La temuta stangata è arrivata: Simona Halep, ex numero 1 del mondo, è stata squalificata per 4 anni per due distinte violazioni delle norme antidoping. La decisione dell’International Tennis Integrity Agency arriva a distanza di 11 mesi dalla sospensione che era stata adottata nei confronti della tennista rumena dopo che un controllo effettuato nel corso degli US Open 2022 aveva riscontrato la presenza di tracce di Roxadustat, un farmaco prevalentemente utilizzato nella cura dell’anemia, ma ritenuto illecito a livello sportivo (salvo diversa prescrizione medica).
Gli effetti dopanti del Roxadustat
Questa sostanza è responsabile infatti dell’aumento della produzione dell’eritropoietina (EPO) ed è in grado di stimolare quella dell’emoglobina. Nello specifico, il Roxadustat è responsabile dell’attivazione dei fattori inducibili da ipossia, e sebbene nel suo sangue ne fosse stato trovata una percentuale bassissima, l’agenzia internazionale del doping aveva ritenuto necessaria l’adozione del provvedimento di sospensione, oggi tramutato in 4 anni di stop a partire dall’ottobre 2022.
La difesa (inascoltata)
Già all’epoca della contestazione dei fatti la Halep aveva parlato dello shock più grande della sua vita, ritenendo del tutto infondata la tesi che avrebbe volutamente assunto una sostanza vietata. In realtà un paio di mesi dopo la notizia dell’avvenuta positività la tennista rumena si rivolse all’agenzia francese di tossicologia e farmacologia, arrivando a dimostrare la tesi secondo la quale le tracce del farmaco incriminato erano state rinvenute in un integratore che conteneva “fonti accidentali che superano i criteri di purezza delle sostanze elencate sull’etichetta”.
A ciò aggiunse, poi, che la possibile presenza di una sostanza proibita non fosse individuabile nemmeno con una ragionevole ricerca su internet (per esempio, sulle fonti indicate dal sito WADA). Quest’ultimo passaggio all’epoca (dicembre 2022) venne ritenuto molto rilevante, perché tale da azzerare il grado di colpevolezza della giocatrice. Per sfuggire alle sanzioni, infatti, le norme antidoping stabiliscono che l’atleta deve aver fatto tutto il possibile per evitare di cadere in una positività.
Una seconda irregolarità
Due slam vinti in carriera (Roland Garros 2018 e Wimbledon 2019), 24 titoli totali nel circuito WTA, oggi sembrano un lontanissimo ricordo: la Halep proverà immediatamente a ricorrere in appello contro la decisione della ITIA, ma è chiaro che per lei si prospettano tempi lunghi e complessi prima di poter sperare di tornare in attività, pensando poi che qualora la squalifica venisse confermata per intero potrà farlo soltanto a partire dal 6 ottobre 2026.
La Halep ha inoltre ribadito di aver assunto esperti indipendenti per analizzare gli integratori che stava assumendo all’epoca in cui gli è stata riscontrata la positività (il suo team è convinto che uno di questi sia la fonte della sostanza vietata). A maggio, però, è arrivata la notizia che la tennista rumena sarebbe incappata in una seconda irregolarità legata al passaporto biologico, tanto da far aumentare i sospetti che non potesse essere stato soltanto un integratore contaminato ad aver indotto l’agenzia internazionale a comminare la sanzione. La battaglia è ancora lunga, ma di sicuro al momento per la ex numero uno del mondo il futuro appare decisamente oscuro e nebuloso.