensibilità non comune e una sana consapevolezza di sé. E sottolineo sana. Non si tratta di presunzione, possiede quel pizzico di narcisismo che serve, si sente il più forte di tutti e sa gestire bene questo aspetto. È di una maturità fuori dal comune. Il suo ingresso nella Juve è stato fin troppo naturale. Loca è malato di calcio, farlo star fuori il martedì alla ripresa degli allenamenti era impossibile. Voleva sempre lavorare. Quando dico che la differenza la fa la passione, lo porto a esempio. In Europa pochissimi giocano a un tocco come lui, prima di ricevere la palla sa già dove e a chi indirizzarla. E poi in tre anni non gli ho mai visto perdere un contrasto. Quando lo chiamai per convincerlo a venire a Sassuolo fissammo insieme l’Europeo come obiettivo. L’ha voluto e ottenuto”.

Una considerazione, infine, su come si evolverà il calcio nei prossimi anni.

“Cambierà il calciatore, non il calcio. Sono le caratteristiche dei giocatori che fanno e faranno sempre più la differenza. Il motore, la cilindrata, la tenuta. Giocando contro Genk e Monaco ho trovato gente con accelerazioni da 40 metri in campo aperto. Lo strappo in Italia ce l’hanno Berardi, Castrovilli, Djuricic, Boga, Felipe Anderson, Mkhitaryan. Ce l’ha Zaniolo. Tu puoi anche essere organizzatissimo, ma quello che parte e prende 5 metri al difendente scombussola tutti i piani”.

Un allenatore dunque con le idee chiare, sia per il presente che per il futuro. Starà a lui metterle sul campo e provare ad affermarsi come uno dei guru della panchina.

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